Intervento del Patriarca al Convegno nel quarto centenario della nascita di Blaise Pascal (Venezia / Aula magna del Seminario Patriarcale, 31 marzo 2023)
31-03-2023

Convegno nel quarto centenario della nascita di Blaise Pascal

(Venezia / Aula magna del Seminario Patriarcale, 31 marzo 2023)

Intervento del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Rev. Rettore del Seminario,

Chiarissimi professori,

 

esprimo la mia soddisfazione nel vedere organizzato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, col patrocinio dello Studio Teologico del Seminario Patriarcale – che, tra l’altro. per l’odierna sessione ha messo anche a disposizione i propri ambienti – l’importante Convegno Internazionale sul pensiero di Blaise Pascal, incentrato sulla sua riflessione metafisica, scientifica e teologica.

Ho sempre amato Pascal e mi sono trovato in diverse circostanze ad attingere al suo pensiero nell’esercizio del mio ministero e, quindi, saluto con vera simpatia un’iniziativa che – nel quarto centenario della  nascita dell’illustre filosofo, scienziato e credente – si prefigge di indagare un classico della modernità che, ad oggi, risulta di straordinaria attualità, e lo fa attraverso competenze e sensibilità maturate da alcuni decenni nell’ambito della formazione e della ricerca dell’Università veneziana, migrate e trasmesse anche ad altre realtà accademiche, in proficuo dialogo con docenti e studiosi in Italia e all’estero.

Profondo e acuto indagatore delle viscere dell’umano, della sua esperienza, delle sue contraddizioni, eppure così a lungo (e ancora, sovente, ai giorni nostri) ampiamente frainteso, Pascal risulta esemplare nel prospettare al nostro tempo la possibilità di una modernità  riconciliata con un ritrovato spessore qualitativo dell’esperienza, con il riposizionamento della soggettività in una rinnovata comprensione della sua inestirpabile dimensione relazionale, con la stessa fede cristiana di cui genialmente intravvide l’incipiente alienazione dalla “grande” filosofia e dalla cultura occidentale.

Pascal è il pensatore del “cuore”, non in opposizione al rigore di una razionalità che – nel campo della ricerca matematica e fisica – egli seppe coltivare ai massimi livelli ma quale compimento più conseguente e maturo della razionalità stessa. Una razionalità ad ampio spettro che, attraverso l’integrazione del proprio momento intellettivo-intuitivo, a monte di quello discorsivo, ritrova il proprio respiro sapienziale e con ciò il compito originario della filosofia, quale fu effettivamente coltivato dall’antichità classica, sviluppato dal pensiero patristico e scolastico e mai dimenticato da una importante radice del pensiero moderno che non ha mancato di tenere viva una tale fiamma di autenticità.

In virtù di questo “allargamento della ragione” – tanto insistito da Papa Benedetto XVI quale compito per una rinnovata modernità, che non è certo una capitolazione della ragione stessa e di cui possiamo trovare un preciso disegno nel pensatore di Clermont –, si comprendono quelle “ragioni del cuore” attraverso le quali Pascal invita a porsi alla ricerca e in ascolto di Dio.

La cifra del discorso diviene allora quella “soumission et usage de la raison” che, nell’equilibrio tra le spinte opposte del razionalismo e del fideismo, non chiede nella sottomissione che un atto di fedeltà alla realtà dell’esperienza e nell’uso della ragione quel coraggio della razionalità, piena e conseguente, che non deve mai mancare. E soumission esprime pure l’esigenza del trascendimento della ragione nella sua finitezza, che ne è al tempo stesso l’autocomprensione più matura. Così Pascal può affermare che «l’ultimo passo della ragione è di riconoscere che vi è un’infinità di cose che la superano. Essa è ben debole se non giunge al punto di riconoscere ciò» (Pensées, L 188; B 267).

Affermava Benedetto XVI, nel discorso al Collège des Bernardins del 2008, che, per accogliere il fatto del Logos entrato nella storia dell’uomo, «presenza della Ragione eterna nella nostra carne», «occorre sempre l’umiltà della ragione», «occorre l’umiltà dell’uomo che risponde all’umiltà di Dio». E che, al di là delle apparenze di un preteso affrancamento di quella che si ritiene una ragione “adulta”, «una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda su Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo» (Benedetto XVI, Discorso all’incontro con il mondo della cultura al Collège des Bernardins, Parigi 12 settembre 2008).

Pascal si diede il compito del quaerere Deum e dell’accompagnamento a ciò dell’uomo del suo tempo, di cui volle farsi compagno di strada, in un disegno che, rimasto ad uno stato singolarmente frammentario, ci consegnò le mirabili Pensées, così capaci ancor oggi di toccare le corde dello spirito umano e di additare i vissuti di fede quale miglior terreno di riprova della veridicità della proposta cristiana.

«Non intratur in veritatem nisi per caritatem», scriveva Agostino. «On n’entre dans la vérité que par la charité», gli fece eco Pascal, invitandoci a ricordare come la verità va, innanzitutto, anelata e amata per essere realmente colta ed essa non si dà, in ultima istanza, nella forma di un sapere neutro ed esistenzialmente non significativo ma in quanto è in grado di farsi principio vitale, ragione pensata e vissuta al tempo stesso dell’esperienza.