Intervento al convegno 'Volontariato oggi: possibile un linguaggio condiviso della solidarietà e dell'inclusione sociale?' nell'ambito di Special Olympics (Venezia, 27 maggio 2014)
27-05-2014
Convegno sul tema ‘Volontariato oggi: possibile un linguaggio condiviso della solidarietà e dell’inclusione sociale?’, nell’ambito di Special Olympics Italia / Venezia 2014
(Venezia / Auditorium Marcianum, 27 maggio 2014)
 
Intervento del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia
Carissimi,
ringrazio tutti i presenti e, in particolare, gli organizzatori che mi hanno coinvolto in questa comune riflessione. Grazie a chi è stato l’ideatore del convegno, ossia don Wanni Manzin.
Il titolo è eloquente: ‘Volontariato oggi: possibile un linguaggio condiviso della solidarietà e dell’inclusione sociale?’.
Innanzitutto mi pare che Special Olympics sia proprio la cornice ideale per dibattere questo tema.
Già i termini singolarmente considerati ribadiscono il senso e la dinamica complessivo dell’intero discorso: ‘volontariato’, ‘linguaggio condiviso’, ‘solidarietà’, ‘inclusione sociale’.
Chi ha partecipato all’inaugurazione, ieri sera, nella splendida cornice di Piazza San Marco non può non convenire su quanto l’evento organizzato da Special Olympics sia estremamente gioioso, coinvolgente capace di generare ‘inclusione sociale’ e disegnare un orizzonte nuovo da abitare insieme.
Il giuramento degli atleti – ‘Che io possa vincere ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze!’ – è una lezione di vita.
Sono espressioni di una nuova saggezza di vita, utile affinché l’uomo si ritrovi – come spesso ci ricorda Papa Francesco – in una cultura dell’inclusione e non dello scarto.
 I Giochi estivi Special Olympics Italia 2014 arrivano a toccare quest’anno due città per me – come potete ben immaginare – molto importanti e care.
Special Olympics, infatti, si svolge in questi giorni a Venezia, di cui sono vescovo; nel prossimo mese di giugno sarà con le sue manifestazioni sportive a La Spezia di cui sono stato vescovo per quattro anni dal 6 dicembre 2007 al 31 gennaio 2012.
Questa circostanza per un verso mi sorprende, per un altro è per me motivo di riflessione.
Colgo l’occasione per rinnovare il mio saluto cordiale e il caloroso benvenuto al Presidente Romiti, a tutta la presidenza, e ai loro collaboratori.
Vorrei iniziare soffermandomi sul termine ‘Special‘.
 Sì, in realtà, qui tutto è ‘speciale’; sono ‘speciali’ i Giochi, ma sono speciali a quanti vi prendono parte. Mi riferisco agli atleti, alle loro famiglie, agli atleti, agli accompagnatori, agli organizzatori, alle tante persone impegnate, a vario titolo, in questo evento e, ovviamente, anche a quanti ne saranno semplici ‘spettatori’.
Auguro a tutti d’esser sempre ‘speciali’, come la manifestazione Special Olympics Italia 2014 ci ricorda.
‘Speciali’, guardando all’impegno di ciascuno di voi nel campo dell’educazione e dello sport. Infatti, ‘indicate con una bella testimonianza l’orizzonte migliore e il modo più vero per guardare alle vicende della vita, sempre consapevoli delle proprie forze ma anche dei propri limiti e mossi dall’intento di affrontare con lealtà, generosità e determinazione le sfide di ogni giorno’.
Possiate, allora, raggiungere – nello sport e nella vita – i traguardi più grandi e le vittorie più belle e più vere.
         In questo Convegno siamo chiamati a soffermarci, in modo particolare, sulla realtà del volontariato e sulle persone che lo costituiscono e lo animano. Ci stimola, anche, una domanda che rappresenta la questione centrale del nostro incontro, vale a dire: è possibile un linguaggio condiviso della solidarietà e dell’inclusione sociale?
         Una prima considerazione può esser così esplicitata: il terreno comune su cui dobbiamo poggiare è la nostra condivisa passione per il bene dell’uomo, di ogni uomo, nella consapevolezza – spesso dimenticata o addirittura cancellata dalla cultura moderna e contemporanea – che l’uomo è dotato di molte risorse e potenzialità ma, nello stesso tempo, è sempre un essere ferito, fragile e bisognoso di salvezza.
La convinzione è che ogni persona ha valore, anzi ‘è’ un valore reale, unico, irripetibile perché porta con sé un dono unico e originale.
La persona, poi, per chi crede, è dono e creazione sublime di Dio che – quando, appunto, ‘plasmò’ l’uomo, maschio e femmina, ‘a sua immagine’ – contemplò il tutto e vide che ‘era cosa molto buona’ (cfr. Gen cap. 1). E, comunque, per la sua peculiarità nel cosmo, si pone come realtà unica e irripetibile.
Per questo l’uomo – ogni uomo, qualunque sia la sua storia, le sue vicende personali – viene sempre prima delle sue doti reali o presunte, delle sue prestazioni, dei risultati che è in grado di conseguire. Guai se la nostra società se ne scorda!
La persona viene prima della politica, viene prima dell’economia, del lavoro e della tecnica che, pure, hanno le loro esigenze e – com’è evidente – la loro importanza.
Lo ripeto: ogni uomo, ogni uomo viene prima di quanto è in grado di realizzare, anche sul piano fisico, estetico, culturale e intellettuale.
Sono convinto che ogni atto di volontariato abbia, nel profondo, questo principio antropologico che, poi, prende immediata forma operativa in criteri orientativi dell’azione morale e quindi in gesti e parole, anche semplici, che caratterizzano la vita quotidiana e l’impegno del ‘volontario’.
Desidero richiamare alla vostra attenzione un insegnamento – tutto da riscoprire – di Papa Benedetto XVI sulla straordinaria rilevanza che il ‘dono’ e il ‘donare’ hanno per la vita delle persone e, specialmente, per il perseguimento del bene comune in una società che voglia crescere in benessere e umanità.
‘La carità nella verità – scriveva nell’enciclica Caritas in veritate – pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza. L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza. Talvolta -aggiungeva però – l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società’ (Papa Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 34).
Parlando, poi, della stretta connessione tra carità, giustizia e bene comune, affermava: ‘La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del ‘mio’ all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è ‘suo’, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso «donare » all’altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia. (‘) Da una parte, la carità esige la giustizia: il riconoscimento e il rispetto dei legittimi diritti degli individui e dei popoli. Essa s’adopera per la costruzione della ‘città dell’uomo’ secondo diritto e giustizia. Dall’altra, la carità supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. La ‘città dell’uomo’ non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione’ (Papa Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 6).
Poco più avanti, con grande intuizione, il Santo Padre osservava guardando l’uomo e la società a 360°:  ‘‘ lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità’.
E, per essere ancora più chiaro, subito aggiungeva: ”anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della verità’ (Papa Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, nn. 34 e 36).
Senza questa fondamentale logica del ‘dono’ – che il ‘volontario’ e le realtà di volontariato esprimono in mille, creative, forme – le persone sono lasciate sole e indifese, la società non cresce e non va avanti e il bene comune non prende forma concretamente.
Perché ciò che ‘salva’ e fa compiere a tutti un salto di qualità è, appunto, il ‘dono’ che ‘per sua natura oltrepassa il merito’, poiché ‘la sua regola è l’eccedenza’ (Papa Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 34).
Anche le crisi finanziarie ed economiche che, ormai da parecchio tempo, riversano i loro effetti negativi sulla vita delle persone e delle famiglie possono generare, tuttavia, un’opportunità realistica di cambiamento che dobbiamo assolutamente cogliere e che nasce dall’esigenza di rivedere taluni nostri stili di vita e rimettere al centro, finalmente, la persona umana vista non come pura astrazione ma nelle sue relazioni concrete e fondamentali, ad iniziare dall’ambito centrale della famiglia. 
Per questo è importante promuovere – ad ogni livello – delle positive occasioni di incontro, coesione e condivisione che aiutino e sostengano tutti nel ricercare, soprattutto in questi tempi difficili, le strade migliori per portare a compimento la propria umanità all’interno delle quotidiane relazioni personali, familiari, sociali, lavorative ed economiche.
Il ‘genio’, la ‘cultura’ del volontariato, da qualunque estrazione provenga, ha spesso dimostrato proprio qui la sua straordinaria rilevanza anche politica, sociale ed economica.
In tale ambito diventano così concreti ed efficaci – e quindi da mettere in particolare evidenza – i valori fondanti della dottrina sociale della Chiesa che – oggi più che mai – indica a tutti, con forza, la grande dignità della persona umana, il necessario legame tra sussidiarietà e solidarietà, l’impegno costante per il bene comune.
‘La parola ‘solidarietà’ – dice Papa Francesco nell’esortazione della Evangelii gaudiumsi è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 188).
Nello stesso testo vi è, però, anche un passaggio importante – che inserisce, evidentemente, anche un preciso sguardo di fede che si posa ed è offerto ad ogni uomo – che ci aiuta a riprendere e a rafforzare quanto detto poco fa: ‘Per condividere la vita con la gente e donarci generosamente, abbiamo bisogno di riconoscere che ogni persona è degna della nostra dedizione. Non per il suo aspetto fisico, per le sue capacità, per il suo linguaggio, per la sua mentalità o per le soddisfazioni che ci può offrire, ma perché è opera di Dio, sua creatura. Egli l’ha creata a sua immagine, e riflette qualcosa della sua gloria. (‘) Al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e la nostra dedizione. Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita’ (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 274).
Carissimi, in conclusione desidero richiamare alla vostra attenzione quanto san Giovanni Paolo II, nel messaggio inviato a tutti i volontari del mondo in occasione dell’Anno mondiale del volontariato (2001), scriveva: ‘Cosa spinge un volontario a dedicare la sua vita agli altri? Anzitutto quel moto innato del cuore, che stimola ogni essere umano ad aiutare il proprio simile. Si tratta quasi di una legge dell’esistenza. Il volontario avverte una gioia, che va ben oltre l’azione compiuta, quando riesce a dare qualcosa di sé agli altri gratuitamente. Proprio per questo, il volontariato costituisce un fattore peculiare di umanizzazione: grazie alle svariate forme di solidarietà e di servizio che promuove e concretizza, rende la società più attenta alla dignità dell’uomo e alle sue molteplici aspettative. Attraverso l’attività che svolge, il Volontariato giunge a sperimentare che, solo se ama e si dona agli altri, la creatura umana realizza pienamente se stessa’ (Papa Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione dell’Anno internazionale del volontariato, 2001, n.1).
Insieme al santo padre Giovanni Paolo II (con le sue stesse parole) anche io, oggi, a tutti coloro che vivono la realtà del volontariato, in tutti gli ambiti del vivere quotidiano, dico: ”grazie per il vostro incessante impegno. Proseguite con coraggio nel vostro cammino; le difficoltà non vi fermino mai’ (Papa Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione dell’Anno internazionale del volontariato, 2001, n. 4).
E, così, riscoprendo questi tratti comuni e decisivi del mettersi a disposizione degli altri e dell’accompagnare / del vivere insieme l’umano cammino potremo riprendere e, anzi, percorrere, in modo più risoluto le strade della solidarietà e dell’inclusione sociale – a cui accennava il titolo del nostro incontro – e soprattutto quelle vie di pace, di concordia sociale, di giustizia e di bene comune oggi tanto necessarie e preziose.