Intervento del Moderatore all'inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto (Zelarino, 1 marzo 2013)
01-03-2013
Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto
Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2012/2013
(Zelarino, 1 marzo 2013)
 
Intervento del Moderatore mons. Francesco Moraglia
Signor Vicario Giudiziale,
Vicari giudiziali aggiunti,
Giudici,
Difensori del vincolo,
Avvocati,
Operatori tutti del Tribunale,
Personale tecnico amministrativo,
Gentili invitati,
che i tribunali ecclesiastici siano, a pieno titolo, parte della comunità ecclesiastica e che svolgano tramite il loro giudicare un’azione che è eminentemente pastorale, cioè a servizio del bene delle anime, non può essere oggetto di discussione: «Senza i processi e le sentenze dei tribunali ecclesiastici, la questione sull’esistenza o meno di un matrimonio indissolubile dei fedeli verrebbe relegata alla sola coscienza dei medesimi, con il rischio evidente di soggettivismo, specialmente quando nella società civile vi è una profonda crisi circa l’istituto del matrimonio» (Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 28 gennaio 2002, n. 7).
Ho, in tal senso, apprezzato che il Vicario giudiziale, nel rilevare dagli atti di diverse cause l’esiguità delle testimonianze raccolte e dei testimoni presentati, abbia connesso tale dato di fatto non solo alla difficoltà di esprimere un giusto giudizio ma al rischio di uno sguardo privatistico al legame matrimoniale, dimentico della sua dimensione sociale, in quanto istituto, e della sua peculiare dimensione ecclesiale, in quanto realtà sacramentale. Il matrimonio tra battezzati, essendo stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento, causat significando. Se perciò il sacramento del matrimonio, proprio perché sacramento, è segno efficace dell’amore definitivo di Dio in Cristo per la Chiesa sua sposa, allora qualunque riserva individualistica sarebbe pericolosissima.
Il richiamo alla «salus animarum» è, quindi, da assumere senz’altro come criterio orientativo e fine dell’azione del tribunale ecclesiastico, purché non lo si intenda come l’usurata e insignificante contrapposizione tra diritto e pastorale: solo un’esatta applicazione del dettato normativo può far sì che l’azione del Tribunale sia realmente pastorale, un’esattezza capace di avvantaggiarsi di tutti gli strumenti tipici del diritto canonico che gli consentono la flessibilità necessaria per rispondere alla realtà umana senza distorcerla, giungendo persino a cogliere la non congruenza tra l’atto posto e l’intenzione soggiacente a quell’atto.
Esattezza e professionalità a cui deve corrispondere – da parte di tutti gli operatori – un atteggiamento autentico di ricerca della verità, ponendo la tecnica giuridica a sapiente servizio di questa e mai in contrasto con essa, consapevole che «atti processuali quali la proposizione di certe ‘questioni incidentali’, o comportamenti moratori, estranei, ininfluenti o che addirittura impediscono il raggiungimento di detto fine, non possono essere ammessi nel giudizio canonico» (Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 28 gennaio 1996, n. 4).
Non si deve, infatti, dimenticare che le decisioni dei Tribunali ecclesiastici hanno un concreto impatto sulla società e sulla comunità ecclesiale nel senso che «ogni sentenza giusta di validità o nullità del matrimonio è un apporto alla cultura dell’indissolubilità sia nella Chiesa che nel mondo», mentre «l’ingiustizia di una dichiarazione di nullità, opposta alla verità dei principi normativi o dei fatti, riveste particolare gravità, poiché il suo legame ufficiale con la Chiesa favorisce la diffusione di atteggiamenti in cui l’indissolubilità viene sostenuta a parole ma oscurata nella vita» (Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 28 gennaio 2002, n. 7).
Dovrà quindi essere posta particolare attenzione perché tutti coloro che lavorano nei Tribunali ecclesiastici – giudici, difensori del vincolo, patroni delle parti in causa – ricchi di carità pastorale cooperino limpidamente col collegio giudicante nella ricerca della verità, senza lassismi o rigorismi, ma con grande equilibrio, ben guardandosi dall’anteporre – in spregio alla verità – qualsivoglia diritto soggettivo all’esistenza o meno del vincolo. Ogni rilassamento del diritto matrimoniale ha in sé una dinamica impellente, «cui, si mos geratur, divortio, alio nomine tecto, in Ecclesia tolerando via sternitur» (Epistola Cardinalis Praefecti Consilii pro Pubblicis Ecclesiae Negotiis ad Praesidem Conferentiae Episcopalis Confoederatorum Statuum Americae Septemtrionalis, die 20 iunii 1973).
Non sarà poi mai sufficientemente raccomandata – proprio per tradurre nella concretezza delle cause matrimoniali l’affermata urgenza di verità – un’adeguata rapidità di giudizio e capacità di adattamento alle diverse situazioni: «La verità cercata nei processi di nullità matrimoniale non è [‘] una verità astratta, avulsa dal bene delle persone. È una verità che si integra nell’itinerario umano e cristiano di ogni fedele. È pertanto assai importante che la sua dichiarazione arrivi in tempi ragionevoli» (Benedetto XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 28 gennaio 2006). I ritardi dei tribunali matrimoniali sono ritardi di valori e beni spirituali e religiosi necessari ai singoli fedeli e a tutta la comunità ecclesiale, il protrarsi dei giudizi nel tempo rende non di rado meno efficace e spiritualmente poco o nulla salutare la decisione del collegio giudicante.
Invocando il Signore Gesù – Luce di Verità e Parola di Giustizia – perché sia sempre con voi e vi accompagni benedicendo le decisioni di questo Tribunale, dichiaro aperto il nuovo anno giudiziario.