Intervento del Patriarca alla IX Veglia di preghiera e riflessione contro la tratta di persone (Verona, 8 febbraio 2023)
08-02-2023

IX Veglia di preghiera e riflessione contro la tratta di persone

 (Verona, 8 febbraio 2023)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

La dignità umana, la dignità di ogni persona, è al centro di questa serata di riflessione e preghiera scandita dalle parole, sempre attuali, del profeta Michea che ci spingono a non rimanere fermi, a prendere coscienza, ad agire: “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Mc 6,8).

Riconoscere e promuovere la dignità e la vita di ogni persona non è l’impulso di un momento ma lo stile di una vita ed è per questo che c’è bisogno di un’azione costante di educazione, ossia di imparare a vivere ogni giorno quel binomio inseparabile – Dio / uomo – che costituisce il movimento ellittico della vita cristiana.

Il cristiano riconosce, difende e valorizza la persona umana non in modo episodico; è una costante della vita del discepolo del Signore, fa parte del suo stesso DNA, è qualcosa che va ricercato e attuato nella sua storia quotidiana, nei grandi fatti che segnano il mondo (pensiamo anche alla guerra in Ucraina e in altre parti, meno conosciute del mondo…) e nelle sfumature che le singole vicende personali assumono ogni giorno.

Avere a cuore la dignità di ogni persona significa andare oltre il proprio “io”, allargando l’orizzonte della propria vita, poiché, in tal modo, si comprende che la propria vita personale non esaurisce ciò che esiste.

Affermare la centralità della persona – cardine della vita cristiana – vuol dire tutto questo. Mettersi personalmente in gioco contro ogni forma di sfruttamento significa farsi carico della persona dell’altro; don Milani, di cui ricorre il centenario dalla nascita, diceva: “I care”. L’altra persona, l’altro popolo, andando oltre il nostro orizzonte sempre limitato; questo significa stabilire un ponte di cultura, solidarietà e vicinanza nel nome della comune umanità ma, per il cristiano, nel nome di Gesù Cristo.

“C’è bisogno di abbracciare il rischio stupendo di conoscere e accogliere chi è diverso, per ritrovare la bellezza di una fraternità riconciliata e sperimentare l’avventura impagabile di costruire liberamente il proprio avvenire insieme a quello dell’intera comunità” (Papa Francesco, Discorso durante l’incontro con gli sfollati interni in Sud Sudan, 4 febbraio 2023), diceva appena qualche giorno fa Papa Francesco in Sud Sudan, una terra scossa da odio, violenze e divisioni.

Ma per far questo, dobbiamo educarci da bambini. Mi hanno sempre colpito, nella vita di santa Giuseppina Bakhita, due narrazioni significative.

Giuseppina Bakhita – da schiava – era passata attraverso molti padroni e tanti di questi l’avevano trattata in modo spietato e terribile, eppure lei – una volta divenuta suora e nel raccontare quei suoi trascorsi – quasi li scusava e cercava una spiegazione ulteriore: “Agivano secondo le loro abitudini… credevano di far bene… non conoscevano il buon Dio… loro erano i padroni e io ero la loro schiava”.

Quanto peso possono avere certe convinzioni culturali o certe abitudini sociali non purificate dalla fede e dalla ragione! E, quindi, pensiamo a quanto la religione – la fede, una comunità credente – può fare in positivo e (Dio non voglia…) anche in negativo a questo riguardo!

Un’altra situazione, nella vita di Bakhita, che la fece soffrire era nel rapporto con i bambini della scuola dell’infanzia quando, talvolta, la rifiutavano perché di colore diverso oppure i bambini se ne uscivano con certe frasi: “Sei tutta sporca, domani ti porto il sapone per lavarti! Mi sporchi il vestitino”. O, ancora, qualche bambino rifiutava le sue caramelle perché gliele dava lei, che era nera, oppure andava a lavarsi le mani dopo aver avuto un semplice contatto con Bakhita… Quanto è difficile superare le diffidenze e le differenze, sin da piccoli, se non si è educati all’incontro con gli altri!

Dio e l’uomo: un binomio inseparabile che rivela il fondamento della dignità umana perché l’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, è stato creato in rapporto al Dio che è comunità di persone.

Troppe volte s’intende l’uomo, immagine e somiglianza di Dio, come qualcosa di statico, di fisso. Ma noi siamo immagine e somiglianza di Dio nel momento in cui viviamo e assumiamo, nella concretezza della vita, tale realtà (personale e comunitaria), secondo un’unità dinamica che si realizza nel rispetto delle differenze e della dignità di ognuno.

C’è, quindi, necessità di combattere e denunciare le grandi spirali di violenza e sfruttamento che ci sono in Africa e in varie parti del mondo e nelle nostre città ma non ci sono solo le discriminazioni e le violenze “esterne”. Certe volte – lo abbiamo sentito in una testimonianza poco fa – c’è il condizionamento forte e pervasivo, che si esplicita in violenza vera e propria che nasce dal proprio contesto familiare. E questo ci richiama di nuovo ad un’opera educativa più ampia e ci fa ricordare che esistono i peccati d’omissione che riguardano chi è vicino e – pur potendo intervenire – rimane indifferente, finge quasi di non sapere o vedere e… passa oltre senza recare alcun vero aiuto. Sì, ci sono anche una violenza e uno sfruttamento che sono generati dall’omissione e dall’indifferenza. E ricordiamo che l’indifferenza genera indifferenza!

Questa veglia e il tema della giornata ci riportano anche al valore fondamentale delle donne e al loro apporto essenziale per la vita di una comunità. Nello stesso tempo, siamo chiamati a difendere e tutelare la loro dignità ed anche la loro stessa vita; pensiamo alle tante, troppe, tragedie per femminicidio che popolano le nostre cronache (120 solo nel 2022). Su un altro versante, anche ciò che sta succedendo in alcuni Paesi del mondo – come ad esempio in Iran – ci fa capire quanto sia aspra e diffusa la lotta per tenere alta la dignità di ogni persona ed in particolare di ogni donna.

Proprio alle donne Papa Francesco ha riservato parole importanti nei giorni scorsi durante il suo viaggio in Africa quando ha detto che “come ricorda la figura di santa Giuseppina, la speranza, qui specialmente, è nel segno della donna” (Papa Francesco, Omelia nella S. Messa al Mausoleo “John Garang” di Giuba – Sud Sudan, 5 febbraio 2023).

Poco prima, incontrando un gruppo di sfollati nel Sud Sudan, aveva detto: “…le madri, le donne sono la chiave per trasformare il Paese: se riceveranno le giuste opportunità, attraverso la loro laboriosità e la loro attitudine a custodire la vita, avranno la capacità di cambiare il volto del Sud Sudan, di dargli uno sviluppo sereno e coeso! Ma, vi prego, prego tutti gli abitanti di queste terre: la donna sia protetta, rispettata, valorizzata e onorata. Per favore: proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro” (Papa Francesco, Discorso durante l’incontro con gli sfollati interni in Sud Sudan, 4 febbraio 2023).

Che fare, allora, e come procedere? Intanto aboliamo l’alternativa che fa dire: “Ma io non posso farci nulla… e allora non faccio niente. Se posso fare tutto, allora sì, faccio…”. Intanto, tutti, iniziamo a costruire un tessuto e un contesto di rispetto e di dignità umana per ogni persona, per le donne soprattutto, nelle vicende quotidiane che ci coinvolgono, nel costruire la mentalità, il pensare e il parlare che ci appartengono, in ogni contesto e ad ogni età (dai più piccoli, nelle scuole dell’infanzia, dai ragazzi e dai giovani – ieri si è svolta la giornata contro il bullismo e il cyberbullismo – fino agli adulti).

Creiamo, per quanto ci è possibile, un terreno favorevole al rispetto e alla dignità umana, diventiamo portatori di piccole e grandi speranze, di quella Speranza che redime, che solleva, che rialza e che santa Bakhita ad un certo punto ha conosciuto e da quel momento ha amato e testimoniato fino alla fine della sua vita quando, si racconta, nei momenti di agonia finale – e probabilmente come un riemergere nella memoria del suo passato da schiava – la sentirono mormorare: “Allargatemi le catene, pesano…” (cfr. Antonio Sicari, Il quarto libro dei Ritratti dei Santi, p. 187, Milano 1994). Per quanto è possibile facciamo la nostra parte per “allargare” e “sciogliere” le catene di chi oggi è ancora schiavizzato in molti modi.