Giubileo dei giornalisti

Omelia pronunciata in Cripta di S. Marco, sabato 29 gennaio 2000
29-01-2000

1. Il Giubileo ebraico di cui ci parla il testo del Levitico che abbiamo ascoltato nella prima lettura, al di là di molte considerazioni storiche che potremmo fare – quando e dove fu realizzato – esprime, detto con termini culturalmente a noi vicini, un’istanza di liberazione, di solidarietà umana e di rispetto del creato che costituiscono il nucleo dell’Alleanza dell’uomo con Dio.

Il profeta Isaia ne reinterpreta il senso nel testo letto da Gesù nella sinagoga di Nazaret (cfr. Is 61, 2). Ciò che ci stupisce e che è assolutamente rilevante per la nostra celebrazione del Giubileo è la forza con cui Gesù, davanti ai suoi concittadini e a tutti noi, afferma: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.
Cosa significa? Significa che il Giubileo dell’Antico Patto, con la sua carica di liberazione e di redenzione, era solo un’ombra, una profezia. Oggi, in Gesù, l’ombra cede alla realtà, la profezia viene adempiuta. E’ come se Gesù dicesse: “Io sono il Giubileo dell’umanità che voi attendevate”.

Gesù quindi è “l’oggi” dell’antico Giubileo: ne è l’approdo, la realizzazione, la pienezza, in un “oggi” che dura ancora e nel quale noi siamo sollecitati a entrare: “Affrettiamoci ad entrare in quest’ oggi della salvezza”.

2. Il Giubileo quindi non è la memoria di un istituto legale che appartiene al passato. Esso proclama Gesù di Nazaret come figlio di Dio e salvatore. Lo proclama come il Vivente, in forza della sua Risurrezione. In una parola: il Giubileo pone con forza il caso Gesù: per chi crede, ma anche per chi non crede.

Chi crede è chiamato, dalla forza dell'”oggi” con cui Gesù si dichiara, a porsi di fronte alla persona del Figlio dell’uomo, nato in Giudea, cresciuto in Galilea dove, intorno al suo lago, annunziò l’avvento del Regno di Dio e la conversione della vita. Presentandosi come il Figlio di Dio, a cui credere per essere salvati, entrò in conflitto con la classe religiosa di Gerusalemme e morì sulla croce.
Ma dopo tre giorni Gesù risorge.
La risurrezione è il sigillo di Dio sulla verità della vita e delle parole di Gesù. Gli apostoli, prima scandalizzati e delusi dalla sua morte, diventano i testimoni della sua resurrezione: una testimonianza portata avanti a prezzo della vita.Da tale testimonianza nasce una comunità nuova, la Chiesa che, pur navigando in mezzo alle tempeste più violente e sottoposta ai più spaventosi naufragi, dura da duemila anni.

Il comunicatore credente sa che la storia del mondo e la vicenda umana in Gesù sono poste sotto il segno della “sim-patia” di Dio (Dio patisce con l’uomo) e della misericordia del Padre. Dietro ogni uomo e dentro la storia c’è Uno che noi non vediamo. Nel giorno del giudizio questa presenza misteriosa e nascosta verrà svelata: noi scopriremo che dando un pezzo di pane a un fratello, l’abbiamo dato al Figlio di Dio e parlando d’un qualunque fatto di cronaca abbiamo parlato di Gesù. Ma ora come la testimoniamo?

3. Anche chi non crede però non può eludere il confronto con l’evento Gesù che ha segnato la storia dell’uomo, come non può eludere il confronto con la Chiesa, talora così umana e segnata dal male, che però misteriosamente dura da 2000 anni. Anche per chi non crede Gesù è “il caso serio”.

4. Sono appena tornato dalla terra dove Gesù è vissuto, dove in molti luoghi esiste una documentata tradizione che attesta, col linguaggio delle pietre, che il Crocifisso Risorto è sempre stato oggetto di venerazione e di amore.
Nello stesso tempo quella terra è luogo in cui esplodono tutte le contraddizioni e i mali delle religioni monoteiste, compresa la Chiesa cattolica.
Anche lì, il “mistero” di Gesù è ineludibile. Non lo si può annullare.
Un giorno lui domandava ai suoi: “Chi dice la gente che io sia?” Questa domanda di Gesù, questo giudizio su di lui, attraversa tutta la storia e oggi interpella anche noi.

5. Ancora: gli uomini hanno sempre pellegrinato alle tombe dei grandi fondatori e profeti per venerarne le reliquie. Gerusalemme, fin dai tempi antichissimi, è mèta di pellegrinaggi. Ma tutti sanno che il sepolcro di Gesù è vuoto. E proprio questo sepolcro vuoto è il cuore della fede di chi va a Gerusalemme.
Perché? Perché un angelo ha detto: “Voi cercate Gesù tra i morti. E’ risorto. Non è qui.” L’Apostolo Tommaso, per credere, ha voluto toccare, e Gesù gli ha fatto mettere la mano nelle piaghe delle mani del costato.
Gli apostoli hanno fatto della testimonianza della risurrezione di Gesù la ragione totale della loro vita. La Chiesa è tutta fondata su questa testimonianza e sulla certezza di fede che l’Uomo che era stato crocifisso è vivo.
Anche l’Anno Giubilare non ha altro scopo che questo: quel Gesù, che nacque 2000 anni fa, è vivo. Se Egli è risorto, è il Salvatore; le sue parole sono via, verità e vita.
Cosa significa fare la cronaca d’un’umanità che, nonostante tutto, è sotto il segno di Gesù, morto sulla croce per salvarla, che nella Resurrezione porta il sigillo di Dio?

Veramente Gesù è il nostro “il caso serio”. E’ “il caso serio della storia” anche perché riporta in primo piano alla nostra attenzione ciò che noi vorremmo dimenticare: il dramma del male, le sofferenze, le povertà’Così venne presentato da Isaia e viene narrato da ogni pagina dei Vangeli.

Potreste dirmi: perché inquietare l’andamento della storia di oggi, segnata dal progresso, richiamando continuamente coloro che oggi si vorrebbero dimenticare: i popoli poveri del mondo, schiacciati dal debito estero, le guerre e le violenze in atto, le drammatiche ingiustizie esistenti?’
Eppure come celebrare Gesù come il Giubileo dell’umanità senza ricordarsi di queste realtà per le quali il Salvatore è stato mandato?
Il Giubileo è tutto qui.
Il nome di Gesù risuonerà per chi crede e per chi non crede: sarà ancora segno di contraddizione, sarà amato e rifiutato, glorificato e crocifisso. Pascal diceva che Gesù è in agonia fino alla fine del mondo: un’espressione tanto misteriosa quanto vera.

Il Giubileo pone proprio il problema della presenza di Gesù nella vicenda dell’uomo. Toccherà anche a voi far emergere il “caso serio” della storia che interpella ogni avvenimento di gioia e di pianto, di amore e di violenza. Lui è il Salvatore di tutti, l’unico che può dare speranza.
Non c’è niente, nella vicenda umana, che sia estraneo al mistero di Gesù.
Celebrare il Giubileo significa prendere coscienza di questo.
Marco card. Cè, Patriarca

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