FESTA DI SAN MARCO 2002

L'omelia del card. Cè, l'omelia del patriarca Scola ai Vespri
25-04-2002

VENEZIA
‘Con san Marco rinnoviamo la nostra fede’
La festa del Patrono di Venezia presieduta dal Patriarca emerito Marco Cè e concelebrata dal Patriarca Angelo Scola

‘La festa di San Marco, non è solo un fatto celebrativo: per chi crede è la chiamata a rinnovare la fede del proprio Battesimo e a verificarne la fruttuosità nella vita, mediante una coraggiosa testimonianza, congiunta all’amore, alla solidarietà e alla condivisione. Essa è un lievito pasquale nascosto nella nostra vita personale e della nostra comunità, perché la rinnovi ad immagine dell’uomo redento dalla morte e risurrezione di Cristo’.

Sono alcune delle parole pronunciate dal Patriarca emerito Marco Cè che ha presieduto oggi 25 aprile alle 10.00 in basilica di San Marco la celebrazione per la festa di San Marco, patrono di Venezia e delle Genti Venete. Il Patriarca Angelo Scola, che ha concelebrato, ha ringraziato i fedeli e i numerosi turisti e ha fatto gli auguri al card. Cè nel giorno del suo onomastico.

‘A nome di tutti i presenti ‘ ha detto il Patriarca Scola – e di tutta la comunità diocesana desidero porgerLe il più fervido augurio in occasione del Suo onomastico. Ad essa si uniscono i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità cristiane che anche quest’anno ci onorano con la loro presenza.
Noi tutti ci stringiamo con profondo affetto alla Sua persona. Oggi possiamo ben dire che, con il nome assegnato all’Eminenza Vostra presso il fonte battesimale, la Provvidenza di Dio tracciava la prima linea di quell’efficace disegno che avrebbe portato Marco a Marco.
Come il giovane Giovanni Marco ‘ ci dicono gli storici ‘ incontrò in casa propria Pietro e, con lui, la fede e la grazia del battesimo, da cui si sviluppò la sua missione, così oggi in questa dimora marciana noi Veneziani, rinnovando la venerazione all’evangelista, ritroviamo la ragione profonda dell’amore che ci lega alla nostra città e alla sua storia. In quest’ottica diventa per me naturale porgere, a nome della Chiesa che è in Venezia, un doveroso grazie a tutte le Autorità civili e militari, qui convenute o rappresentate, per il lavoro che quotidianamente svolgono in favore della vita buona del nostro popolo. L’augurio ‘ha proseguito Scola – è che essi, nel solco tracciato dai principi di sussidiarietà e di solidarietà, contribuiscano sempre più, col loro servizio, all’edificazione di una società civile capace di essere, allo stesso tempo, plurale ed armonica’.
La Chiesa, per parte sua, intende concorrere a questo importante disegno attuando la sua specifica vocazione e missione: essere la dimora libera e serena di Dio per gli uomini e le donne della nostra città. Per tutto questo impetriamo, anche quest’anno, l’intercessione del nostro patrono. «O San Marco proteggi la città che custodisce il dolce pegno del tuo corpo»!

‘Sono molto grato al nostro Patriarca – ha detto il card. Marco Cè – che, con squisita delicatezza, ha voluto che fossi io a presiedere la solenne Eucaristia in onore di S. Marco, Patrono della nostra Città’.

Momenti significativi sono state – oltre le parole che il Patriarca emerito ha pronunciato durante l’omelia – la processione offertoriale con i doni di commercianti, enti e privati veneziani. E’ questo infatti un segno di solidarietà verso i poveri e le persone in difficoltà che hanno un riferimento nella mensa «Betania» e nelle altre opere della Caritas diocesana. Come tradizione i gondolieri hanno offerto, a nome di tutta la città, il tradizionale «bocolo».

‘La festa di San Marco è una celebrazione pasquale – ha detto il card. Cè nella sua omelia -. Se Cristo non fosse risorto, non avrebbe senso celebrare San Marco o, per lo meno, non avrebbe quel senso vivo, non soltanto commemorativo, bensì capace di lievitare la storia, che noi invece diamo alla nostra festa. Noi celebriamo San Marco perché crediamo alla Pasqua. Crediamo cioè che Gesù di Nazaret, rifiutato e crocifisso, è stato da Dio Padre risuscitato. Egli è vivo; anzi è il vivente. San Marco, è un germoglio che spunta sulla croce gloriosa di Gesù. Ma anche noi, battezzati, siamo germogli della croce gloriosa di Gesù e viviamo, con San Marco, della sua stessa vita’.

‘San Marco è vivo nel suo evangelo che continuamente viene annunziato; è vivo nella nostra Chiesa, perché noi crediamo ciò che lui ci ha trasmesso, cioè la predicazione dell’apostolo Pietro, la quale proclama che Cristo è risorto e vive in mezzo a noi.
Noi però dobbiamo fare le opere di Gesù. Ci domandiamo: quali sono le opere di Gesù? Opera di Gesù è la fede, vissuta e confessata. San Marco ha pagato con la vita la sua confessione di fede. Molti fratelli, oggi, pagano con il sangue la loro fede, molto più oggi che nei primi secoli cristiani. Anche noi dobbiamo con coraggio, in una stagione di radicale secolarismo, dar ragione della speranza che è in noi. Opera di Gesù è l’amore: Gesù è passato facendo del bene e sanando tutti. Questo per noi ‘ ha detto ancora il card. Cè – significa l’impegno a costruire un mondo, una convivenza civile, a misura d’uomo come lo ha voluto il Creatore facendolo a sua immagine. Un impegno che investe la vita quotidiana di ciascuno, ma anche le responsabilità politiche, fino all’universo delle scienze che mai , come oggi, hanno avuto la possibilità di agire anche sugli aspetti più delicati della realtà ‘uomo’, intervenendo, per esempio, sui processi genetici’.

Con preghiera di comunicazione/diffusione

DI SEGUITO L’OMELIA COMPLETA DEL CARD. CE’

FESTA DI SAN MARCO
25 aprile 2002

Signor Sindaco, Gentili Autorità, Presbiteri e Diaconi,
Fratelli e Sorelle nel Signore,

sono molto grato al nostro Patriarca che, con squisita delicatezza, ha voluto che fossi io a presiedere la solenne Eucaristia in onore di S. Marco, Patrono della nostra Città. Per i veneziani questa è una festa che tocca il cuore: lo conferma anche la tradizione del ‘bocolo’ che è nel segno più simpatico dell’affetto.

1. San Marco si colloca nell’orizzonte della Pasqua. Questo non solo ci fa comprendere il senso più completo della figura del nostro Patrono ‘la santità fluisce tutta dal fonte battesimale, che scaturisce dalla Pasqua’ ma ci introduce nel significato più profondo della nostra festa

2. La festa di San Marco è una celebrazione pasquale.
Se Cristo non fosse risorto, non avrebbe senso celebrare San Marco o, per lo meno, non avrebbe quel senso vivo, non soltanto commemorativo, bensì capace di lievitare la storia, che noi invece diamo alla nostra festa.
Noi celebriamo San Marco perché crediamo alla Pasqua. Crediamo cioè che Gesù di Nazaret, rifiutato e crocifisso, è stato da Dio Padre risuscitato. Egli è vivo; anzi è il vivente.
San Marco, è un germoglio che spunta sulla croce gloriosa di Gesù. Ma anche noi, battezzati, siamo germogli della croce gloriosa di Gesù e viviamo, con San Marco, della sua stessa vita.
La presa di coscienza di questa realtà è l’oggetto della nostra gioiosa celebrazione.

3. Il Vangelo che abbiamo ascoltato è il fondamento di questo modo di vivere la festa del nostro Patrono.
Protagonista è, senza dubbio, il Risorto. Egli ha compiuto tutta l’opera che il Padre gli aveva dato da compiere: e la risurrezione ne è il sigillo.
Però noi, e con noi il mondo, non l’abbiamo ancora pienamente accolta. Anzi l’opera del Risorto, che è il Capo, deve andare a compimento con la collaborazione delle sue membra, che siamo noi, i battezzati: perché tale è il progetto del Padre.
Per questo, prima di salire al cielo e di sottrarsi alla nostra esperienza sensibile, il Risorto ha effuso su di noi il suo Spirito e ci ha ‘mandati’ perché portassimo a compimento ciò che manca alla sua passione per la salvezza del mondo: ‘Andando in tutto il mondo, predicate la lieta notizia della mia morte e risurrezione ad ogni creatura’.
La croce di Gesù, la risurrezione e il mandato d’annunziare ad ogni creatura la lieta notizia della salvezza, sono inscindibilmente legati.
Risuscitand

o Gesù
ha diffuso in tutto il mondo le energie della Risurrezione che sono la fede nell’amore salvatore del Padre chi vuole tutti salvi e l’amore per l’uomo e il creato.
La Pasqua però, per attuarsi nella storia, ha bisogno della nostra collaborazione, come abbiamo già detto.
Per questo continua Gesù: ‘E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno’.
Che cosa significano queste parole applicato a noi?
Significano: con i gesti della vostra cultura farete le cose stesse che facevo io. Cioè amerete, guarirete il mondo dalle sue malattie, dall’ingiustizia e dal peccato. Io sarò con voi sempre,fino a quando il tempo sia compiuto.

Conclude il Vangelo di Marco: ‘Dopo aver parlato con loro il Signore Gesù fu assunto in cielo, dove siede alla destra del Padre. Gli undici, -che è come dire ‘la chiesa’, cioè noi tutti- allora partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava con la sua divina potenza ciò che essi facevano’.

4. Salito Gesù al cielo, incomincia la storia della Chiesa: gli apostoli vanno e fanno le cose che faceva Gesù. La storia dei testimoni del Risorto è ‘compimento’ di ciò che ancora manca alla pienezza di Cristo, perché la redenzione sia pienamente compiuta. Cristo e Chiesa fanno una cosa sola: Cristo è il capo del corpo, noi siamo le membra. Il Risorto oggi agisce mediante noi.
Si comprende allora come il Vangelo non finisca con l’ascensione di Gesù in cielo, ma continui, aggiungendo capitolo a capitolo: ma ora col mio nome, col vostro nome. E’ sempre l’identico mistero di Cristo che si attua, dove però Gesù ormai ha il nostro volto e agisce con le nostre mani.

5. Ecco perché San Marco è vivo e noi lo celebriamo. Perché lui e noi, innestati nella Pasqua del Signore, siamo partecipi della vita del Risorto e ne portiamo a compimento l’opera.
San Marco è vivo nel suo evangelo che continuamente viene annunziato; è vivo nella nostra Chiesa, perché noi crediamo ciò che lui ci ha trasmesso, cioè la predicazione dell’apostolo Pietro, la quale proclama che Cristo è risorto e vive in mezzo a noi.
Noi però dobbiamo fare le opere di Gesù.
Ci domandiamo: quali sono le opere di Gesù?
Opera di Gesù è la fede, vissuta e confessata. San Marco ha pagato con la vita la sua confessione di fede. Molti fratelli, oggi, pagano con il sangue la loro fede, molto più oggi che nei primi secoli cristiani. Anche noi dobbiamo con coraggio, in una stagione di radicale secolarismo, dar ragione della speranza che è in noi.
Opera di Gesù è l’amore: Gesù è passato facendo del bene e sanando tutti.
Questo per noi significa l’impegno a costruire un mondo, una convivenza civile, a misura d’uomo come lo ha voluto il Creatore facendolo a sua immagine. Un impegno che investe la vita quotidiana di ciascuno, ma anche le responsabilità politiche, fino all’universo delle scienze che mai , come oggi, hanno avuto la possibilità di agire anche sugli aspetti più delicati della realtà ‘uomo’, intervenendo, per esempio, sui processi genetici.
Il Vangelo di Marco, parlando dei segni che accompagneranno chi crede,enumera opere che toccano ‘i corpi’, perché la salvezza pasquale riguarda l’uomo nella sua globalità, spirituale e corporea.

6. La festa di San Marco nell’orizzonte della Pasqua, è quindi un invito rivolto a tutti perché, la dove Dio ci ha posti, compiamo le opere della risurrezione: credendo che con la grazia che Dio non ci lascia mancare, è possibile cambiare anche le situazioni più dure. Credendo e amando.
E’ possibile la pace nella terra di Gesù, che è anche la terra di San Marco (chi visita Gerusalemme ricorda la casa di Marco e di sua madre Maria); è possibile la giustizia e la solidarietà, specialmente nei confronti dei popoli più poveri, condizione indisp
ensa
bile perch
é si possa pensare ad assetti di pace duratura; è possibile una città sempre più solidale verso i suoi anziani, verso i poveri e tutti coloro che vengono emarginati dal nostro egoismo.
E tutto questo perché Cristo è risorto ed ha sanato radicalmente l’uomo, chiamandolo anzi alla filiazione divina adottiva, e ha salvato radicalmente il cosmo, perché sia luogo di vita e di felicità per l’uomo, che è il vertice di tutto il creato: al punto di essere,lui, l’uomo vivente, la gloria di Dio.

7. La festa di San Marco, quindi, non è solo un fatto celebrativo: per chi crede è la chiamata a rinnovare la fede del proprio Battesimo e a verificarne la fruttuosità nella vita, mediante una coraggiosa testimonianza, congiunta all’amore, alla solidarietà e alla condivisione. Essa è un lievito pasquale nascosto nella nostra vita personale e della nostra comunità, perché la rinnovi ad immagine dell’uomo redento dalla morte e risurrezione di Cristo.

Che Dio benedica la nostra Città.
La benedica con tutto il nostro Paese che oggi celebra il giorno in cui una guerra tra le più disastrose e nefande è terminata, aprendo un cammino mai finito di costruzione d’una convivenza pacifica.
Per l’intercessione di San Marco, il Signore ci doni giorni tranquilli di concordia e di pace sociale; ci doni anche un cuore accogliente, aperto a tutte le sofferenze e povertà che invocano la nostra partecipazione e solidarietà. Perché Venezia e quanti ad essa approdano intuiscano, almeno allusivamente, che Cristo è risorto: sì, è veramente risorto.

Basilica Patriarcale di San Marco – Venezia
Solennità di San Marco
Secondi Vespri
Omelia di S. E. Mons. Angelo Scola, Patriarca di Venezia
25 aprile 2002

1. “O Dio vieni a salvarmi”. Con queste parole la Santa Chiesa di Dio inizia la Sua preghiera quotidiana. Seguendo l’inesorabile scansione delle ore – all’inizio della giornata, nella sosta a metà del lavoro, quando scende la sera e prima di consegnarsi al sonno – eleva la propria supplica al Signore del tempo. Come Sposa di Cristo non si stanca mai di invocare la presenza dello Sposo e ripete “Vieni Signore Gesù”. Dio ha voluto salvarci ponendo la Sua dimora in mezzo in noi. “Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis”. Qui in Venezia non solo le Chiese, ma anche i campi, i ponti, le nostre case traboccano di richiami artistici a questa verità: la salvezza è Dio presente in mezzo il Suo popolo.

2. Gli studiosi, esaminando le pagine del Vangelo di Marco, scorgono la sua intenzione di “rendere Gesù presente ai lettori del vangelo, come per dire che ciò che Gesù disse o fece, lo dice e lo fa tuttora per loro: la sua storia passata si riverbera sul presente” . Così facendo Marco dà voce alla quotidianità della comunità cristiana. Essa, infatti, costituisce l’ambito della presenza operosa di Gesù crocifisso e risorto, il luogo della nuova umanità rigenerata dal battesimo e capace di costruire la vita del popolo. Noi siamo i figli di questo fiume di uomini e donne rinati dall’acqua e dallo Spirito. Afferrati gratuitamente dal Signore, siamo divenuti membra del Suo Corpo, la Chiesa di Dio, il segno reale che permane fedele nella storia.
Alla fine del suo vangelo, Marco racconta che, di fronte a Gesù crocifisso, il centurione, “vistolo spirare in quel modo, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”” (Mc 15, 39). Senza saperlo egli diede così risposta alla domanda della folla all’inizio del ministero pubblico di Gesù. È lo stesso Marco a riferircela: “Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo?'”” (Mc 1, 27). Anche noi, questa sera, raccolti da tutto il mondo in questa splendida basilica che custodisce le spoglie dell’evangelista martire, siamo chiamati a percorrere la strada che va dallo stupore iniziale di fronte al Signore Gesù fino alla confessione di fede. Dallo stupore alla confessione! Davanti alla presenza del Risorto, inesauribile sorgente del nostro stupore, sgorga spontaneo il grido: “Signore mio e Dio mio!”.

3. La Chiesa, Madre premurosa dei suoi figli, custodisce perennemente la nostra domanda e la nostra fede. Celebrare oggi la solennità di San Marco significa celebrare questa sua cura verso di noi. Ben lo capì la poetessa Gertrud Von Le Fort nei suoi Inni alla Chiesa. “Tu sola hai cercato la mia anima – scrive l’autrice tedesca rivolgendosi alla Chiesa stessa – l’anima mia era come un bimbo abbandonato in segreto. Era un’orfana a tutte le mense della vita (‘) Era come una che muore per tutta la vita. Ma tu hai pregato per lei e così l’hai salvata. Hai offerto un sacrificio, di cui si è nutrita. L’hai compianta come un tesoro, e perciò grida esultando il tuo nome. L’hai elevata come una regina, e perciò è stesa ai tuoi piedi. Chi vuol sminuire il diritto della tua fedeltà?” .
C’è un solo modo per non sminuire la fedeltà della Chiesa nei nostri confronti e corrispondervi fino in fondo: è la testimonianza. Convocati qui, sulla tomba di San Marco, da tutto il mondo – dai sestrieri della nostra Venezia fino alle più lontane città dell’Europa, dell’America, dell’Africa o dell’Asia – confessiamo, uniti alla Catholica, la nostra fede nel Crocifisso Risorto. La testimonianza del santo che qui veneriamo rinnovi in ciascuno di noi la consapevolezza grata della missione, ricevuta nel battesimo, di portare il lieto annuncio dovunque. Nelle nostre case, nelle parrocchie, nelle associazioni, nei gruppi e nei movimenti che attuano concretamente il tessuto della comunità cristiana nella città di Marco. E, allo stesso modo, in tutto il mondo: ritornando da Venezia alle vostre case sparse nei cinque continenti, siate come gli apostoli. Essi, dice la finale del Vangelo di Marco, “partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano” (Mc 16, 20). Amen.

4. Gathered from all over the world in this magnificent ‘basilica’ that safeguards the corpse of the Evangelist Saint Mark, we are called, like the Centurion, to enterprise the way that goes from the astonishment in front of the Crucified Lord to the profession of faith: “Truly, this man was the Son of God!” (Mc 15,39).
May each one of us, returning back home to our houses spread in the five continents, find, effectively, the way to follow faithfully the Christian Community: in the parish, in the guilds, in the movements, in the groups.
The gratitude for the ‘Beauty’ encountered in Venice, particularly in her Christian message, inspire us to become in all the environments of human existence bearers of Christ, to the heart, often astray, but always thirsty, of the men of our age.

5. Réunis du monde entier en cette magnifique basilique qui conserve les reliques de l’évangéliste Marc, nous sommes appelés comme le centurion à parcourir la route qui va de la stupeur face au Seigneur Crucifié à la profession de foi: “Vraiment, cet homme était le Fils de Dieu!” (Mc 15, 39). Que chacun de nous, en rentrant chez soi de Venise dans les cinq continents, recommence avec plus d’énergie à suivre fidèlement la communauté chrétienne: à la paroisse, dans les associations, dans les mouvements, dans les groupes’ La gratitude pour la beauté rencontrée à Venise, et dans la Venise chrétienne, nous rendra porteurs du Christ dans tous les milieux de l’existence humaine au c’ur souvent perdu, mais toujours assoiffé, des hommes d’aujourd’hui.

6. Aus der ganzen Welt in dieser herrlichen, über den Reliquien des heiligen Markus erbauten, Basilika zusammengekommen, sind wir aufgerufen, den Weg des Hauptmanns unter dem Kreuz zu gehen, – vom Staunen über den gekreuzigten Herrn hin zum Bekenntnis des Glaubens: “Wahrhaftig, dieser Mensch war Gottes Sohn” (Mc 15,39). Jeder von uns, der von Venedig in seine Heimat in einem der fünf Kontinente zurückkehrt, sollte seinen Weg innerhalb der christlichen Gemeinde mit vermehrter Kraft wiederaufnehmen: in der Pfarrei, in den Vereinen, in der religiösen Bewegungen, in den Gruppen. Die Dankbarkeit für die in Venedig – und zwar im christlichen Venedig – angetroffene Schönheit wird uns dazu befähigen, in allen Situationen der menschlichen Existenz, Christus dem oft verirrten, aber immer nach Wahrheit dürstenden Herzen des heutigen Menschen, nahezubringen.

7. Reunidos en esta espléndida Basilica que custodia los restos mortales del evangelista Marcos, nosotros, procedentes de todo el mundo, estamos llamados como el Centurión a recorrer la vía que conduce desde el asombro inicial ante Cristo Crucificado a la confesión de fe: “Verdaderamente este hombre era Hijo de Dios” (Mc 15, 39). Cada uno de nosotros volviendo de Venecia a nuestras casas, esparcidas en los cinco continentes, retome con renovado vigor el seguimiento fiel de la comunidad cristiana: en nuestras parroquias, asociaciones, movimentos y grupos… El agradecimiento por la belleza encontrada en Venecia, y en la Venecia cristiana, nos hará comunicar a Cristo, en todos los ambientes de la existencia humana, al corazón a menudo perdido, pero siempre sediento, de los hombres de hoy.

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