Intervento alla veglia diocesana per la pace e preghiera ecumenica (Chiesa degli ortodossa romena “S. Lucia” – Mestre, 25 gennaio 2014)
25-01-2014
Veglia diocesana per la pace e preghiera ecumenica
nel giorno conclusivo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
(Chiesa degli ortodossa romena “S. Lucia” – Mestre, 25 gennaio 2014)
Intervento del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Saluto con gioia la comunità degli ortodossi romeni, che abitualmente si ritrova in questo luogo di preghiera, e il proto-presbitero Avram Matei che presiede la celebrazione del Vespro nel giorno conclusivo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Un saluto cordiale va ai cristiani delle altre confessioni e a tutti coloro che sono qui convenuti per vivere l’appuntamento che quest’anno coincide con la veglia diocesana della pace; veglia  che tradizionalmente si svolge proprio in questo periodo  dell’anno per invocare con forza e speranza da Dio, unico Signore, il dono della pace.
E’ bello farlo stasera  insieme, come cristiani, perché – lo ricordavo proprio ieri sera durante la preghiera ecumenica che si è tenuta a S. Marco – l’avverbio insieme indica un rapporto d’unione e una “compagnia”. Ed è bello stare insieme nel momento della preghiera e poi, tra poco, anche in quello della semplice e calorosa convivialità che, sempre, è capace di riunire ravvivando l’amicizia e la fraternità.
Anche Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium fa uso della parola insieme: “Dobbiamo sempre ricordare che siamo pellegrini, e che peregriniamo insieme. A tale scopo bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze, e guardare anzitutto a quello che cerchiamo: la pace nel volto dell’unico Dio. Affidarsi all’altro è qualcosa di artigianale, la pace è artigianale. Gesù ci ha detto: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9)” (EG. n.244).
La parola insieme – stare insieme e pregare insieme – è la cifra non solo del nostro odierno ritrovarci ma anche la caratteristica di un cammino comune, che fa suo lo stile della condivisione, e di una continua e positiva “tensione”.  Così, tutti, siamo dinanzi all’unico necessario: il Cristo che non può essere diviso a causa delle nostre colpe e delle nostre separazioni.
“Fraternità, fondamento e via per la pace” è il messaggio di Papa Francesco  per la Giornata Mondiale della Pace 2014 e che noi desideriamo meditare fissandone alcuni passaggi importanti.
Innanzitutto la fraternità ha a che fare con “una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale” (Messaggio, n. 1). Siamo “in relazione”, è una nostra realtà costituiva. L’uomo, nella sua compiutezza, si caratterizza come “essere in sé” e, insieme, in quanto rivolto agli altri, come “essere per”. L’uomo è persona, è relazione, sia in senso verticale (con Dio) che in quello orizzontale (con il prossimo).
“La fraternità – sottolinea Papa Francesco – si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore” (Messaggio, n. 1).
Nel profondo della storia dell’umanità, nell’intimo di ogni uomo, c’è un seme di fraternità che unisce in modo forte, èla “vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Tale vocazione è però ancor oggi spesso contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella “globalizzazione dell’indifferenza” che ci fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi” (Messaggio, n. 1).
E’ importante, però, affinché quel seme possa emergere e realmente crescere che si riscopra che siamo fratelli e sorelle poiché figli del “Padre nostro che è nei cieli”. Solo “a partire dal riconoscimento di questa paternità – dice il Papa – si consolida la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi “prossimo” che si prende cura dell’altro” (Messaggio, n. 1).
Sì, davvero, “la radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo. Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa. In particolare, la fraternità umana è rigenerata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione. La croce è il “luogo” definitivo di fondazione della fraternità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli” (Messaggio, n. 3).
In questo modo, allora, nessuno è escluso, nessuno è nemico, nessuno è uno “scarto” sulla scena del mondo, nella vita della società, in tutte le nostre relazioni:“In Cristo, l’altro è accolto e amato come figlio o figlia di Dio, come fratello o sorella, non come un estraneo, tantomeno come un antagonista o addirittura un nemico. Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono “vite di scarto”. Tutti godono di un’eguale ed intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli” (Messaggio, n. 3).
Di seguito, il Papa offre spunti importanti che toccano la vita economica e sociale: “Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. La crisi odierna, pur con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Esse ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale. Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere una società a misura della dignità umana” (Messaggio, n. 6).
Il Santo Padre, nel suo Messaggio, evidenzia anche un altro aspetto importante: la fraternità aiuta a custodire e a coltivare la natura che la famiglia umana ha ricevuto dal Creatore come “dono in comune” e rende così possibile un positivo rapporto tra uomo e creato e un corretto utilizzo dell’ambiente e della natura. Riecheggia, nel testo una domanda: “In che modo usiamo le risorse della terra?”. E aggiunge: “…vorrei richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Rispettare tale principio è la condizione essenziale per consentire un fattivo ed equo accesso a quei beni essenziali e primari di cui ogni uomo ha bisogno e diritto”(Messaggio, n. 9).
Questa riflessione sulla fraternità non sarebbe però, autentica se non divenisse nostro  impegno concreto e quotidiano. La dimensione della fraternità, infatti, ci tocca e ci chiama in causa profondamente poiché “noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri, tutti reciprocamente necessari, perché ad ognuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono di Cristo, per l’utilità comune”. Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio, offerto all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé: «Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»” (Messaggio, n. 10).
E, per essere ancora più diretto, Papa Francesco conclude: “ È questa la buona novella che richiede ad ognuno un passo in più, un esercizio perenne di empatia (è la capacità di sentire dentro, di comprendere appieno lo stato d’animo altrui, è il passare dal “mettersi nei panni dell’altro” all’ “essere con l’altro”), di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro, anche del più lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell’amore che sa donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella (…). Ogni attività deve essere, allora, contrassegnata da un atteggiamento di servizio alle persone, specialmente quelle più lontane e sconosciute. Il servizio è l’anima di quella fraternità che edifica la pace” (Messaggio, n. 10).
Con Lui continuiamo la nostra preghiera: “Maria, la Madre di Gesù, ci aiuti a comprendere e a vivere tutti i giorni la fraternità che sgorga dal cuore del suo Figlio, per portare pace ad ogni uomo su questa nostra amata terra” (Messaggio, n. 10).
In una società, come la nostra, segnata da una globalizzazione pervasiva a livello finanziario, economico e culturale e da un individualismo sempre più diffuso, la Chiesa intende porsi come luogo di comunione, di scambio, di vita salvata condivisa; è questa, però, una comunione che non si genera dal basso – ossia dagli uomini – ma è dono che viene dall’alto.
E, come ogni dono, anche questo interpella la libertà della persona e chiede d’esser accolto in modo gratuito. In altri termini, tale dono ha la sua origine in Dio, Colui che, solo, è in grado di porre il gesto del dono, rispettando pienamente la libertà dell’uomo.