Intervento del Patriarca alla Tavola rotonda in occasione della XXII Giornata Europea della Cultura Ebraica (Venezia - Teatro Goldoni, 10 ottobre 2021)
10-10-2021

“EBREI E CRISTIANI: COMUNITÀ IN DIALOGO. LA VOCE DEL PATRIARCA”

Tavola rotonda in occasione della XXII Giornata Europea della Cultura Ebraica

(Venezia – Teatro Goldoni, 10 ottobre 2021)

Intervento del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Gentili Signori e Signore,

mi servo delle parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pronunciate lo scorso 25 marzo, in occasione dei 1600 anni di Venezia: ”La città è stata da sempre ponte tra Oriente e Occidente, luogo di incontro privilegiato tra civiltà, culture, popoli, religioni, Venezia rimane – e certamente rimarrà – simbolo di dialogo, di incontro, di conoscenza. Capace di trovare nella universalità e nell’apertura, nella cultura e nell’intraprendenza, la sua vocazione e il suo radicamento”.

Concordiamo con queste parole e sentiamo che Venezia, oggi più che mai, deve essere fedele alla sua vocazione di città dell’incontro e di fecondi scambi culturali grazie alla presenza di molte comunità religiose. Ognuno è chiamato a fare la sua parte con intelligenza, creatività e coraggio.

I greci usavano – e qui ci può essere utile – la parola areté con cui indicavano la virtù, ossia la capacità di assolvere bene il proprio compito.

Le discriminazioni – e qui alludo al Ghetto – hanno mostrato come una minoranza significativa, consapevole moralmente e culturalmente attrezzata sia stata capace, a prezzo di sofferenze e sacrifici, di sconfiggere la segregazione, facendo sì che il Ghetto fosse una resistenza attiva e capace di sconfiggere l’isolamento e la disuguaglianza.

La storia del Ghetto di Venezia, come quella della diaspora, racconta come il popolo ebraico ha sempre saputo reagire attingendo alla sua millenaria tradizione e forza spirituale e – nonostante le tante, troppe, ostilità – abbia saputo crescere, progredire e affermarsi.

È bello che ebrei e cristiani s’incontrino, si conoscano di più e dialoghino. Nel dialogo ebraico-cristiano una data rimane emblematica: il 13 giugno 1960, giorno dell’incontro fra Jules Isaac e Papa Giovanni XXIII (già Patriarca di Venezia dal 1953 al 1958).

Da quell’incontro – durante il quale Isaac consegnò un dossier al Papa che, a sua volta, lo fece avere al Cardinale Bea, artefice principale della dichiarazione del Concilio Ecumenico Vaticano II “Nostra Aetate” (1965) – si sviluppò un cammino di conoscenza e, anche, di amicizia sempre più pronunciato e che ha visto compiere passi significativi, di reciproco e più cordiale riconoscimento, da entrambe le parti.

Il Concilio Vaticano II ha indicato la via per promuovere nuove relazioni e anche un dialogo fraterno fra ebrei e cristiani. Ma ci sta ancora dinanzi un lungo cammino. Da allora, molti sono stati i documenti stesi per favorire il dialogo ebraico-cristiano, molti i gesti e gli incontri.

Dopo “Nostra Aetate” possiamo ricordare i discorsi alla Sinagoga di Roma di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Francesco che mettono in luce la specificità del dialogo ebraico-cristiano. Si è cercato di evidenziare la comune radice. E così anche il documento “Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana” che esplicita il valore delle Scritture ebraiche per la catechesi e la riflessione teologica.

Da parte ebraica ricordo due documenti: “Dabru ’emet (anno 2000) e il più recente “Between Jerusalem and Rome” (anno 2017) in cui si mette a tema e si ricerca un dialogo mai scontato e così, da parte ebraica, l’antico giudizio che considera il cristianesimo come ‘Avodah zarah – cioè “un culto straniero illecito, ampiamente connotato da idolatria” – sembra superato, almeno da una parte dell’ebraismo.

Prima della pandemia, annualmente, si tenevano convegni internazionali tra delegati ebrei designati dai cinque organismi fondatori dell’International Jewish Committee on Interreligious Consultations (IJCIC) e delegati cattolici nominati dalla Santa Sede.

Dal 2002 hanno avuto inizio i contatti tra la Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo e il Gran Rabbinato d’Israele: le due delegazioni si incontrarono a Gerusalemme e da allora si sono tenuti regolari incontri annuali.

Al di là dei documenti ufficiali – che, certo, meritano d’essere più conosciuti – è stata epocale la visita che Giovanni Paolo II fece alla Sinagoga di Roma nel 1986, dove fu accolto da Rav Elio Toaff, e poi il viaggio in Israele nel 2000.

Grande emozione suscitò la sua preghiera al Kotel, dove depose un foglietto con scritto: «Dio dei nostri padri, Tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoTi perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza. Per Cristo nostro Signore. Amen».

Anche Benedetto XVI e Francesco hanno proseguito le visite al Tempio Maggiore di Roma e i pellegrinaggi in Israele sono diventate una bella e non scontata tradizione.

In Italia continuano le loro attività le Amicizie Ebraico-Cristiane (presenti a Firenze, Ancona, Roma, Napoli, Torino, Livorno, Romagna e Alto Garda).

Oggi l’impressione è che lo slancio del dialogo iniziale sia da rilanciare. Si rimane profondamente indignati dai ripetuti gesti di antisemitismo e dispiaciuti nel constatare che, per alcuni cristiani ed ebrei, il dialogo riveste un ruolo ancora troppo marginale.

Ricordare alcuni “momenti significativi” vuol dire esplorare figure, momenti e dimensioni del grande rinnovamento che, per parte cattolica, ha fatto seguito soprattutto al Concilio Vaticano II.

Sarebbe bello se, dopo questo dialogo, Venezia offrisse ulteriori momenti d’incontro tra la Comunità Ebraica e quella Cattolica per conoscerci meglio e così, anche, riaffermare ancora una volta il ruolo di Venezia, città-ponte nel dialogo tra le genti.

È una sfida culturale in cui solo la conoscenza reciproca potrà sconfiggere ogni incomprensione e discriminazione; solo nel discernimento condiviso si supereranno i muri che si frappongono. Riscopriamo le comuni radici e accettiamo le diversità.

È una sfida culturale, e la cultura è lo spazio dove uomini, donne e comunità si incontrano nella specificità “umana”, ossia il loro essere, appunto, uomini, donne e comunità che senza pregiudizi e preclusioni s’interpellano su tutto ciò che li riguarda in quanto appartenenti alla famiglia umana.

Venezia – come ha ricordato il Presidente Mattarella – è stata sempre città dell’incontro; costruiamo, allora, ulteriori occasioni d’incontro ed ancora altri percorsi di reciproca conoscenza.

Come aveva rilevato Papa Francesco in occasione della già citata visita alla Sinagoga di Roma (17 gennaio 2016), riconosciamo con gratitudine i passi compiuti sinora “perché tra noi sono cresciute e si sono approfondite la comprensione reciproca, la mutua fiducia e l’amicizia. Preghiamo insieme il Signore, affinché conduca il nostro cammino verso un futuro buono, migliore (…). Che il Signore ci benedica e ci protegga. Faccia splendere il suo volto su di noi e ci doni la sua grazia. Rivolga su di noi il suo volto e ci conceda la pace. Shalom alechem!”.

E, proprio in quella circostanza, nel suo significativo intervento, il Rabbino Capo Riccardo Di Segni aveva citato la preghiera con cui l’ebreo chiude la sua giornata; è l’invocazione della ‘amidà che – secondo il rito italiano –dice: “… che ci siano aperte le porte della Torà, della sapienza, dell’intelligenza e della conoscenza, le porte del nutrimento e del sostentamento, le porte della vita, della grazia, dell’amore e della misericordia e del gradimento davanti a Te”.

Alla luce di queste parole auguro a tutti la vera pace del cuore e della mente: “Shalom alechem!”.

 

 

 

Note bibliografiche:

A conclusione del primo documento del 1974 la Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo scrive: “Il problema dei rapporti tra ebrei e cristiani riguarda la chiesa come tale, poiché‚ è “scrutando il suo proprio mistero” che essa è posta di fronte al mistero di Israele. In questo campo, nel quadro della disciplina generale della Chiesa e dell’insegnamento comunemente professato per mezzo del suo magistero, i vescovi sapranno prendere le opportune iniziative pastorali. Essi istituiranno, ad esempio, a livello nazionale o regionale delle commissioni o segretariati appositi, o nomineranno persone competenti con l’incarico di promuovere l’attuazione delle direttive conciliari e dei suggerimenti qui esposti. A livello della Chiesa universale il Santo Padre ha istituito, in data 22 ottobre 1974, questa Commissione per le relazioni religiose con l’ebraismo, collegata al Segretariato per l’Unità dei cristiani. Creata allo scopo di promuovere e stimolare i rapporti religiosi tra ebrei e cattolici, con l’eventuale collaborazione di altri cristiani, questa commissione speciale, nei limiti delle sue competenze, è a disposizione di tutti gli organismi interessati per informarli ed aiutarli a realizzare i loro compiti, in conformità alle direttive della Santa Sede. La commissione auspica di sviluppare tale collaborazione per una realizzazione efficace e giusta degli orientamenti del Concilio.”

Da parte cattolica i più importanti sono i seguenti:

  • Della Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo, Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione della Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate (n. 4) (1974);
  • Della Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo, Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei ed ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica (1985);
  • Della Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993);
  • Della Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo, Noi ricordiamo. Una riflessione sulla Shoah (1998);
  • Della Commissione Teologica Internazionale, Memoria e riconciliazione. La Chiesa e le colpe del passato (2000);
  • Della Pontificia Commissione Biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001);
  • Del Gruppo di studio cristiano sulle relazioni ebraico-cristiane, Un obbligo sacro. Ripensare la fede cristiana in relazione al Giudaismo e al popolo ebraico (2002);
  • Della Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’Ebraismo, Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (2015).

Da parte ebraica vanno ricordati:

  • Dabrù Emet (Zc 8,16). Una presa di posizione ebraica su cristiani e cristianesimo (2000), documento firmato da Rabbini di diverse denominazioni;
  • Fare la volontà del Padre nostro nei cieli (2015), documento firmato da 28 importanti Rabbini ortodossi;
  • Tra Gerusalemme e Roma. Riflessioni a 50 anni da Nostra Aetate, sottoscritto dalla Conferenza dei Rabbini d’Europa (CER), dal Consiglio Rabbinico d’America (RCA) e dal Rabbinato d’Israele (2017).

Anche da parte delle Chiese della Riforma abbiamo numerosi documenti, tra i quali:

Vi sono state anche alcune Dichiarazioni delle Chiese ortodosse. Tra le quali è bene segnalare quelle scritte sa sua Santità Bartolomeo I, patriarca metropolita ecumenico: Greetings of Ecumenical Patriarch Bartholomew to the Third Academic Meeting between Orthodoxy and Judaism (1993), Religion and Peace in Light of Abraham (2004), The Necessity and Goals of Interreligious Dialogue (2007), Address to the Jewish Community of Park East Synagogue, New York (2009).