Intervento del Patriarca alla chiusura ufficiale dell’inchiesta diocesana della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Abate Mechitar di Sebaste Fondatore della Congregazione Armena Mechitarista (Venezia / Chiesa di San Lazzaro degli Armeni, 8 settembre 2022)
08-09-2022

Rito della chiusura ufficiale dell’inchiesta diocesana della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Abate Mechitar di Sebaste

Fondatore della Congregazione Armena Mechitarista

(Venezia / Chiesa di San Lazzaro degli Armeni, 8 settembre 2022)

Intervento del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Eminenza Reverendissima,

Venerabili Confratelli nell’Episcopato,

Rev.mi Padri Mechitaristi, Religiosi e Religiose,

Ill.mi Officiali della Causa,

Gentili Autorità civili e militari,

Cari fedeli amici della Congregazione,

 

con la cerimonia di oggi viene a chiudersi ufficialmente, a due anni esatti dalla sua apertura, quella che è designata come “inchiesta diocesana” della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio l’Abate Mechitar di Sebaste.

Si tratta di una fase importante e fondamentale di ogni processo di questo tipo: gli Officiali, gli esperti incaricati e tutti i soggetti a qualche titolo coinvolti sono chiamati ad accertare scrupolosamente tutti gli elementi, storico-biografici e dottrinali, della personalità proposta al riconoscimento delle “virtù eroiche” e, di lì, alla venerazione della Chiesa, nella schiera dei santi e beati.

Come previsto dalla procedura, in questa fase si è lavorato su tre fronti: 1) la ricognizione storica delle fonti biografiche e una ricostruzione puntuale della vita e personalità del Servo di Dio, oggetto della Commissione storica appositamente nominata; 2) l’esame dell’intera produzione testuale del medesimo, dalle opere a stampa all’epistolario e agli scritti inediti, onde verificarne l’integrità dottrinale, oggetto di esame da parte di esperti teologi appositamente nominati; 3) la raccolta di molteplici testimonianze riguardanti la fama di santità del Servo di Dio, sia quelle storicamente sedimentate nelle memorie documentate dei suoi contemporanei, sia quelle che attestano ancor oggi, a più di due secoli e mezzo (273 anni) dalla sua morte, la memoria viva del suo operato, le esperienze personali di quanti ancora vi si riferiscono quale punto di riferimento di esemplari virtù evangeliche o vi si affidano in situazioni di difficoltà, morali e materiali, o più semplicemente ne chiedono l’affiancamento, nella quotidianità di una vita che aspirano scorra nell’alveo della grazia di Dio.

Il lavoro svolto ha naturalmente comportato un approfondimento ulteriore segnando così un sensibile avanzamento nella conoscenza della figura e dell’opera del Servo di Dio, che potrà dare frutti a lungo termine.

L’Abate Mechitar di Sebaste è figura di straordinario fascino ed attualità; si è reso interprete di esigenze urgenti e profonde del suo tempo e vi ha dato risposta con ampiezza di orizzonte e geniale spirito di sintesi, a servizio del popolo armeno e, di qui, a beneficio della Chiesa universale.

L’interpretazione mechitariana della Cattolicità della Chiesa è senso di autentica universalità, che non è sinonimo di omologazione, ma anzi di capacità di integrazione delle più diverse tradizioni spirituali, teologiche e liturgiche, nel pieno rispetto della loro identità e valore della loro bellezza.

Il pieno e totale amore e rispetto di Mechitar per la veneranda Chiesa Armena, eroica Chiesa del Martirio per eccellenza, ha aperto le vie di un ecumenismo reale che ha di fatto anticipato gli orientamenti del Concilio Vaticano II ed è ancora da considerarsi persino più avanzato oggi di alcuni ancora faticosi – accanto ad altri, più riusciti – tentativi della loro applicazione, nel sempre fecondo dialogo con le Chiese orientali non cattoliche.

È questo il primo pilastro del carisma dell’Abate Mechitar. L’altro è l’investimento nella cultura quale fondamentale fattore di coesione di un popolo e di intelligenza della fede. Cultura, nella sua caratura sapienziale, va qui intesa in tutti i suoi aspetti, perché tutto ciò che è espressione dell’umano è chiamato ad essere permeato e trasfigurato dalla grazia; tutto nell’uomo – pensieri, azioni, opere, affetti, interessi – tutto è chiamato a farsi nutrimento ed esperienza di santità. Così, davvero Mechitar seminò qui a San Lazzaro i fermenti di un fenomeno di ampiezza mondiale che cominciò ad avvertirsi nei decenni successivi alla sua morte e che la storiografia registra come “rinascita armena”. E fu decisivo nel dare nuova luce, respiro e speranze al suo popolo.

Quando l’Abate Mechitar diede forma al primo nucleo della sua Congregazione, la pose sotto la protezione della Vergine Maria e il titolo di S. Antonio Abate quale sommo esponente del Monachesimo orientale e riferimento esemplare del Monachesimo armeno. Quando, poi, papa Clemente XI pose al giovane Abate la condizione di scegliere tra una delle tre regole esistenti, Mechitar scelse quella di San Benedetto, sommo esponente del Monachesimo occidentale. Sensibile alle necessità del mondo moderno e in considerazione dell’orientamento missionario della sua Congregazione, su questi fondamenti Mechitar innestò alcuni principi dell’apparato organizzativo e operativo e della stessa ratio studiorum dei Gesuiti, grazie anche alla conoscenza diretta che ne aveva avuto nelle peregrinazioni giovanili.

Egli veniva così a saldare, in una mirabile sintesi, le tradizioni di Oriente e Occidente, e di fatto con questo spirito creò un’osmosi spirituale e culturale tra i due grandi polmoni della tradizione della Chiesa. Possiamo non ritenere casuale che, attraverso l’esperienza di ben due dolorosi esili, la Provvidenza lo abbia da ultimo spinto a stabilirsi a Venezia che, per secoli, aveva intessuto la propria storia nella magnifica e originale trama di un singolare intreccio tra la cultura, l’arte, le forme del vivere politico e civile dell’Oriente e dell’Occidente, condizione che ne fece un laboratorio di cultura e portò, ben due secoli prima dell’arrivo in laguna del Servo di Dio, alla stampa del primo libro in caratteri armeni (1512).

La forma monastica della Regola di San Benedetto – che meritò alla Congregazione di essere annoverata tra i rami della grande famiglia benedettina – risultò particolarmente rispondente alle esigenze del rinnovamento della vita consacrata figurato dal Servo di Dio. Ora, Lege et Labora è la formula di sintesi più completa e autentica del monachesimo benedettino, attestata dalle fonti più antiche (come riscoperto e messo in luce da J. Leclercq); è una formula che esprime la prospettiva di un’antropologia integrale, nelle sue dimensioni spirituale, intellettuale e materiale. E Mechitar, con la sua visione di fede sul mondo e con il suo operato, si rese sincero e attivo promotore di un umanesimo integrale che portò in breve l’Abbazia di San Lazzaro ad essere centro di spiritualità e cultura.

Uomo dei dolori, l’Abate Mechitar, uomo costantemente assediato da prove in cui innumerevoli volte parve che i suoi progetti dovessero affondare e inabissarsi, le superò tutte rimettendosi sempre e serenamente alla Volontà di Dio e alla protezione della Santissima Vergine che è la protezione di una dolce Madre che sempre accompagna, costantemente sostiene e mai delude. E così assecondò semplicemente le vie di Dio, i sentieri che aveva tracciato per lui.

L’8 settembre 1701, festa della Natività di Maria, dovendo lasciare Costantinopoli per un futuro quanto mai incerto, egli pose tutta la Congregazione sotto la Sua materna protezione. E, dopo varie vicissitudini e l’abbandono anche del monastero di Modone, pazientemente costruito in anni di sacrifici, fu l’8 settembre 1717 che poté fare ingresso e stabilirsi in questa piccola isola della laguna veneta.

Davvero la Santa Vergine pare gli avesse dato appuntamento e così, di fatto, intesero quella singolare coincidenza il giovane Abate e i suoi discepoli. Da allora la Storia di Mechitar e della sua Congregazione e la Storia di Venezia, città intimamente mariana, essa stessa sorta nel segno di Maria – unde Origo inde Salus! – si sono indissolubilmente intrecciate fra loro.

Possa la riscoperta esemplarità della figura dell’umile e grande Servo di Dio Abate Mechitar segnare nuove vie di futuro alla fede del caro popolo armeno, alle nostre genti venete e alla Chiesa tutta.