Intervento alla marcia - veglia diocesana per la pace (Jesolo, 27 gennaio 2007)
27-01-2007

MARCIA PER LA PACE

RIFLESSIONE DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA

Jesolo, 27 gennaio 2007

1. Il nostro camminare silenzioso è sfociato nella richiesta di perdono. Come mai? Proprio perché, come ci insegna il Papa nel Messaggio della Pace di quest’anno, il cuore della pace è la persona umana. Non si può essere in pace senza mettersi in gioco personalmente. In un mondo in cui non c’è pace, nessuna parola sulla pace è vera se non passa dal riconoscimento del proprio peccato e dalla domanda del perdono misericordioso.
La nostra tentazione più grave ‘ anche questa sera ‘ è credere che questo richiamo sia ovvio, così lo diamo per scontato. In fondo non ci crediamo perché pensiamo che non sia concreto. Così facendo documentiamo a noi stessi che siamo uomini di poca fede. Non crediamo veramente che Dio guida la famiglia umana e la storia. Così non preghiamo autenticamente. Il nostro pregare per domandare la pace scade in un chiedere tanto per chiedere: non è l’umile preghiera che può produrre in ogni momento il miracolo della pace.
«Creati a immagine e somiglianza di Dio». Con queste parole il Libro della Genesi identifica il nucleo adamantino dell’essere umano, la radice più profonda del suo valore e della sua insopprimibile dignità. Dio, il Padre, Colui che non aveva assolutamente bisogno di noi, ci ha voluti, creati e redenti. Ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. Ecco perché ognuno di noi ‘ se tornasse bambino ‘ proverebbe stupore dinanzi ad ogni uomo e ad ogni donna che incontra.

2. Eppure la cronaca quotidiana sembra contestare questa fondamentale verità, propria della concezione giudaica e cristiana circa il valore della persona. Com’è possibile che l’uomo, se creato a immagine e somiglianza di Dio, sia protagonista di guerre, di atti di terrorismo, di ingiustizia, della corsa di armamenti, della tremenda peste della fame…?
Questa sera non possiamo tacere. Se la nostra persona dev’essere il cuore della pace non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle tragedie che insanguinano il pianeta.
Pensiamo al «conflitto che mesi fa ha avuto per teatro il Libano del Sud, dove l’obbligo di proteggere e aiutare le vittime innocenti e di non coinvolgere la popolazione civile è stato in gran parte disatteso» , e pensiamo al doloroso travaglio del Libano di oggi. Pensiamo al conflitto che ormai logora da anni l’amata Terra Santa; pensiamo alla «spaventosa violenza che insanguina» l’Iraq e continua in Afganistan; pensiamo al «dramma del Darfour [che] prosegue e si estende alle regioni di confine del Tchad e della Repubblica Centroafricana» ; pensiamo ai bambini delle bidonvilles, delle favelas e degli slums di tutto il mondo; pensiamo al problema del disarmo. In questo ambito «si moltiplicano sintomi di una crisi progressiva, legata alle difficoltà di negoziati sulle armi convenzionali così come sulle armi di distruzione di massa e all’aumento delle spese militari su scala mondiale» . Pensiamo ai «continui attentati portati alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale» .
Voglio però ricordare, tra i tanti segni di speranza, l’iniziativa della Fondazione Giustizia e Solidarietà (Fgs) creata nel 2003 . Questa ha realizzato un lavoro educativo e di sensibilizzazione in Italia in merito al problema del debito internazionale e, contemporaneamente, come ha ricordato la delegazione della Caritas Italiana al Forum sociale Mondiale appena conclusosi a Nairobi, ha promosso due operazioni di riconversione del debito con la Guinea e lo Zambia . A Nairobi la Caritas italiana ha documentato come, con questo stile di azione, il «debito da ostacolo si trasforma in opportunità di sviluppo». Nel contempo la Caritas italiana ha indicato coraggiose linee per una concreta azione futura in questo ambito come in quello della lotta contro HIV/AIDS, la malaria, la tratta di esseri umani, soprattutto donne e bambini.

3. Far memoria delle tragedie che oggi minacciano la pace senza dimenticare quelle passate (oggi è la Giornata della memoria della Shoah). Denunciare quanto offende la dignità di ogni uomo, in particolare dei più poveri e deboli, ci spinge a comprendere che non può esistere nessuna parola vera sulla pace che non passi dal riconoscimento del proprio peccato e dalla domanda di misericordia.
Ma dove ci conducono la memoria ed il perdono? Non è un caso che il Santo Padre abbia voluto intitolare il Messaggio per la Giornata della Pace 2007 ‘La persona umana, cuore della pace’. In questo modo Egli ci invita con energia a cambiare i nostri stili di vita. Liberamente ma decisamente siamo invitati a scegliere nuovi stili di vita per mettere in moto processi di cambiamento reale non solo a livello personale ma anche a livello di un nuovo ordine mondiale.
Dobbiamo però praticare stili di vita integrali. La tentazione anche tra noi cristiani è quella di separare «i grandi temi della pace, della non violenza, della giustizia per tutti a cominciare dai più poveri e del rispetto del creato» da quei «temi non meno essenziali della vita umana, della famiglia e del matrimonio» . Perché non è possibile cambiare i nostri stili di vita solo parzialmente. La vita è sempre una e non possiamo ridurla a compartimenti stagni!

4. La nostra marcia per la pace è un’occasione privilegiata per vivere quella ripresa che è il cuore della tensione morale del cristiano. Non a caso essa si svolge qui a Jesolo. È inserita nella ‘Sosta pastorale’. Cambiare stili di vita significa allora assumere in prima persona le quattro finalità della Visita pastorale. Ciò favorirà la Ripresa della verità di noi stessi, del nostro essere a immagine e somiglianza di Dio.
Nel racconto della creazione dell’uomo l’agiografo mette bene in evidenza il nostro essere stati creati sempre e solo o come uomo o come donna, cioè sempre situati nella differenza sessuale e a partire da essa strutturalmente chiamati all’amore come autentico dono di sé e destinato alla fecondità. I temi della vita, del matrimonio e della famiglia ‘ che esprimono nel vissuto concreto della nostra esistenza l’essere a immagine di Dio ‘ sono la palestra fondamentale per educarsi alla vita comune e alla edificazione della società civile. Per imparare ad essere donne e uomini di pace.
Anche la responsabilità di coltivare e custodire il creato incomincia dal riconoscimento del disegno di Dio sull’uomo/donna, dalla cura della vita, del matrimonio e della famiglia. Se si parte da questi aspetti primari della vita della persona si giunge ad una adeguata azione sociale e politica in favore di una pace possibile, giusta e rispettosa della libertà di tutti e di ciascuno.
Chiediamo al Dio di misericordia che il nostro camminare silenzioso di questa sera, la nostra supplica, la nostra invocazione di perdono diventino normali nel nostro quotidiano stile di vita. Ci rendano costruttori di pace, in grado di manifestare ai nostri fratelli uomini il fascino dell’essere cristiani.