Intervento alla veglia solenne della Natività della Beata Vergine Maria (Abbazia di Monte Oliveto Maggiore - 7 settembre 2004)
07-09-2004

Abbazia di Monte Oliveto Maggiore
SOLENNE VEGLIA DELLA NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA
7 settembre 2004
Card. Angelo Scola
Patriarca di Venezia

La dolcezza di questa straordinaria Solennità vissuta e celebrata in un luogo privilegiato ‘ questa storica Abbazia ‘ è come intaccata, provocata, interrotta dalla domanda con cui Jahvè secondo la prima lettura ‘stana’ ogni uomo in Adamo dopo il peccato: «Adamo dove sei?».
Non possiamo non sentire questa domanda rivolta a noi. Quella che qui si respira nella liturgia così intensamente vissuta, non sarebbe più la pace, se noi non sentissimo tutta la provocante ferita che questa domanda realmente genera in ciascuno di noi. Dove siamo collocati, noi che siamo figli di questi tempi tragici? Siamo nella realtà, noi che viviamo questo ritmo di pace, noi che cantiamo questa donna così singolare, mentre famiglie intere sono straziate nella carne dopo la carneficina dei propri figli? Mentre l’uomo e la donna di oggi, i nostri fratelli, non riescono a trovare la pace nelle tante contraddittorie situazioni che ogni giorno vengono portate alla nostra fisica conoscenza.
‘Dove sei?’ mentre fuori di queste protettive vetuste mura, l’uomo si arrabatta in contraddizioni, ostilità, empietà, nelle delusioni della vita, negli affetti contrastati?
‘Dove sei?’ c’incalza la domanda del Padre, invitandoci ad uscire dalle nostre meschinità e fragilità, mentre l’uomo e la donna di oggi non avrebbero neppure il tempo di riflettere su queste cose.
Adamo – cioè uomo, cioè io, cioè tu – dove sei? Come potremmo rispondere, se ‘ come dice la lettura di san Pier Damiani ‘ non fosse stata decretata, decisa, attuata dal Padre la promessa di salvezza prevista dall’eternità, la nascita di una giovinetta in quella Terra Santa ogni giorno violata da un interminabile stillicidio di orrore e di morte? «Era necessario che prima fosse eretta la stanza nuziale destinata a ricevere lo Sposo che celebrava le nozze con la Chiesa, a cui Davide, esultando di gioia nello Spirito, canta l’epitalamio dicendo che il Signore ‘esce come sposo dalla stanza nuziale’ (Sal 18, 6)».
Una giovane fanciulla, umilissima, fedele alla grande attesa del suo popolo. Realmente ancella del Signore, fedele alla preghiera nella quiete della sua piccola sinagoga, quasi come la quiete di questa abbazia, scelta ad essere la stanza nuziale destinata a ricevere lo Sposo che celebrava le sue nozze con la Chiesa. Esultate di gioia ed esultanza, esce lo sposo dalla stanza nuziale. Lei è l’immacolata, lei è nello stesso tempo la Madre e la sposa, lei risponde pienamente alla domanda del Padre ‘Dove sei’. Lei, questa semplice figlia del popolo eletto, incastonata nella grande genealogia di Matteo che abbiamo sentito proclamare e in cui Giuseppe quasi si defila per lasciare spazio alla sua sposa. Infatti, ad un certo punto s’interrompe il ritmo della ‘genealogia’ e ‘ dove ci attenderemmo un ulteriore passaggio generazionale ‘ ecco apparire Lei, Maria: «Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo». Così Matteo ci mostra la singolarità di questa nascita e ci introduce nel mistero.
Questo artificio, inoltre, è lì a far risaltare la cooperazione umana all’opera della grazia, il fatto, quindi, che nulla può avvenire senza il gioco della libertà personale. In Maria risplende il massimo dell’esperienza umana della libertà, suggellata con l’assenso di Lei all’Incarnazione. È così che noi cantiamo: «per Quam de servis, liberi. In forza della Quale, da servi siamo stati fatti liberi».
Ecco, allora, la risposta alla domanda insistente di Jahvè: l’umana libertà. Ma come è entrata sulla scena della Gran teatro del mondo la libertà, se non tramite questa fanciulla di Nazareth? Infatti, avremmo noi potuto conoscere la libertà in modo adeguato al nostro desiderio, senza Cristo Gesù? No di certo. La libertà è entrata nel mondo tramite questa giovinetta che con il Suo sì, con il suo fiat ‘ radice e vertice della libertà ‘ ha collaborato con Dio. Senza libertà è impossibile rispondere alla domanda provocatoria di Jahvè: ‘Dove sei?’.
Maria dicendo sì si collocò, si situò nella provocazione di Jahvè. È la nostra libertà, è la mia libertà ad essere provocata, atto dopo atto, a situarmi nella storia. O nella posizione di Maria, nella posizione dell’uomo compiutamente libero, il figlio suo Gesù, del quale anche noi siamo figli, oppure chiudendosi su di sé, come Adamo ferito dal peccato.
Se tu poni la tua vita in consonanza con il sì di Maria, se, sulla scia di Maria e di Cristo Gesù, fai l’esperienza dell’amore, se ti giochi e rispondi alla provocazione del Padre, decidendo per l’amore, decidendo per Lui’ in una parola: se consideri la tua vita come vocazione in ogni atto di libertà, in ogni circostanza, in questa stupenda circostanza di Veglia notturna, ricca, riconoscente verso nostra madre Maria, tu partecipi del mistero della sua redenzione e salvezza.
Se tu prendi ogni circostanza e ogni rapporto come luogo dell’incontro di Cristo con l’atto della tua libertà, allora realmente la novità è posta per la storia.
Pensiamo alle centinaia di monaci che avendo vissuto, quasi nell’anonimato, in questa abbazia hanno attraversato la storia proprio perché hanno fatto dell’abbazia il luogo di incontro con Cristo, decidendo per Cristo, divenendo nuova creatura in Lui.
In Colei di cui celebriamo solennemente la nascita nella nostra carne umana entra di nuovo l’innocenza. Maria è resa innocente in maniera straordinaria dall’Innocente che si è lasciato trafiggere sul palo della croce, che ha subito l’ignominia dell’ingiustizia più radicale per puro amore. Da quando il Padre ha preso l’iniziativa dall’interno della Trinità, il suo è stato un sì fino in fondo, che «non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio», ma si è umiliato perché rinascesse una consonanza, perché noi potessimo ri-situarci, perché potessimo rispondere, o meglio, corrispondere al Padre con il nostro ‘Sì, sono qui’ come Cristo Gesù ha potuto dire ‘Sì, sono qui’. Perché il male non vinca!
Maria infatti è la vittoria di Dio sul serpente. La nascita dell’Immacolata sta tutta in questo programma di vittoria dell’innocenza sul male. Ella esiste e vale perché il male non vinca, perché l’uomo ritrovando in lei l’innocenza, riguadagnandola nel pentimento e nella comunione, possa stare sotto il baluardo opposto a quello del male.
Cos’è allora l’abbazia, con il suo tempo vibrato sul ritmo della preghiera e del lavoro – ora et labora – se non il luogo dell’incontro con Dio, il luogo creato perché l’uomo ritrovi l’energia per stare di fronte a se stesso e agli altri e situarsi nel ritmo di Dio?
Cos’è l’abbazia se non il luogo dell’innocenza – non certo di quella dell’Immacolata che partecipa, per grazia, dell’innocenza dell’Innocente assoluto – ma dell’innocenza della comunione oggettivamente presente. Una comunione che viene prima di ogni circostanza favorevole o sfavorevole. Una comunione che viene prima, ed è più forte, dell’umiliazione che subiremo, che viene prima ed è più forte dell’ingiustizia che ci viene inferta, perché Cristo Gesù ha scelto la strada della comunione per rendersi incontrabile all’uomo smarrito di ogni tempo, più che mai assetato di lui.
Non ciò che mi corrisponde mi è dato, ma ciò che mi è dato mi corrisponde sempre, perché mi è dato da un Padre che mi ama. Quale forza di convincimento in un mondo confuso e smarrito come il nostro ha la comunità monastica, dove la comunione è data oggettivamente perché dono di Dio, radicato in Cristo Gesù!
Ecco perché decine di migliaia di persone ogni anno vengono a Monte Oliveto. Ecco perché vivendo qui – attraverso l’Eucarestia, attraverso la preghiera corale – voi vivete al cuore del mondo. L’innocenza è presente per la comunione oggettiva che esiste tra voi, come comunità voluta da Cristo Gesù. In forza dell’oggettiva comunione vissuta, che giunge fino all’amore del nemico l’innocenza diventa esperienza reale. Se nella comunità si vive praticando l’amore fino all’amore dei nemici, allora l’Abbazia diventa una ‘nascita’, e lo stretto nesso tra l’Abbazia e la Nascita di Maria si impone. Senza il fiat di Maria che accolse l’iniziativa dello Spirito, nulla di tutto ciò sarebbe entrato nella storia: ecco perché cantiamo ‘Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam’!

(* per gentile concessione dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore ‘ testo non rivisto dall’autore)