Intervento del Patriarca al pellegrinaggio diocesano dei giovani alla Madonna della Salute (Venezia, 20 novembre 2021)
20-11-2021

Pellegrinaggio diocesano dei giovani alla Madonna della Salute

(Venezia, 20 novembre 2021)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Siamo qui ma potremmo essere da qualche altra parte. Questo pellegrinaggio, oltre ad essere una nostra scelta, è anche e sempre guidato dal Signore.

Abbiamo ascoltato nel Vangelo di Luca come al termine del pellegrinaggio compiuto da Maria che da Nazareth si reca dove abita la cugina Elisabetta, il grembo ha sussultato (cfr. Lc 1,41). Il Signore ci precede.

Cari ragazzi, soprattutto quando si è all’inizio della propria vita, è importante avere questa convinzione, questa certezza.

Il nostro pellegrinaggio è scandito da quella parola che il Signore rivolge a Paolo: “Ti costituisco testimone di ciò che hai visto” (At 26,16)

Chi era Paolo? Un uomo sicuro di sé, giovane. Si ritiene, infatti, che Paolo sia nato intorno all’anno 10 dell’era cristiana e, quindi, questo evento riguarda un uomo di circa 25 anni. Era un uomo sicuro di sé che sapeva tutto.

Alla fine della vita Paolo ritornerà a quell’evento che aveva cambiato la sua vita, scrivendo ai Filippesi e dicendo loro: sono stato fermato, sono stato rapito, sono stato portato oltre le mie sicurezze di quel momento, io che ero ebreo, della tribù di Beniamino, circonciso all’ottavo giorno, io che ero, secondo la legge, fariseo, io che andavo a Damasco per portare in catene coloro che erano diventati l’ossessione della mia vita… Ma l’ossessione della sua vita era in realtà un Altro; era quel Gesù che lo incontra e lo scardina in un istante.

Cari ragazzi, noi dobbiamo pensare che al di là delle cose che vediamo, che tocchiamo, della nostra agenda, dei nostri orari, dei nostri impegni, delle cose buone e belle che facciamo – e metto qui anche i momenti di incontro con gli altri e di divertimento, poiché tutto concorre al bene per il cristiano – c’è anche qualcosa che può andare oltre le nostre legittime convinzioni. E allora non mettiamo tra le presenze della nostra vita solo il nostro io – quanto è ingombrante il nostro io, quanto bene può fare il nostro io, quanto male può fare il nostro io! -, non mettiamo solo quelle presenze gradite o sgradite che affollano le nostre giornate; mettiamo anche quella presenza che molte volte non scorgiamo perché non la lasciamo manifestare nella nostra vita.

Questo camminare verso la basilica di Colei che è stata la prima discepola del Signore e che è stata motivo di gioia per Gesù, sia un andare verso di Lei, la Servitrice e la Signora della gioia.

Vogliamo essere felici ad ogni età della vita, quando si è bambini in un modo, quando si è adolescenti in un altro, quando si è adulti in un altro, quando si è anziani in un altro ancora ma si cerca sempre la gioia, la felicità. Andiamo dalla Signora della gioia, la Servitrice della gioia, Colei che ci può insegnare ad essere felici.

Se Paolo fosse stato il vostro vice parroco, il vostro parroco o il vostro compagno di cammino, si sarebbe posto come una persona molte volte scomoda e dal vocabolario impegnativo. In ogni caso, scrivendo ai Romani, Paolo ci fa sapere questo: so che io vedo il bene, voglio il bene e non riesco a farlo, so che io con i miei peccati alimento il male ma non mi devo fermare qui… Sì, il Signore Gesù ci può afferrare, ci può portare oltre noi stessi.

Compiamo, allora, questo pellegrinaggio nel nome di Gesù. Pensate che, in tutto il Nuovo Testamento (Vangeli, Lettere, Atti degli Apostoli, Apocalisse), il nome di Gesù risuona 600 volte e 400 volte è nei testi di Paolo, lui che dice: io sono stato afferrato, sono stato carpito, sono stato preso da colui che pensavo fosse il problema della mia vita. E qui torniamo ad un tema molto importante: fintanto che Gesù non è la soluzione e la gioia della nostra vita, rimane un problema.

Chiediamo a Paolo, in questo pellegrinaggio, che ci aiuti a riscoprire quella presenza discreta e silenziosa che si chiama Gesù di Nazareth, il nostro Salvatore.