Il travaglio dell'uomo post-moderno (Intervento al 6. Forum del Progetto culturale della CEI - Roma, 4/12/2004)
04-12-2004

Il travaglio dell’uomo post-moderno

+ Angelo Card. Scola
Patriarca di Venezia

1. Oltre la crisi
La fede interpreta le istanze profonde dell’uomo post-moderno? E come?
Per comprendere il post-moderno il Concilio Vaticano II, liberato da letture ideologiche e parziali, ci sprona ad eliminare dal nostro vocabolario la parola crisi. È più consono al «disegno del Padre» di fare di Cristo il cuore del mondo parlare di travaglio. Di questo obiettivamente si tratta. Il ‘mondo’ intero, infatti, è abbracciato dall’evento di Cristo, intreccio sublime di grazia e libertà.
Con inedita intensità, libertà e desiderio, espressioni dinamiche dell’oggettiva natura dell’io, sono oggi perseguite, secondo svariate modulazioni, dagli uomini e dalle donne. Quando Gaudium et spes 22 dice che Cristo, incarnandosi, si è «in qualche modo unito ad ogni uomo», non afferma forse che Egli rende «liberi davvero» (cfr. Gv 8, 36) chiunque Lo incontra? Se costui lo segue, viene messo in condizione di realizzare il proprio desiderio costitutivo di felicità: «Se vuoi essere compiuto» (cfr. Mt 19, 21).
Le istanze profonde e diffuse dell’uomo postmoderno sono quindi costitutive dell’essenza del cristianesimo.

2. Un fecondo travaglio
Quello odierno è un travaglio faticoso, che comporta dolorose contrazioni, ma come ogni travaglio può essere fecondo.
Non si vuol celare l’elemento oscuro che attraversa il nostro tempo e confonde la libertà dell’uomo, mentre ne fa impazzire il desiderio lungo sentieri interrotti e spesso deliranti. La scissione tra affetti e legami, la resistenza a prendersi cura della catena delle generazioni, frustrano l’energia della libertà e la incurvano sotto ‘pretese’ insostenibili, come quelle di ‘catturare’ la differenza sessuale o come il prometeico tentativo di ridurre l’uomo al suo proprio esperimento.
Il desiderio è insidiato dall’indecenza dei costumi e dei consumi che una miscela esplosiva di libertinismo e di romanticismo, diffusa dalla vulgata massmediatica, rafforza fino a nascondere l’esperienza elementare dell’amore sotto i tratti deformi di un erotismo pervasivo.
L’universalismo scientifico, con la sua potente presa sul senso comune, riduce la libertà a pura scelta, scardinandola da ogni inclinazione naturale e rendendola sorda all’Assoluto, che pure non cessa di chiamarla al coinvolgimento dall’interno di ogni singolo atto umano.
La vita buona, personale e sociale, sembra talora impedita da una società che, per inseguire il falso principio assoluto del ‘vietato vietare’, è costretta ad infittire le proprie regole con maglie sempre più strette, concedendo ad ogni inclinazione soggettiva la dignità di legge universale. Che dire poi del buon governo di cui una vita buona ha sempre necessità? Le Istituzioni fanno oggi respirare le alte atmosfere della libertà?
Gli educatori, per consentire – come dice San Paolo ‘ che l’uomo diventi «legge a se stesso» (cfr. Rm 2, 14), propongono virtù e sacrificio come strutture portanti del desiderio e il dovere come interno al volere?
Questo doloroso travaglio si svolge nel quadro globale di un processo ormai inarrestabile di meticciato di civiltà. Noi Europei, impagliati di secolare intellettualismo, fatichiamo ad accettarlo, anche perché è carico di forme obbrobriose di violenza che pensavamo superate.
Ma un travaglio è tale proprio perché se ne intravvede la fecondità. Non uccide la speranza, ma chiede di autoesporsi.

3. L’uomo via della Chiesa
Giovanni Paolo II ha preso con decisione questa strada: «Quest’uomo è la via della Chiesa, via che corre, in un certo modo, alla base di tutte quelle vie per le quali deve camminare la Chiesa, perché l’uomo – ogni uomo senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito, anche quando quell’uomo non è di ciò consapevole» (Redemptor hominis, 14).
Mostrare come e perché Gesù Cristo sia sommamente interessante per l’uomo. In questo modo soltanto si asseconda un esito fruttuoso al travaglio contemporaneo. Parafrasando Cattolicismo di De Lubac, oggi siamo chiamati a documentare i positivi risvolti antropologici, sociali e cosmologici dei misteri cristiani.
Il dono gratuito, sovrabbondante, inesigibile, indeducibile dell’evento di Gesù Cristo è sempre per noi e per la nostra salvezza, un’altra parola per dire compimento.

4. «Ecce homo»
Quale strada, allora, in concreto? Testimoniare che le ‘ragioni vitali’ della fede sono le ragioni della libertà e del desiderio intesi nella loro pienezza e verità.
In questo senso la chiarezza coraggiosa delle analisi, anche delle resistenze e addirittura delle opposizioni frontali alla visione cristiana della vita, non debbono far confondere la diagnosi con la terapia. Non si tratta semplicemente – nemmeno quando è necessario difendere pubblicamente la verità gravemente minacciata – di opporre una ‘teoria’ giusta ad un ‘teoria’ sbagliata.
Se l’uomo di oggi è in travaglio e non in crisi, allora il compito precipuo del cristiano non è la battaglia culturale, nemmeno nel caso in cui una certa dose di pacifica asprezza sembri farsi inevitabile. Il contenuto primario della missione della Chiesa, infatti, è l’inesauribile proposta di Uno che di sé ha detto: «Io sono la via, la verità e la vita» (cfr. Gv 14, 6), pagando innocente sulla croce per il «desiderio di farci felici» (Epistola di Barnaba).
La strada è impegnarsi pazientemente nel rigenerare il popolo di Dio, attraverso la suscitazione e la cura di comunità dall’appartenenza forte, capillarmente presenti in tutti gli ambienti dell’umana esistenza. Comunità nate dall’Eucaristia e dalla logica dell’Incarnazione che ne deriva. Eucaristia, cioè il riunirsi di un popolo per quella straordinaria Cena in cui Cristo ha incastonato il Golgota col Suo destino di morte e di risurrezione, mostrando che il desiderio del compimento è realizzabile e che la libertà finita non è più schiava dell’angoscia di morte. A questo anelano, pur dentro mille contraddizioni, gli uomini e le donne di oggi: fare esperienza della Chiesa come «sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium 1).
Le comunità cristiane possono allora diventare luoghi visibili ed incontrabili, perciò spalancati ad ogni ambiente. Spazi vitali in cui uomini e donne sono educati e costantemente sostenuti nell’esperienza dell’amore che è Gesù Cristo, l’Amante che mostra il fascino del per sempre, essenziale all’amore stesso.
Uomini e donne che sappiano vivere in tale libertà da condividere, in ogni situazione umana, il bisogno materiale, culturale e sociale. Convinti che la verità per la libertà va di pari passo con la verità della libertà. Né relativismo, né dogmatismo. Da tali uomini e donne fioriranno famiglie, corpi intermedi, parrocchie ed aggregazioni in grado di proporre a tutti, con umiltà, ‘stili integrali di vita buona personale e sociale’. Uomini e donne decisi anche ad urgere, con tutti i mezzi retti, una democrazia sostanziale e del buon governo.