Consulta triveneta delle aggregazioni laicali
“Laici credenti dopo Aquileia 2”
(Sala S. Apollonia – Venezia, 12 maggio 2012)
Intervento del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia
Molti, tra i presenti, vengono dall’esperienza del secondo convegno ecclesiale di Aquileia: una responsabilità e una sfida alla quale il Signore ci chiede di rispondere come singoli e comunità.
Ad Aquileia abbiamo visto convenire le nostre Chiese – pastori e fedeli insieme – impegnati ad ascoltare lo Spirito per una nuova evangelizzazione. Tornano alla mente le parole di Gesù: ‘Se due di voi due sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà‘ (Mt 18,15).
Il tempo pasquale durante il quale si è celebrato il convegno l’ha, indubbiamente, arricchito; le nostre Chiese, così, si sono confermate reciprocamente nella certezza che il Risorto precede sempre e mai lascia da soli coloro che manda in missione.
Questa è la cifra che esprime al meglio il cammino che le nostre Chiese del Nordest – e in esse i christifideles laici – hanno compiuto durante il convegno svoltosi dal 13 al 15 aprile 2012.
Il primo convegno di Aquileia era stato celebrato più di vent’anni fa, era il 1990; da quella prima esperienza ecclesiale – che per la prima volta vide convenire le Chiese del Nordest – ci separano oltre vent’anni. Oggi è qui con noi chi, di tale evento, fu presenza e artefice, monsignor Giuseppe Dal Ferro; Aquileia 1 si espresse attraverso la lettera pastorale dei Vescovi del Triveneto: La croce di Aquileia. I tre grandi orientamenti, allora, riguardavano: la nuova evangelizzazione, la vita nel pluralismo della società civile e l’impegno per ricostituire il tessuto sociale.
Così Aquileia 1 e 2 – ieri come oggi – rimandano al primo annuncio della fede in terra veneta; Aquileia rimane sempre, il grembo da cui sono germinate le nostre Chiese; ad Aquileia, per la prima volta, è risuonato il Vangelo di Cristo; così, fuori da facili retoriche, Aquileia diventa il forte richiamo a quell’inizio che, oggi, più che mai, dobbiamo tenere desto nel nostro tempo indicato come post-moderno, postcristiano o di secolarizzazione diffusa.
Anche per noi, oggi, suona attualissimo il richiamo che duemila anni fa echeggiò alle orecchie di Paolo a Corinto: ‘Una notte in visione il Signore disse a Paolo. ‘non aver paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città.’ Così Paolo si fermò un anno e mezzo, insegnando fra loro la parola di Dio.‘ (At 18,9-11)
Così, ‘inizio’ qui va inteso nel senso greco del termine, ossia, come l’archè, vale a dire il principio da cui, non solo si dipana lo svolgimento cronologico, il seguito, ma come principio inteso nel senso di ‘radice’ che origina il futuro, rimanendo sempre fedele a sé.
‘Inizio’, quindi, non solo come ciò che viene prima ma, piuttosto, come entità valoriale che permane nello svolgimento cronologico e che si sviluppa sempre nella fedeltà; ed è proprio nella fedeltà alla sua origine che perdura, nonostante ogni svolgimento temporale, che ogni vero sviluppo chiede d’essere confrontato col suo inizio.
Oggi – nell’epoca detta post-secolare -, in cui il credere, secondo taluni, deve esser sostituito da una spiritualità che non sia più legata alla fede della Chiesa ma, tutto al più, al soggetto (l’io, e non il noi) che ormai va inteso autonomamente così da confluire in una vaga, non meglio precisata spiritualità; in proposito sembra ovvio chiedersi con chi o con che cosa s’incontrerà un tale uomo che si autoconsegna alla propria soggettività intesa in modo sempre più individuale o, per l’esattezza, individualistica.
Aquileia 2 si è celebrata nell’imminenza dell’Anno della fede – dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013 – indetto da Benedetto XVI per ricordare il cinquantesimo anniversario della solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Volentieri le Chiese particolari, in cui si manifesta la Chiesa universale e che, a loro volta, sono l’espressione di quella, s’inseriscono nel cammino della Chiesa che presiede, per usare l’espressione di Papa Clemente I – già alla fine del primo secolo – alla carità universale.
In ogni modo, il tema del nostro incontro – del cui invito ringrazio ancora monsignor Giuseppe Dal Ferro e la professoressa Giuseppina Bonaldo Millino – richiama ed esprime bene gli ambiti pastorali circa i quali il convegno ecclesiale voleva riflettere, innanzitutto, la nuova evangelizzazione promossa dalle quindici chiese del Nordest, poi, il dialogo con le culture del nostro tempo insieme alla promozione del bene comune.
A tale proposito colpisce come sia Aquileia 1 sia Aquileia 2 ripropongano – a distanza di oltre vent’anni, approfondendone la prospettiva – le stesse tematiche; questo, la dice lunga sul fatto che siamo innanzi a problemi veri, reali e, per questo, ricorrenti sia a livello teologico, ecclesiologico, spirituale e pastorale.
Così, sia per l’azione pastorale, sia per il richiamo a una società pluralista, sia per la ricostruzione del tessuto sociale e per la nuova evangelizzazione, Aquileia 2 è il naturale prosieguo di Aquileia 1; con accenti diversi, motivati da contesti socio culturali e storici differenti, le due assemblee parlano, appunto, di nuova evangelizzazione, di dialogo con la culture e attenzione all’interesse generale.
A cinquant’anni dalla solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, si deve ricordare come il Magistero della Chiesa, proprio in tale assise, presentò, in maniera ampia e compiuta, come mai prima, la dottrina del laico cristiano. I testi che ne trattano sono noti: la costituzione dogmatica Lumen gentium, la costituzione pastorale Gaudium et spes e il decreto Apostolicam actuositatem.
Quest’anno ricorrono anche i venticinque anni dalla celebrazione del Sinodo del 1987, che aveva come tema: i fedeli laici e la loro vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo, a vent’anni dal Concilio Vaticano II.
L’esortazione apostolica Christifideles laici ne è stato il frutto maturo; in essa si delinea il profilo dei laici cristiani a partire da una lettura scritturistica-pastorale.
Giunti a questo punto, sarà opportuno rimandare a quanto la chiesa ha voluto affermare circa la vocazione e la missione dei fedeli laici, nella Chiesa e nel mondo.
Tutto parte dalla comunione ecclesiale come ricorda Lumen gentium che presenta la Chiesa, innanzitutto, come un mistero, un dono, una realtà che non è costruita da mano d’uomo; la chiesa, infatti, è la Sposa di Cristo, il Suo corpo, la nostra madre e maestra.
In tal modo, le recenti affermazioni del Magistero conciliare e post-conciliare sulla vocazione e missione dei fedeli laici, vanno intese a partire da questa comunione previa che mai va data per scontata e chiede d’essere verificata, se il caso, potenziata come premessa dottrinale, teologica e pastorale ad ogni altro dire e fare ecclesiale.
Di seguito, sempre a proposito dei fedeli laici, si rimanda alla costituzione Lumen gentium, al n. 31, riassumendone il pensiero, ricaviamo l’idea che i fedeli laici, attraverso il sacramento del battesimo, sono soggetti vivi e attivi del popolo di Dio, caratterizzati dal triplice: sacerdotale, regale e profetico.
Essi vivono nel mondo manifestando le loro specifiche ricchezze, mentre per i chierici l’esercizio del ministero ordinato – al quale sono deputati tramite l’ordinazione – può apparire come aggiunta o precisazione ulteriore, per i fedeli laici, invece, si tratta di ‘missione tipica’; essi, infatti, sono chiamati a cercare il Regno di Dio per il tramite delle realtà mondane, indirizzandole e disponendole secondo il progetto divino.
La consonanza fra Lumen gentium e l’esortazione apostolica Christifideles laici appare da quanto si afferma, in maniera sintetica, il testo post-sinodale al numero 15: ‘La condizione ecclesiale dei fedeli laici viene radicalmente definita dalla loro novità cristiana e caratterizzata dalla loro indole secolare‘ (n.15).