Intervento del Patriarca al XXI Salone d’Impresa “Permacrisi” (Marghera / Palazzo Confindustria Veneto Est, 26 maggio 2023)
26-05-2023

XXI Salone d’Impresa “Permacrisi”

(Marghera / Palazzo Confindustria Veneto Est, 26 maggio 2023)

Intervento del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

 

Saluto il Signor Ministro, le autorità e tutti voi qui presenti mentre ringrazio per l’invito gli organizzatori di questa edizione di Salone d’Impresa.

Colpisce e “provoca” il termine che avete usato come tema e filo conduttore di questa giornata: “permacrisi”. Nello stesso tempo, però, sappiamo che questo concetto o, meglio, questa visione, di “crisi permanente” è già parte – in maniera più o meno consapevole – del nostro vivere quotidiano che spesso avverte la sensazione e, talvolta, anche l’angoscia di dover attraversare – su molti fronti – un lungo periodo di instabilità e incertezza, come immersi in una continua emergenza.

Diventa, allora, necessario chiedersi a cosa è più opportuno e prioritariamente affidarsi in questi momenti, non più straordinari ma divenuti permanenti, di crisi ed emergenza. Da dove, insomma, è possibile ripartire superando le crisi che, di volta in volta, si presentano? Su cosa fare maggiormente conto in questi tempi di “permacrisi”?

Mi permetto di richiamare in questa mattinata di dialogo e confronto due parole che ricavo dal pensiero sociale cristiano, conosciuto dai più come dottrina sociale della Chiesa. E vorrei che fossero “lette” in stretta sintonia e in collegamento con i principi fondamentali della nostra Costituzione e penso, in particolare, agli articoli 3,4 e 5 che parlano del bene comune di tutti noi, di pieno sviluppo della persona, della doverosa partecipazione di ognuno alla vita e al progresso materiale e spirituale del Paese nonché di promozione delle autonomie locali nel contesto di una Repubblica “una e indivisibile”.

Le parole che sottopongo alla Vostra attenzione sono “responsabilità” e “sussidiarietà”. E inizio dall’esigenza, realmente fondamentale, d’esser tutti responsabili, sempre, ma specialmente quando l’incertezza e le difficoltà sono più forti, ossia in tempi di crisi.

La parola “responsabilità” va intesa come una responsabilità posta in rapporto al bene comune che è l’anima dell’unità di un corpo sociale che, seppur fatto di realtà portatrici di interessi diversi e molteplici è – e sempre rimane – il bene comune, ossia di tutti e non di una parte, neppure della maggioranza, ma di tutti. Il bene comune considera la domanda che riguarda ciascuno e non esonera alcuno dal far propri i comportamenti e gli atteggiamenti e ad assumere decisioni e prese di posizione “responsabili”, che puntano al bene della comunità, del territorio e del tempo di cui si è parte.

E tutto ciò riguarda la politica, per chi ha responsabilità di rappresentanza e di governo, l’economia, la finanza ma… riguarda ogni cittadino, seppur in misure e gradi differenti fra loro.

Cito qui il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: “Il bene comune impegna tutti i membri della società: nessuno è esentato dal collaborare, a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo. Il bene comune esige di essere servito pienamente, non secondo visioni riduttive subordinate ai vantaggi di parte che se ne possono ricavare, ma in base a una logica che tende alla più larga assunzione di responsabilità. Il bene comune è conseguente alle più elevate inclinazioni dell’uomo, ma è un bene arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio” (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 167).

Quando parliamo di bene comune non si parla soltanto e unicamente di un benessere socio-economico, pur importante, ma di un bene che va incontro alle aspettative, alle aspirazioni, “alle più elevate inclinazioni dell’uomo”, alle esigenze più profonde che sono strettamente legate al rispetto della dignità e alla promozione integrale della persona – di ogni persona – con i suoi diritti fondamentali.

Affianco poi il termine “responsabilità” a “sussidiarietà” che – come è noto – rappresenta un elemento cardine della dottrina sociale della Chiesa e, insieme, sottolinea l’integrazione e il legame tra i diversi livelli di competenza e vita di una comunità civile (che non si ignorano né, tantomeno, si combattono) ma anche valorizza e promuove l’azione e le energie proprie di ogni elemento, di ogni singola istituzione o realtà, di ogni specifico territorio di un ordinamento nazionale, regionale o metropolitano. Specialmente nel tempo della “permacrisi” è importante che ognuno faccia bene la sua parte, che non si sciupino risorse ma che tutte siano valorizzate, sostenute, promosse e messe in circolo, per il bene di tutti.

Faccio ancora ricorso al Compendio: “Il principio di sussidiarietà protegge le persone dagli abusi delle istanze sociali superiori e sollecita queste ultime ad aiutare i singoli individui e i corpi intermedi a sviluppare i loro compiti. Questo principio si impone perché ogni persona, famiglia e corpo intermedio ha qualcosa di originale da offrire alla comunità. L’esperienza attesta che la negazione della sussidiarietà, o la sua limitazione in nome di una pretesa democratizzazione o uguaglianza di tutti nella società, limita e talvolta anche annulla lo spirito di libertà e di iniziativa” (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 187).

Parole già chiare, queste, ma si possono poi anche trovare molteplici concretizzazioni e “attuazioni” del principio di sussidiarietà. Ne cito alcune: “…il rispetto e la promozione effettiva del primato della persona e della famiglia; la valorizzazione delle associazioni e delle organizzazioni intermedie, nelle proprie scelte fondamentali e in tutte quelle che non possono essere delegate o assunte da altri (e pensiamo qui al ruolo delle organizzazioni imprenditoriali e di categoria, alle cooperative, al Terzo Settore, alle organizzazioni sindacali, alle Camere di Commercio e a tante altre realtà associative che costituiscono spesso la ricchezza del tessuto sociale italiano e, specialmente, veneto); l’incoraggiamento offerto all’iniziativa privata, in modo tale che ogni organismo sociale rimanga a servizio, con le proprie peculiarità, del bene comune; l’articolazione pluralistica della società e la rappresentanza delle sue forze vitali; la salvaguardia dei diritti umani e delle minoranze; il decentramento burocratico e amministrativo; l’equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata, con il conseguente riconoscimento della funzione sociale del privato; un’adeguata responsabilizzazione del cittadino nel suo essere parte attiva della realtà politica e sociale del Paese” (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 187).

In conclusione, potremo affermare che la situazione di “crisi permanente” che ci avvolge dovrebbe aumentare e sollecitare con urgenza la capacità di tutti di operare quella continua e indispensabile revisione di vita, di pensieri e di azioni che, in ambito cristiano e spirituale, si chiama “conversione” e che, in un contesto civile e laico, può essere descritta come l’esigenza di una “riforma” importante che attraversa il mondo politico, economico, finanziario, sociale e culturale e che richiede, da un lato, la riaffermazione del legame che ci tiene uniti – volenti o nolenti – a diversi livelli e che necessita, ad esempio, di nuove e più efficaci forme di dialogo, confronto e concertazione sociale; dall’altro lato, è importante valorizzare le specificità e le capacità di ogni singolo elemento perché si possa esprimere al meglio e possa effettivamente contribuire al bene di tutti.

“Responsabilità” e “sussidiarietà” possono essere, davvero, parole d’ordine preziose per questo tempo difficile e complicato.