Intervento del Patriarca alla serata d'onore per il giubileo episcopale di mons. Eugenio Ravignani (Trieste, 23 aprile 2008)
23-04-2008

Serata d’onore in occasione

 

del Giubileo Episcopale  di S.E. Mons. Eugenio Ravignani

 

1983 ‘ 2008

 

Trieste, 23 aprile 2008

 

Teatro Lirico ‘Giuseppe Verdi’, ore 18.00

 

 

 

Intervento di S.E. Cardinale Angelo Scola

 

Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneta

 

 

«Donec dies elucescat» (1Pt 1, 19): «fino a quando non spunti luminoso il giorno». Queste parole dell’Apostolo Pietro sono state scelte, venticinque anni or sono, da S.E. Mons. Eugenio Ravignani quale motto ispiratore del suo servizio episcopale. Ed è noto che nella scelta del proprio motto episcopale ogni Vescovo vuol offrire un’estrema sintesi della sua fisionomia di cristiano e di sacerdote.

«Donec dies elucescat»: sono parole assunte da uno ben consapevole che l’uomo è sempre homo viator, è sempre un pellegrino. Un pellegrino, ma non un viandante solitario. Incontrando i giornalisti nel febbraio 1999 per parlare del tema Il senso della storia nel raccontare la vita, il Vescovo Eugenio descriveva in termini efficaci la compagnia che Dio offre all’uomo per il suo cammino: «Non è più l’uomo il solo protagonista di ciò che è accaduto… A concorrere con lui c’è Dio. Per cui la storia appare come un permanente incontrarsi del disegno di Dio e dei progetti dell’uomo’ la storia umana è scritta a due mani, quella dell’uomo e quella di Dio».

Ci sono delle verità che il Signore, nella Sua provvidenza, ha voluto quasi scolpire nella nostra vita. Sono verità e convinzioni che segnano nel profondo la biografia di una persona. Quella di essere permanentemente in cammino è per don Eugenio una di queste verità dal momento che di essa egli comincia ad avere coscienza avvertita fin dall’adolescenza nella dolorosa esperienza dell’esilio che non cessa, ancor oggi, di marcare in modo significativo la sua persona e la sua azione.

Nato a Pola il 30 dicembre 1932, a quattordici anni deve abbandonare la città natìa per stabilirsi a Trieste.

I numerosi interventi e le preghiere di don Eugenio soprattutto a partire dall’istituzione della Giornata del ricordo (2004) documentano l’intensa e discreta partecipazione con cui il Vescovo Eugenio opera per la riconciliazione dopo la tragedia legata alla fine della guerra nelle sue amate terre. Egli fa proprio il richiamo del Servo di Dio Giovanni Paolo II a purificare la memoria. Questa è la categoria sintetica con cui legge l’esodo e la tragedia delle genti giuliane, fiumane e dalmate. In un suo intervento a Udine il 7 febbraio 2007, don Eugenio racconta dell’abnegazione e anche del martirio di non pochi sacerdoti. Rammenta l’azione indefessa dei Vescovi Santin, Camozzo e Bommarco, ma soprattutto si pone la domanda sul come e perché ricordare. Egli afferma: «Anzitutto non spegnendo in noi la sete della verità. Non la si onora abbandonando l’impegno della ricerca onesta e rigorosa perché ciò appare indubbiamente difficile o perché si teme possa riaprire ferite non ancora rimarginate. Tacerla da parte di chiunque per opportunismi politici è offenderla. E senza verità non potrà mai esserci giustizia’ A noi resta il dovere di onorare la memoria di chi ha molto sofferto nell’abbandono delle proprie case’ Ma ancor più dobbiamo onorare la memoria di chi è stato brutalmente ucciso e manifestare profondo rispetto per il dolore dei suoi familiari, alcuni dei quali vivono ancor oggi… Occorrerà perciò purificare la memoria ‘ come insegnava Giovanni Paolo II ‘ rimuovendo dal cuore ogni residuo di amaro rancore, ogni tentazione di inaccettabile violenta rivalsa; occorrerà abbattere ogni pregiudizio che, ritenendolo impossibile, si opponga ad un dialogo tra popoli vicini ‘ ora non più separati da confini in una nuova Europa ‘ che possa dar vita ad una cultura aperta alla speranza di un domani da vivere nella giustizia e nella pace». Da queste parole emerge bene la coscienza della dimensione pubblica della vita cristiana ed il forte ed equilibrato senso civico dell’azione pastorale di S.E. Ravignani, di cui tutti Voi avete esperienza diretta.

Don Eugenio conosce il peso di questi eventi e la compagnia di sacerdoti e Vescovi nell’insorgere della sua vocazione sacerdotale e nella decisione di intraprendere gli studi teologici nel Seminario vescovile di Trieste. Fu lo stesso Mons. Antonio Santin ad ordinarlo presbitero a 22 anni, il 3 luglio 1955. Così ricorda quel giorno il Vescovo Eugenio: «Troppo grande mi pareva il dono che il Signore mi stava per fare. E se la sua grazia sarebbe stata forza che avrebbe sostenuto la mia debolezza, tuttavia non mancava la trepidazione per una responsabilità che sarebbe caduta su di me. La gioia, che pur provavo intensa, non riusciva ancora a dissipare del tutto qualche preoccupazione e qualche timore. Poi mi abbandonai al Signore. E il cuore ritrovò pace» (Omelia nel 50° dell’ordinazione sacerdotale, Cattedrale di San Giusto, 26 giugno 2005).

Don Eugenio consegue il Dottorato in Sacra Teologia, con una tesi dal titolo La creazione nell’Adversus Hermogenem di Tertulliano. L’esame della confutazione delle tesi di Ermogene sulla materia eterna ad opera di Tertulliano conduce il nostro autore ad una affermazione decisiva ed attuale che segna tutta la sua concezione della vita e dell’azione ecclesiale: «Il bello esercita una attrazione morale» (E. Ravignani, La creazione nell’Adversus Hermogenem di Tertulliano, Roma 1963, 59).

L’attenzione agli studi teologici è stata una costante di tutto il ministero episcopale di S.E. Ravignani. Mi piace, in questo senso, fare menzione del suo impegno e del suo decisivo contributo nell’erezione della Facoltà Teologica del Triveneto: senza il paziente lavoro di collegamento tra tutti gli Istituti Affiliati e gli Istituti Superiori di Scienze Religiose del Nordest, che don Eugenio sta assicurando da anni, non sarebbe stato possibile pensare alla creazione di una Facoltà a rete.

Dopo il dottorato don Eugenio svolge il suo ministero pastorale a Trieste assumendo diversi incarichi.

Non potendo percorrere analiticamente le tappe di tale multiforme azione, trovo giusto menzionare in questa sede il lavoro svolto in ambito ecumenico: don Eugenio è stato protagonista dell’avvio del dialogo ecumenico con le Chiese ortodosse, le confessioni protestanti e la comunità ebraica. Egli stesso ricorda come «nell’ottobre 1968′ incontrai il Patriarca ecumenico Atenagora. Mi affascinò la sua persona che rivelava il carisma del suo alto ufficio mentre lo rivestiva di autorevolezza nella semplicità. E non dimentico la sua passione per l’unità delle nostre Chiese» (Saluto a S.S. Bartolomeo I, Patriarca di Constantinopoli, 3 marzo 2008).

Gli viene affidato poi l’incarico di Rettore del Seminario Diocesano, che egli ricoprirà dal 1968 al 1983. In un ritiro ai sacerdoti di Trieste il Vescovo Eugenio, forte dell’esperienza vissuta in Seminario, invita a «ritrovare il coraggio di fare la proposta di una vita consacrata al ministero sacerdotale ai nostri giovani (‘) Convinti però che solo in un contesto come quello di una gioia che traspare da noi la proposta può essere credibile e che solo nella certezza della nostra fede in Lui che chiama la nostra proposta potrà non essere disattesa» (Ritiro al presbiterio diocesano, 6 ottobre 2005).

L’itinerario pastorale di don Eugenio è ricco e variegato. All’impegno nella formazione sacerdotale e nel dialogo ecumenico, si aggiunge dal 1978 per un intero triennio la direzione del settimanale diocesano Vita nuova.

Il 7 marzo 1983 è nominato Vescovo di Vittorio Veneto e S.E. Mons. Bellomi lo consacra a Trieste nella Cattedrale di San Giusto il 24 aprile 1983. Diceva don Eugenio nel ventesimo anniversario dell’ordinazione episcopale: «Non ho dimenticato quanto dissi allora. Alla Chiesa di Vittorio Veneto a cui il Santo Padre mi inviava, dissi che vi sarei giunto con trepidazione e timore, ma non avrei avuto mai altro nome sulle labbra se non Gesù Cristo e questi crocifisso ed avrei riservato amore di predilezione a chi avesse il cuore nel dolore» (Omelia nel XX anniversario dell’ordinazione episcopale, 24 aprile 2003).

Dopo quattordici anni di fecondo ministero, il Vescovo Eugenio ritorna a casa ‘ il 2 febbraio 1997 fa il suo ingresso in questa decisiva Chiesa triestina – e riceve l’eredità dei suoi venerati e cari predecessori, descritta da lui stesso con queste parole: «La fortezza pastorale dell’Arcivescovo Antonio e la passione per l’unità del vescovo Lorenzo» (ivi). Del ministero triestino del Vescovo Eugenio voi tutti siete figli e testimoni diretti, e non tocca certamente a me rendere conto.

Concludo pertanto questa mia laudatio permettendomi di evidenziare una virtù del Vescovo Eugenio che mi ha sempre colpito e ha favorito la nascita e la crescita della mia intensa amicizia con lui in questi anni. Dice San Tommaso che «il gioco può essere oggetto di una virtù, che il Filosofo chiama ‘eutrapelia‘. E se dice eutràpelos di uno che sa volgere bene in ischerzo fatti e parole suscitando diletto» («Et ideo circa ludos potest esse aliqua virtus, quam philosophus eutrapeliam nominat. Et dicitur aliquis eutrapelus a bona versione, quia scilicet bene convertit aliqua dicta vel facta in solatium» (Summa Theologiae IIa-IIae q. 168, a. 2).

In seno alla Conferenza Episcopale Triveneta la iucunditas o eutrapelia del Vescovo Eugenio aiuta sempre a volgere la gravità del nostro ministero in solatium. E così don Eugenio si offre sempre a noi come un buon compagno di viaggio, di quelli che fanno più semplice e lieta la strada.