Intervento del Gran Cancelliere mons. Francesco Moraglia al Dies academicus della Facoltà Teologica del Triveneto (Padova, 18 febbraio 2014)
18-02-2014
Dies academicus della Facoltà Teologica del Triveneto
(Padova, 18 febbraio 2014)
Intervento del Gran Cancelliere mons. Francesco Moraglia
Eccellenze, signor preside, autorità accademiche, docenti, personale tecnico amministrativo, cari studenti, a tutti voi il mio più cordiale saluto.
 Un pensiero particolare rivolgo a tutte le realtà e istituzioni che sostengono e promuovono l’attività della Facoltà Teologica del Triveneto.
Sono grato sin d’ora al professor Stefano Zamagni – docente di economia politica all’Università di Bologna – che, fra poco, nella sua prolusione su ‘Cristianesimo e ordine economico globale. La dottrina sociale della Chiesa con particolare riferimento al magistero di Papa Francesco‘ ci offrirà le sue preziose riflessioni.
Vorrei qui ribadire, come già ebbi modo di fare in passato, l’importanza della facoltà di teologia nella vita della Chiesa particolare o, come nel nostro caso, delle Chiese particolari di cui è espressione, ringraziando tutti coloro che con passione, competenza e generosità vi operano.
La teologia e, di conseguenza, l’omonima facoltà sono a servizio del ‘dire critico della fede oggi’; certamente esse si applicano all’insegnamento, la trasmissione del sapere ma, innanzitutto, devono saper garantire l’ambito della ricerca. La facoltà di teologia si pone, perciò, come propedeutica alla ricerca, prendendo per mano gli studenti in un cammino affascinante.
La Chiesa custodisce il bene della fede secondo differenti modalità (catechesi, liturgia, carità ecc’) e, quindi, anche in quella critica, perseguendo così un sapere ‘fondato’ e ‘rigoroso’ che, nel rispetto della peculiarità della fede, non dà mai nulla per presupposto o scontato.
La teologia e la corrispondente facoltà sono funzionali alla Chiesa perché la Chiesa – a sua volta – è funzionale a Gesù Cristo, ‘luce delle genti’, via, verità e vita (cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n.1).
Se la Chiesa uscisse da tale prospettiva, la teologia decadrebbe allora in ideologia, secondo paradigmi e scelte mondane come, ad esempio, il facile consenso.
Il dies academicus ha un suo particolare significato: è momento d’incontro, di scambio e comunione fra le varie componenti e anime della facoltà teologica. Esse si pongono a livelli differenti e fra loro complementari. Il dies academicus, insomma, è un richiamo allo spirito originario dell’universitas.
Il filo conduttore del dies academicus di quest’anno ci porta a riflettere su un argomento che, soprattutto per la forza semplice e appassionata che il Santo Padre ci testimonia ogni giorno di più, aiuta a mettere a fuoco la costante attenzione (e preoccupazione) che attraversa l’insegnamento sociale della Chiesa e che ha trovato, negli ultimi pontefici, espressioni autorevolissime e sempre attuali.
 Ora, in questo tempo di globalizzazione, ciò che conta è ‘il raggiungimento di uno sviluppo integrale e solidale per l’umanità, vale a dire, «la promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (la frase è di Paolo VI). Tale compito richiede una concezione dell’economia che garantisca, a livello internazionale, l’equa distribuzione delle risorse e risponda alla coscienza dell’interdipendenza – economica, politica e culturale – che unisce ormai definitivamente i popoli tra loro e li fa sentire legati ad un unico destino’ (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 373).
Prima della finanza e del denaro, prima dell’economia e della politica, prima dei sistemi organizzativi, legislativi e istituzionali che regolamentano le attività socio-economiche e lavorative, prima (e al di sopra di tutto) c’è l’uomo, il bene ‘di ogni uomo e di tutto l’uomo’.
Per questo, la dottrina sociale della Chiesa offre a tutti uno sguardo sincero e profondo sulla nostra realtà, uno sguardo che è – ad un tempo – di fede e ragione in quanto si occupa dell’uomo affermandone e promuovendone le differenti dimensioni antropologiche (cfr. Francesco Moraglia, Una fede amica dell’uomo, Cantagalli, Siena 2013, pag. 98 ss.). Valorizza l’uomo come ‘persona’ e ‘relazione’, in cui non è possibile disgiungere il senso verticale (il rapporto con Dio) da quello orizzontale (il rapporto con il prossimo).
Nel pensiero e nella testimonianza di Jorge Mario Bergoglio / Papa Francesco l’affermazione della centralità e della grande dignità dell’uomo, con preciso riferimento al Dio creatore e salvatore, è presente da sempre. E’ ormai nota la sua valutazione della grave crisi economico-finanziaria che colpì l’Argentina ben prima che tutti noi, Europa e America del Nord, fossimo pervasi a nostra volta dalla straordinaria crisi che tuttora ci attanaglia, nonostante i ripetuti proclami (e i deboli segnali) di ripresa imminente.
‘L’attuale imperialismo del denaro – diceva l’allora cardinal Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, in un’intervista a 30Giorni – mostra un inequivocabile volto idolatrico. È curioso come l’idolatria cammini sempre insieme all’oro. E dove c’è idolatria, si cancella Dio e la dignità dell’uomo, fatto a immagine di Dio. Così, il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo addirittura il lavoro, che è il mezzo in cui si esprime la dignità dell’uomo, la sua creatività, che è l’immagine della creatività di Dio. L’economia speculativa non ha più bisogno neppure del lavoro, non sa che farsene del lavoro. Insegue l’idolo del denaro che si produce da se stesso. Per questo non si hanno remore nel trasformare in disoccupati milioni di lavoratori’ (Gianni Valente, Francesco. Un Papa dalla fine del mondo, Emi, Bologna 2013, pag. 45).
Non ci sorprende quindi che anche nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium – che, pure, non è uno scritto ‘sociale’ o ‘economico’ – Papa Francesco abbia trovato il modo per offrirci stimoli di grande significato. Ne richiamiamo alcuni, in attesa di ascoltare con interesse l’approfondimento del professor Zamagni.
C’è, innanzitutto, il forte ‘no a un’economia dell’esclusione e della inequità’, accompagnato dall’affermazione che ha catturato molti titoli: ‘Questa economia uccide’. E, subito dopo, ecco la denuncia della cultura dello ‘scarto’ che – osserva – oggi ‘addirittura, viene promossa’ al punto da far sì che gli ‘esclusi’ non siano solo ‘sfruttati’ ma anche considerati ‘rifiuti’ e ‘avanzi’ (cfr. Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 53).
Vi è qui un riferimento chiaro ad un principio fondamentale per la dottrina sociale della Chiesa: la destinazione universale dei beni che – se tenuto presente – può in modo benefico mutare ogni visione dell’economia (e della politica) rendendola finalmente ‘ispirata a valori morali che permettano di non perdere mai di vista né l’origine, né la finalità di tali beni, in modo da realizzare un mondo equo e solidale, in cui la formazione della ricchezza possa assumere una funzione positiva’ (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 174).
E’ illuminante, poi, la riflessione del Papa che svela il senso profondo del momento che stiamo vivendo: ‘La crisi finanziaria che attraversiamo – afferma – ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano!’ (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 55).
Il Papa parla, senza mezzi termini, della creazione di ‘nuovi idoli’, di ‘feticismo del denaro’, della ‘dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano’. E rimarca ‘la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo’ (cfr. Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 55).
Parole di fronte alle quali non dobbiamo sfuggire, anche se possono dare fastidio e renderci meno simpatici dinanzi al mondo. E’ lo stesso Papa Francesco a rilevarlo: ‘La dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica, ma a volte sembrano appendici aggiunte dall’esterno per completare un discorso politico senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale. Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia’ (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 203).
C’è da riscoprire e rivalutare, dunque, la ‘dimensione morale dell’economia’ che può fa cogliere insieme – senza renderle mai alternative – l’efficienza economica e la promozione di uno sviluppo solidale dell’uomo.
Ci ricorda, infatti, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: ‘La morale, costitutiva della vita economica, non è né oppositiva, né neutrale: se ispirata alla giustizia e alla solidarietà, costituisce un fattore di efficienza sociale della stessa economia’ (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 332).
Lo aveva ben percepito il beato Giuseppe Toniolo, economista nato nella nostra terra veneta, profondo conoscitore della dottrina sociale della Chiesa e, soprattutto, attento servitore del bene comune. L’uomo – questo il senso del suo insegnamento – va posto sempre all’origine. Va tenuto al principio non solo cronologico ma valoriale di ogni scelta sociale, economica e finanziaria.