Intervento alla consegna del Premio Robert Bresson al regista Ken Loach (Mostra del Cinema di Venezia, 4 settembre 2012)
04-09-2012

Lido di Venezia (Hotel Excelsior), 4 settembre 2012

 

Consegna del Premio Robert Bresson

 

Intervento di S.E. Monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia

 

 

 

Accompagno la consegna del premio Robert Bresson al regista Ken Loach con alcune riflessioni che ci possono aiutare a inquadrarne la motivazione.

 

La nostra epoca privilegia le persone di successo, gli uomini-guida, le donne-simbolo. Per tale aspetto, a dire il vero, tutte le epoche – seppur in modi differenti –  coincidono con la nostra.

 

Come si suole dire, la storia la scrivono i vincitori e, proprio per questo, la storia fatica così tanto a farci comprendere qualcosa dei nostri errori passati, dei drammi e delle tragedie anche recenti che, di fatto, si ripetono senza che le nuove generazioni siano aiutate a capire chi sia veramente l’uomo.

 

Anche per questo la guerra, come metodo di soluzione dei problemi  umani, purtroppo, non è mai qualcosa di superato; la tragedia della guerra rimane, infatti, la ‘lezione’ che gli uomini, i popoli e le nazioni non apprendono mai abbastanza.

 

Sfuggire alla retorica di un mondo di vincitori, posare lo sguardo sui vinti della vita, su quelli che vengono definiti gli ultimi, su coloro che abitano immersi nel degrado delle periferie delle metropoli di quello che una volta era il ricco Occidente o nelle periferie delle megalopoli dei paesi del Terzo o del Quarto Mondo, posare lo sguardo sui ‘senza casa’, su quanti che – perso il lavoro – hanno smarrito anche la loro dignità umana, posare lo sguardo sui ‘precari della vita’, insomma, porre al centro un’umanità condannata ad essere di serie B, tutto questo ci aiuta a capire l’uomo al di là di quello che veicolano gli accattivanti messaggi pubblicitari e tante rappresentazioni che ci ‘raccontano’ l’uomo inteso come vincitore della storia e padrone indiscusso del suo destino.

 

Consideriamo, quindi, una lezione oltremodo opportuna quella che ci propone una cinematografia che, in modo costante, si adopera ad illuminare questa ‘zona oscura’ dell’umanità e contribuisce a guardare da una differente prospettiva persone che non interessano la società e la cultura del successo, dei vincitori e dei personaggi-simbolo.

 

Per questo suo coraggio diciamo la nostra gratitudine a Ken Loach che, da sempre, ha fatto entrare nel suo impegno di regista il riscatto degli ‘ultimi’, in particolare dei lavoratori sfruttati, dei precari e degli immigrati alla ricerca di un lavoro e di un riscatto sociale.

 

Sotto lo sguardo attento, pensieroso e partecipe di Ken Loach, questi volti e queste vicende umane vengono riscritte e, ai nostri occhi, assumono una nuova dignità non legata al successo e al potere ma al recupero dell’uomo e della sua dignità fondamentale. Si tratta, in tal caso, di un ritorno all’essenziale che privilegia l’uomo in quanto tale, al di là e oltre tutte quelle sovrastrutture che confondono l’essere con l’avere e con l’apparire.

 

Questi volti e queste vicende narrate dicono, in un mondo che riscopre la centralità dell’uomo, che la possibilità di una redenzione – e in prospettiva teologica della Redenzione – è la grande opportunità e il grande riscatto che illumina ognuno di questi volti e le rispettive vicende.

 

Possiamo, dunque, affermare che in modo particolarissimo il concetto cristiano di giustizia – inteso come opportunità data ad ogni uomo e non solo come astratta regolamentazione di diritti e doveri – ci impone di andare oltre le logiche umane ormai acquisite e date come insuperabili dalla nostra cultura che, in realtà, non riesce a immaginare e a produrre nulla oltre gli stereotipi di cui si nutre.

 

In una società e in una cultura che – come spesso ricorda Benedetto XVI – fatica sempre più ad allargare gli spazi della ragione, il potente mezzo del cinema può aiutarci a riflettere attraverso l’uso sapiente delle immagini, dei suoni, delle storie narrate.

 

E’ quanto Giulio Bevilacqua affermava al termine della prefazione all’ancora attualissimo testo di Romano Guardini ‘Lo spirito della liturgia’ che, a proposito del cinema – già nel luglio del 1961 – così si  esprimeva: ‘Oggi la concezione della vita, la sua effettiva orientazione deriva dall’immagine. Forse dopo orge di astrazioni, l’uomo ha creduto questa la sola via per ritornare al reale. Così il cinema è divenuto il più formidabile strumento per la comunicazione universale delle idee, – per la sua tecnica meravigliosa che fonde visione, suono, colore, ritmo, parole, che, attraverso il doppiaggio, comunica con tutte le razze’‘ (R. Guardini, Lo spirito della liturgia, Morcelliana, Brescia 1980, pag.14).

 

Mentre viene consegnato il premio Robert Bresson al Regista Ken Loach, auguro a tutti una fruttuosa prosecuzione dei lavori di questa 69^ edizione della prestigiosa ‘Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia‘.