Intervento alla veglia diocesana per il lavoro (Ditec / Quarto d'Altino, 10 maggio 2012)
11-05-2012

Veglia diocesana per il mondo del lavoro

Intervento del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia

(Ditec / Quarto d’Altino, 10 maggio 2012)

 

 

Chi si è comportato come prossimo? Chi non ha lasciato solo quel malcapitato (cfr. Lc 10, 25 – 37).

 

Questo momento di preghiera non vuol essere né dichiarazione d’impotenza umana né gesto consolatorio fine a se stesso. Non vuol essere momento di rabbia e di divisione. Vuole chiedere a ciascuno di noi, e a tutti coloro che sono parte in questa situazione, di porsi di fronte all’uomo come al proprio prossimo.

 

La nostra preghiera è una richiesta a Dio di verità e di giustizia per la nostra società, per tante famiglie. Non siamo qui per accusare ma per riflettere e trovare strade comuni e condivise.

 

Il Vangelo ci ha detto che, di fronte a chi versa in condizioni di necessità, bisogna rendersi prossimo. La nostra preghiera, per il cristiano, è un modo di rendersi prossimo. Anzi è il modo primo con cui chi ama Dio si rende prossimo ad ogni uomo.

 

La solitudine – il percepirsi soli -, unita alla mancanza di lavoro o a qualche bolletta di troppo, sta innescando una miscela esplosiva. Non si deve neanche sottovalutare l’effetto ’emulazione’: non di rado, gesti estremi si compiono sotto la spinta di notizie riguardanti il lavoro, cioè, qualcosa che ha a che fare con la propria dignità. Di fatto, la crisi sta diventando la ‘goccia’ che fa traboccare un bicchiere già colmo.

 

E’ fondamentale, quindi, che nessuno si senta solo: costruire reti che sostengano chi sta vivendo, personalmente e familiarmente, la destabilizzante esperienza della precarietà sociale a causa della mancanza di un reddito certo per sé e per i propri familiari.

 

Purtroppo, ormai, i gesti estremi dei ‘disperati del lavoro’ sono frequenti: riguardano il Nord e il Sud, i dipendenti, gli imprenditori e i disoccupati. Cosa si può dire, allora, di un’economia e di una società che ogni giorno devono confrontarsi con quello che sempre più assomiglia a un bollettino di guerra?

 

Una politica economica è il risultato di molte scelte e di molti contributi, anche a livello teoretico: dobbiamo cercare modelli nuovi. Sempre più la politica economica appare il risultato di scelte antropologiche e culturali di fondo; dietro una politica ci sono sempre gli uomini ed esprimono una cultura che, a sua volta, dice priorità.

 

Sta di fatto che quando non si pongono alla base del vivere sociale l’uomo e la sua dignità – come valori fondamentali – allora, prima o poi, viene presentato un conto troppo salato. In momenti di crisi – è ovvio – sono i più deboli, i più fragili, a pagare per primi e a pagare in modo inaccettabile.

 

La crisi – ogni crisi – pone in evidenza, per prime, le criticità che una situazione di benessere poteva, in qualche modo, coprire.

 

Leggo da un quotidiano di mercoledì 9 maggio 2012: Salerno – ‘Chiedo perdono a tutti. Visto che sono un fallito ho deciso di farla finita. Senza lavoro non posso vivere’. Il biglietto d’addio è stato trovato nella tasca di un uomo di 48 anni che si è suicidato ed è stata la figlia di 19 anni a scoprirne il corpo’ Quest’uomo è stato solo il primo in una nuova giornata di suicidi legate alle difficoltà economiche e che ha visto, sempre a Salerno, un altro morto, un disoccupato che si è sparato al petto. Nel Milanese, invece, un imprenditore si è ucciso impiccandosi per la crisi della sua azienda. Tutti e tre hanno lasciato messaggi per spiegare l’angoscia di un futuro tra debiti e disoccupazione.

 

Il mercato del lavoro, il diritto e la politica nell’attuale crisi economica non riescono a far fronte alla situazione. E’ necessario, quindi, porre con grande decisione e, sempre più, l’uomo al centro. Si tratta di affermare il primato del lavoro sul capitale.

 

Così, oggi, il fenomeno della globalizzazione richiede di promuovere la solidarietà interna e internazionale in modi nuovi: solidarietà intesa come fattore politico importante di coesione. La solidarietà interna e internazionale vanno declinate attraverso la proposizione reale e convinta dei principi che la dottrina sociale della Chiesa, da sempre, giudica fondanti: la dignità della persona, il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà.

 

Il mercato, le istituzioni e la società devono guardare con occhi diversi ai nuovi equilibri internazionali, tutti ancora da determinare in termini di politica economica. Si tratta, allora, di ripensare – all’interno di una nuova politica internazionale – i fondamentali, che fino ad ora hanno regolato la vita economica; si tratta di plasmare uno scenario che parta da una prospettiva antropologica differente.

 

Finora, anche se l’attuale crisi ha ridisegnato il volto di intere comunità nazionali (pensiamo alla situazione europea) e ha cambiato la vita di tante persone, non sembra che si sia ancora pervenuti, a livello politico internazionale e nazionale, a scelte culturali ed etiche capaci di rispondere ai problemi della nostra società, della società del domani, e ai problemi dei nostri figli che iniziano già con quelli dei loro genitori, oggi.

 

L’economia va ricentrata sull’etica e qui vediamo l’attualità e la grande lezione del nuovo beato Giuseppe Toniolo. Questo economista cattolico della fine dell’Ottocento e dei primi del Novecento seppe reagire in un contesto molto diverso, ma anche molto simile al nostro, indicando nell’uomo e nella centralità dell’etica ciò che avrebbe garantito un vero sviluppo non solo della società ma anche dell’economia.

 

La crisi economica mondiale conduce un numero sempre più grande di famiglie ad una precarietà crescente. E, quando cresce nella società l’impressione-convinzione di un’ingiustizia non adeguatamente contrastata, allora la crisi economica può – Dio non voglia! – trasformarsi in crisi-conflitto sociale, con tutto ciò che questo comporta.

 

Dobbiamo, sempre più, parlare in termini di responsabilità sociale. Un tempo la responsabilità sociale delle imprese si riassumeva nel fare profitti: è possibile e auspicabile che da una nuova concertazione nasca una classe imprenditoriale, politica e di studiosi dell’economia sempre più capace di abbracciare un capitalismo-sociale, proponendo soluzioni che forse la politica oggi stenta e fatica anche ad immaginare.

 

 

I nuovi assetti geopolitici mondiali non possono non essere considerati e la crisi dei mercati finanziari (dal 2008 in poi) chiede un ripensamento complessivo.

 

Appare sempre più strategica per le stesse imprese la capacità di integrare le preoccupazioni della società e le sfide ecologiche poste dai differenti contesti in cui le imprese operano. Si dovrebbe considerare con molta attenzione il vantaggio, anche economico, che può derivare alle stesse imprese se si passasse in modo condiviso – da parte dell’economia, della politica, del mercato – a considerare non che ‘ciò che è buono per l’impresa è buono per la società’ ma che ‘ciò che è buono per la società è buono per l’impresa’.

 

Insomma, ci può essere un modo diverso di produrre profitto e generare valore gestendo e prevenendo i rischi di un contrasto e di un contesto sociale che rischia di diventare ingovernabile.

 

Certo l’economia, l’impresa, la politica, l’etica, una chiara antropologia che pone l’uomo e la sua dignità al centro di tutto devono tornare a parlarsi e a confrontarsi in una sorta di alleanza in cui tutti sono chiamati a fare la loro parte e a portare il loro contributo.

 

La dottrina sociale della Chiesa: una crescita di tale consapevolezza nella comunità cristiana, nelle nostre parrocchie, può aiutare a prepararci culturalmente ed eticamente ad una società in cui l’uomo – considerato a 360° – sia la misura piena e vera della società, del mercato e della politica.

 

Chiediamo al Signore che attraverso questa nostra preghiera, tramite le nostre parole e il nostro stile di vita, maturi nella nostra società questa consapevolezza: tutto a favore dell’uomo, nulla contro la dignità dell’uomo.

 

Per riprendere il Vangelo di Luca, che abbiamo ascoltato: amare ogni uomo come se stesso.

 

 

Al termine della veglia il Patriarca è nuovamente intervenuto con queste parole:

 

Nella preghiera universale dei fedeli, raccomando il mondo del lavoro. Guardiamo non solo al nostro territorio, ma in modo particolare a chi, con noi, condivide la vita in questa Provincia e in questa Regione. Ricordiamo chi, nella disperazione, ha compiuto il gesto estremo e ricordiamo i familiari che porteranno traumaticamente in loro, fino alla fine della vita, questo dramma. Raccomando ai parroci – domanderò al delegato ad omnia che trasmetta loro questa richiesta – di ricordare nelle domeniche di maggio, nella preghiera universale dei fedeli, la situazione che stiamo vivendo.