Intervento del Gran Cancelliere al Dies Academicus della Facoltà teologica del Triveneto (Padova, 7 marzo 2008)

07-03-2008

Facoltà Teologica del Triveneto

 

 

Dies Academicus 2008

 

 

Padova, 7 marzo 2008

 

Intervento del Gran Cancelliere

 

 

Angelo Card. Scola

 

Patriarca di Venezia

 

 

Eccellenze Reverendissime,

 

Chiarissimi Professori,

 

Autorità Civili e Militari,

 

Gentile Personale addetto,

 

Cari Studenti e Studentesse,

 

 

1. Con il presente Anno Accademico si può considerare conclusa la fase di fondazione della nostra Facoltà. Infatti dopo il decreto di erezione del 20 giugno 2005 da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica e dei successivi decreti di affiliazione e collegamento dei diversi Istituti Teologici e degli Istituti Superiori di Scienze Religiose, che hanno permesso di stabilire anche formalmente la rete della Facoltà, in quest’Anno Accademico si è provveduto alle nomine del Preside e dei primi professori stabili. È stato inoltre ufficialmente costituito il Consiglio di Facoltà e il Consiglio del Preside, come organi collegiali responsabili della vita accademica. Si tratta, ne siamo ben consapevoli, di adempimenti fondamentali per la vita di un’istituzione universitaria in quanto rendono possibile un’articolata distribuzione dei compiti e delle responsabilità, facendo crescere in questo modo il soggetto accademico. Una Facoltà, infatti, non è un insieme di corsi e seminari più o meno intrinsecamente riuniti nello stesso piano di studi. La Facoltà ‘ come l’uso anglosassone indica con chiarezza quando parla di Faculty ‘ è costituita innanzitutto dal corpo docente che in modo stabile si spende nell’attività di ricerca e di insegnamento.

 

 

2. La conclusione di questa tappa fondativa coincide, inoltre, con la fine di un percorso più che decennale di riforma degli studi teologici in Italia, promosso direttamente dalla Conferenza Episcopale Italiana. La ragione e l’orizzonte di questo percorso sono stati quelli di far crescere la consapevolezza del necessario contributo degli studi teologici alla missione pastorale della Chiesa nell’epoca attuale.

 

Concretamente si è deciso, anzitutto, di estendere ai docenti stabili degli Istituti i requisiti e le condizioni che la Costituzione Apostolica Sapientia Christiana stabilisce per la promozione a professore stabile presso le Facoltà Teologiche. Questa scelta intende qualificare in senso rigorosamente accademico gli Istituti Superiori di Scienze Religiose. Un secondo dato di grande rilievo consiste nel fatto che la riforma operata è intervenuta nella riorganizzazione dei curricula studiorum degli Istituti Superiori di Scienze Religiose, facendo propria la proposta di un primo ciclo triennale per il conseguimento del Diploma e di un biennio specialistico per il conseguimento del Magistero.

 

Una tale scelta ha condotto a proporre bienni o lauree specialistiche atte ad offrire una formazione accademica universitaria capace di preparare a nuove professioni (bioetica, beni culturali, comunicazioni sociali, scienze della famiglia, ecc.).

 

È opportuno spendere una breve parola a questo proposito. Non è mancato infatti chi ha paventato il pericolo che una tale opzione potesse condurre nei fatti a snaturare il sapere teologico favorendo addirittura l’abbandono del suo metodo proprio e anche dei suoi contenuti specifici. Con questa scelta, si dice, necessariamente il centro di interesse si sposterà dalla teologia ad altre discipline proprie dell’ambito delle cosiddette scienze umane, oppure dei saperi umanistici o anche di quelli propriamente scientifici (pensiamo ad esempio al mondo delle biotecnologie).

 

Cosa dire di fronte a tale timore? Con grande umiltà dobbiamo riconoscere che questo pericolo non riguarda solo i nuovi percorsi curriculari degli Istituti Superiori di Scienze Religiose. Siamo ben consapevoli di quanta pubblicistica teologica negli ultimi quarant’anni sia stata prodotta sotto il segno di una sudditanza nei confronti di altre discipline. Basti pensare al peso che la psicologia o la sociologia hanno assunto in certe proposte curriculari delle Facoltà e degli stessi Istituti Teologici Affiliati e al fatto che lo stesso Magistero ha dovuto intervenire mettendo in guardia dall’acritica assunzione di metodi provenienti da altre discipline. Quindi se il problema sussiste, e mi sembra che tale pericolo non si possa escludere, esso riguarda tutta la comunità teologica, non solo il Magistero (laurea specialistica) dei nuovi Istituti Superiori di Scienze Religiose.

 

Tuttavia mi sembra che la scelta compiuta mantenga la sua validità e mostri anzi anche il suo fascino per il tentativo che i nuovi curricula possono offrire di ripensare il lavoro teologico in base alle mutate circostanze storico-culturali. In concreto mi sembra che i nuovi percorsi dovranno urgere gli addetti ai lavori ad affrontare il lavoro teologico a partire dalla consapevolezza del soggetto ecclesiale che vive nel qui ed ora della storia affrontando le questioni reali presenti nell’odierna società plurale. Questa posizione attua in modo esplicito la dimensione pastorale essenziale del lavoro teologico. Con l’aggettivo pastorale mi riferisco in questa sede al fatto che la fede e la riflessione sulla fede, per essere universalmente proponibile, non può non farsi carico della vita concreta in vista della salvezza degli uomini.

 

Come ci insegna la riflessione teologica più avveduta ‘ da Mouroux a Balthasar – l’esperienza cristiana altro non è che il compimento gratuito e sovrabbondante dell’esperienza umana integrale ed elementare. Questo implica un processo di continuità-discontinuità tra esperienza umana ed esperienza cristiana. Nell’esperienza cristiana la struttura trascendentale dell’esperienza umana ‘ che possiamo identificare in questi tre elementi: l’io che si imbatte con la realtà, il cogliersi dell’io in questo imbattersi, e il fatto che l’esperienza porta con sé il proprio logos ‘ si attua in modo pieno. Allo stesso tempo i contenuti categoriali dell’esperienza umana ‘ che sono solito identificare con i termini affetti, lavoro e riposo (un altro modo di dire gli ambiti dell’umana esistenza, per citare l’insegnamento del Convegno Ecclesiale di Verona) ‘ verranno esaltati e stabilizzati dall’esperienza cristiana.

 

In questo modo le implicazioni antropologiche, sociali e cosmologiche dei misteri della fede ‘ se ci è consentito di parlare così ‘ rientrano a pieno titolo nei contenuti propri dell’elaborazione teologica senza giustapposizioni e senza indebite mediazioni. Nello stesso tempo queste implicazioni vengono rispettate in tutta la loro indeducibile determinatezza storica ed in nessun modo surrogate nell’esperienza cristiana. Si apre qui lo spazio sia per la riflessione teologica dei contenuti concreti dell’esistenza umana, sia per la riflessione propria di altre scienze autonome e specifiche.

 

Nella scelta delle nuove specialità teologiche risulterà più evidente al mondo civile, soprattutto a docenti e studenti, il carattere accademico degli Istituti ed il fatto che essi possano preparare a nuove professioni.

 

 

3. Ovviamente un lavoro di questo genere dovrà essere profondamente radicato nella solida tradizione di elaborazione teologica che caratterizza le Facoltà Teologiche. In particolare non potrà prescindere dall’apporto della Filosofia.

 

A questo proposito Sua Santità Benedetto XVI, nell’ormai celebre allocuzione non pronunciata in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, ricordava che «teologia e filosofia formano (‘) una peculiare coppia di gemelli, nella quale nessuna delle due può essere distaccata totalmente dall’altra e, tuttavia, ciascuna deve conservare il proprio compito e la propria identità».

 

Proprio in quest’ottica siamo grati al Professor Jean-Luc Marion per aver voluto accettare il nostro invito a tenere la prolusione di questo Dies Academicus. Il Professor Marion è patrocinatore del gemellaggio tra teologia e filosofia fin dagli anni della sua prima giovinezza quando, alla scuola di Mons. Charles e dell’allora Abbé Lustiger, si impegnò con l’edizione francese della Rivista Internazionale Communio, per poi approfondire nel rigore della sua ricerca fenomenologica, di cui oggi è uno dei più autorevoli esponenti, il gusto di pensare a 360 gradi che non si preclude l’indagine su nessun fenomeno, anche su quelli rivelati. Può chi si occupa di teologia non sentire il fascino di questa posizione che identifica ciò che Paolo chiama il pensiero di Cristo (cfr. 1Cor 2,16)? Quel pensiero che il grande Massimo Confessore così definisce nelle Centurie: «Io penso che abbia l’intelletto di Cristo chi pensa secondo Lui e pensa Lui attraverso tutte le cose».

 

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