Dies academicus della Facoltà Teologica del Triveneto
(Padova, 12 dicembre 2017)
Intervento del Gran Cancelliere mons. Francesco Moraglia
Eminenza, Eccellenze, Preside, autorità accademiche, docenti, personale tecnico amministrativo, studenti, a tutti il mio cordiale saluto.
Un ringraziamento va innanzitutto al Cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha cortesemente accettato l’invito a pronunciare la prolusione in questo Dies Academicus. Un pensiero, poi, va alle realtà e alle istituzioni che sostengono e promuovono l’attività della Facoltà Teologica del Triveneto.
Desidero esprimere motivata gratitudine ai docenti e alle docenti, ai ricercatori e alle ricercatrici della Facoltà per l’impegno profuso nell’elaborare una proposta teologica che, criticamente attenta alle culture del nostro tempo, valorizzi la peculiarità e la bellezza della fede cristiana.
Fedeli alla propria vocazione, quanti operano nell’ambito della teologia ricercano l’intelligenza della fede evidenziandone il dinamismo e – dopo aver ricercato, raccolto e valutato ogni elemento – propongono la fede nel contesto culturale, concettuale e linguistico del tempo in cui esercitano il carisma di cui sono portatori o portatrici. Essi sono impegnati, in fedeltà all’evento originario di Cristo, a discernere la figura dell’intelligentia fidei, manifestandone i tratti propri e distinguendola – come ricorda l’apostolo Paolo – dalla figura della scienza dei sottili ragionatori del mondo (cfr. 1 Cor 2,6-15).
La missione del teologo è dire la fede, oggi, elaborando un sapere costruttivamente critico e rigoroso in continuità con la fede degli Apostoli. Si pone, in tal modo, l’importanza del discernimento e dei criteri che ne stanno alla base.
Si tratta di saper distinguere per unire o, meglio, saper distinguere nell’Unito Originario e discernere, quindi, fra differenti interpretazioni, quelle autentiche e quelle che, invece, vanificano il messaggio originario. Tale opera è specificamente teologica e dice l’acribia e il reale valore dei teologi che dovranno riferirsi a criteri ermeneutici pertinenti in rapporto alla fede come membri della Chiesa, interprete ultima della trasmissione della fede nella storia (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, nn. 8-10).
Chi svolge il ministero della teologia, confessando la fede in Gesù Cristo e in consonanza di vita con Lui, assume in modo empatico e critico le culture del tempo mettendo in luce le differenti prospettive dell’unico Mistero cristiano; qui i teologi mettono in gioco la loro credibilità di uomini e donne di scienza e di Chiesa, consapevoli di assolvere – nella gioia – un ministero impegnativo ma essenziale nella vita dell’intera comunità.
Accompagno tale ministero con la gratitudine e la preghiera ed auspico la crescita di una tale teologia in cui ricerca e docenza siano, insieme, intelligenti e ponderate, scientifiche ed ecclesiali. D’altra parte chi, a vari livelli, opera in tale ambito sa che la teologia ha un suo metodo e, quindi, sa d’esser chiamato a rispondere come uomo e donna di scienza e di Chiesa. Così scientificità ed ecclesialità, intelligenza e fede, sono momenti distinti e fra loro indissociabili.
La teologia è ministero arduo ma essenziale nella vita della Chiesa; l’auspicio è, quindi, che teologi e teologhe siano attenti scrutatori dei segni dei tempi e, insieme, dediti allo studio, all’orazione e alla “ruminatio”, fondati nella virtù di cui l’uomo e la donna di scienza non possono fare a meno: l’umiltà. L’umile e il puro di cuore comprendono di più e hanno più capacità di “intus-legere”.
Mentre ringrazio ancora quanti – con la loro opera – garantiscono la sostenibilità accademica ed economica della Facoltà Teologica del Triveneto, ad iniziare dagli stimati Confratelli Vescovi della Cet, rinnovo il mio grazie al Cardinale Giuseppe Versaldi per quanto ci vorrà dire a proposito del “contributo delle Facoltà Teologiche alla missione della Chiesa”.
Ormai nell’imminenza delle solennità natalizie, mi è caro augurare a tutti la gioia intima e pura che erompe dal cuore di Maria: Dio ha soccorso Israele, Dio ha agito, Dio ha fatto cose grandi.
Così l’agire di Dio ci raggiunge – come insegna san Bernardo – con una triplice venuta; la prima, per via di memoria, in cui riconosciamo le cose che ha fatto per noi nella debolezza della Sua carne; la seconda, per via di presenza, quando vediamo che agisce in noi, nella potenza dello Spirito; infine, nella speranza, attendiamo la Sua ultima venuta nella maestà della gloria (cfr. San Bernardo, Disc. 5 sull’Avvento, 1-3; Opera Omnia, Edit. Cisterc. 4 [1966], 188-190).
La Bibbia canta la gioia che nasce da quello che Dio “sta per fare”: “… si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare” (Is 65,18). Questo è la gioia che sgorga dal saluto di Maria alla cugina Elisabetta che è ricolmata di Spirito Santo mentre il bambino esulta nel suo grembo.
Auguri, dunque di questa gioia, per le primizie della salvezza, come per il fiore che sboccia!