Interventi del Patriarca in occasione del pellegrinaggio dei giovani alla Madonna della Salute (Venezia, 20 novembre 2012)

20-11-2012

Patriarcato di Venezia

 

Ufficio per il coordinamento della pastorale giovanile

 

 

Pellegrinaggio dei giovani alla Madonna della Salute[1]

 

20 novembre 2012

 

 

 

 

 

Intervento del Patriarca mons. Francesco Moraglia nella Basilica di San Marco

 

 

Iniziamo il pellegrinaggio guardando a Maria: quando Dio ha voluto ricreare il mondo ha guardato a una ragazzina di 14-15 anni. Questo è il primo messaggio forte che dei giovani devono ricevere in una società che pensa, invece, che le cose importanti si debbano fare da adulti.

 

 

Quando Dio vuole rigenerare l’umanità a partire da suo Figlio, sceglie una giovane di 14-15 anni. C’è un messaggio in questa scelta di Dio: il tempo, la storia, le scelte degli uomini, il camminare lungo le strade può anche ingombrare l’anima, la mente e il corpo. E allora il messaggio forte che ci viene dato all’inizio di questo Anno della Fede è il rispetto della nostra giovinezza, della vostra giovinezza. Dio ha scelto la giovinezza e la verginità per confondere i potenti del mondo. Noi non avremmo Gesù Cristo, non avremmo la salvezza, se questa adolescente di 14-15 anni non avesse detto il suo ‘sì’ a Dio.

 

 

Se prendiamo in mano il Vangelo secondo Giovanni (il Vangelo più ‘teologico’), noi vediamo che al secondo capitolo, le nozze di Cana, appare subito lei: Maria. Vorrei, però, farvi notare una cosa: il brano delle nozze di Cana – in cui la protagonista dopo Gesù è lei – inizia dicendo ‘tre giorni dopo’. E, se tornate indietro, trovate che l’evangelista aveva già detto ‘il giorno dopo’: ‘Il giorno dopo [Giovanni], vedendo Gesù venire verso di lui, disse «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!»’ (Gv 1,29). E poi ancora: ‘Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!»’ (Gv 1,35-36). E ancora un’altra volta: ‘Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea’ (Gv 1,43a). Poi le nozze di Cana tre giorni dopo.

 

 

Allora, se scorriamo questi ‘tre giorni dopo’ e gli altri ‘il giorno dopo’, noi ci troviamo nel settimo giorno, il giorno in cui Dio aveva cessato l’opera creatrice. Giovanni riprende l’opera della ricreazione il settimo giorno e la protagonista è questa fanciulla di 14 anni.

 

Fare un pellegrinaggio non vuol dire coprire una distanza fisica: vuol dire andare verso Dio. E Dio oggi ci parla attraverso quest’adolescente di 14 anni, la quale dava del ‘tu’ a Dio.

 

 

È sintomatico il dialogo con Gesù: ‘Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»’ (Gv 2, 3-5). E l’evangelista commenta: ‘Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui’ (Gv 2,11).

 

 

Maria è all’inizio della storia della salvezza. Maria è quella creatura che, appartenendo totalmente a Dio, ci insegna la preghiera, l’immediatezza del rapporto con Dio (‘Non hanno più vino’ fate quello che vi dirà’). Solamente chi appartiene a Dio, solamente chi ha scelto Dio, solamente chi ha dimestichezza con Dio può pregare e rivolgersi a Dio come Maria.

 

 

Noi andiamo alla Basilica, al santuario della Salute, e ricordiamo l’intervento di Maria per il nostro popolo. Il segno grande, a cui noi assistiamo da secoli, è che questo popolo continua numeroso – anche all’interno delle difficoltà del credere – a guardare a lei, ad andare alla Madonna della Salute.

 

 

In questo Anno della Fede dobbiamo avere il coraggio di compiere i gesti della fede, le scelte della fede. Maria ci è maestra anche in questo perché ha fatto la scelta dell’appartenenza totale a Dio: la verginità. La verginità non è un ‘no’ – chi la intendesse così non ha capito -; la verginità è un ‘sì’, è un silenzio, è un’attesa, è un rischio. La fede è un rischiare con Dio. Maria ha rischiato, lo ha scelto, ha voluto appartenergli. E ha dato il segno grande dell’appartenenza a Dio.

 

 

Quando Dio ci interpella nella fede non chiede mai qualcosa di collaterale alla nostra vita, come quelle preghiere in cui noi diciamo a Dio quello che Dio deve fare, quelle elemosine che non toccano niente della sostanza della nostra disponibilità economica’

 

 

La fede è un po’ come il camminare. Quale gesto è più spontaneo del camminare? Incominciate, invece, a descrivere la persona che cammina, l’agilità di un corpo che in certi momenti appoggia su pochi centimetri ed è un equilibrio di statica e di dinamica mentre procede verso la meta. Questa è la fede, qualcosa che ci sfugge ma ci prende totalmente proprio perché ci sfugge. Maria partecipa della beatitudine della fede: ‘beata’ perché ‘ha creduto’ (cfr Lc 1,45).

 

 

Chiediamo che questo Anno della Fede sia un ‘andare verso’, un pellegrinaggio che non sia un passeggiare ma un crescere nel mistero di Dio accolto in noi. Questa è la fede: il mistero di Dio accolto nella nostra vita quotidiana, un modo diverso di analizzare noi, gli altri, le sofferenze, i successi, i disagi, le incomprensioni… La fede che mi fa andare oltre non banalizzando nulla e dando un significato più pieno alle cose umane. La beatitudine della felicità: solo chi crede veramente partecipa della felicità di Dio.

 

 

Maria rimane quella grande domanda che ci interpella interiormente: Dio ha voluto salvare il mondo attraverso il ‘sì’ e il dono totale di questa ragazzina. In una società in cui tutto si deve fare molto tardi, in cui contano l’efficienza, il successo, la visibilità’ Maria ci dà un messaggio grande: si può rimanere trent’anni nel silenzio di Nazareth a custodire un bambino che è il Figlio di Dio, a stare vicino a un adolescente che, subito, le diventa il Maestro nel credere (cfr Lc 2,48-49: ‘Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo’ Ma non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?’). Maria è educata anche nella sua maternità.

 

 

La fede – lo ripeto – non riguarda qualcosa di collaterale o insignificante della nostra vita, perché quella non è la fede. La fede è fidarsi e abbandonarsi, è lasciarsi portare. È scoprire, all’interno di questo dono, che Dio ci prepara qualcosa di più grande, di più bello di quello che noi avevamo in mente per noi stessi. L’Anno della fede sia questo camminare col mistero di Dio introdotto nel nostro quotidiano.

 

 

 

 

Intervento del Patriarca mons. Francesco Moraglia nella Basilica della Madonna della Salute

 

 

Carissimi giovani, il segno che avete fatto è quello della speranza, di una speranza che guarda a una giovane adolescente. Dio ha investito all’inizio del Nuovo Testamento su una giovane. Dovete  credere che molto della vita, anche dura, di una persona dipende dalla coscienza, dipende dai primi anni delle scelte responsabili. Dio ha scelto chi stava sbocciando alla vita come segno della vita nuova.

 

 

Tornando alle vostre case, tornate alla cosa più bella: la vita, nella sua quotidianità. Allora affinché l’affidamento a Maria diventi concretezza, propongo come impegno – come testimonianza, come evangelizzazione tra di voi e per chi vi guarda, che nella vostra vita ci siano – in questo Anno della Fede – tre segni che chiamiamo ‘i segni della fede’, perché altrimenti la fede non c’è nella nostra vita.

 

 

Vi propongo un primo segno: vivere bene la vostra affettività, crescere nelle energie dell’amore. L’affettività secondo il Vangelo non toglie niente’ ma obbliga a delle scelte controcorrente.

 

 

Il secondo segno è la gratuità: non possiamo ragionare solo secondo le logiche del guadagno, del profitto, del primo posto, della meschinità, del successo’ È in gioco la nostra fede, la nostra appartenenza all’Uomo della croce, che è il Signore, colui che precede sempre i suoi nella Galilea del mondo La Galilea è il luogo del nostro vivere quotidiano: la scuola, l’università, la precarietà del lavoro, le prime soddisfazioni del giusto guadagno’ E in ogni frangente di vita la persona di fede pianta la bandiera della gratuità, qualche segno di gratuità.

 

 

Terzo segno: la preghiera. Un uomo che prega, una donna che prega, un giovane o una giovane che pregano sono una domanda per il mondo, soprattutto se queste persone sono credibili nella loro maturità e nel loro modo di vivere l’affettività. Allora chi prega annuncia, con quel gesto, che c’è Qualcuno che ci ama, che ci guarda dall’alto. Affidarsi a Dio vuol dire credere nella nostra giovinezza. Ci sono delle scelte intime, interiori, ma forti, che si esplicheranno negli anni successivi, nei mesi e nei decenni successivi, ma sono scelte della giovinezza. Dio ha scelto di portare la salvezza nel mondo attraverso una giovane, un’adolescente che gli apparteneva.

 

 

Che l’affidamento sia un cammino di revisione della propria vita, guardando a Maria, con i segni concreti della fede. Buonanotte a tutti, sia lodato Gesù Cristo!

 


[1] I  testi qui riportati – non rivisti dall’autore – sono la trascrizione dei due interventi pronunciati dal Patriarca in tale occasione e mantengono volutamente il carattere colloquiale che li ha contraddistinti.

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