EVENTO, NON PRETESTO
Un articolo del Patriarca per il Natale 2002
20-12-2002

È ormai lontana la stagione in cui, in modo più o meno ingenuo, gli uomini e le donne dell’Occidente si erano affidati al ‘progresso sempre crescente dell’umanità’ come ad una sorta di permanente assicurazione sulla vita. La storia del secolo XX, in particolare, ha sconfitto qualunque tipo di illusione circa la bontà naturale degli uomini. Perfino tra i milioni di italiani impegnati nel volontariato talora si insinua il terribile sospetto di non riuscire a cambiare veramente le cose.
E tuttavia il desiderio e l’inclinazione al bene, personale e sociale, che vive nel cuore di ciascuno di noi non si spegne. Anzi in questi giorni di Natale si desta con più forza e cerca di aprirsi un varco nella nostra giornata.
Né potrebbe essere diversamente. Chi sperimenta il bene in qualche sua manifestazione, come il sorriso di una madre o il volto dell’amato, non può strappare dal proprio cuore il desiderio del bene totale.
Duemila anni fa la speranza dell’intera umanità è stata raccolta da un bambino che nasceva a Betlemme. ‘Et humanitas apparuit salvatoris nostri Dei’ (Tito 3, 4): ‘Ed è apparsa l’humanitas di Dio, salvatore nostro’.
Il vocabolo latino – humanitas – è praticamente intraducibile, e tuttavia noi capiamo bene ciò che vuol dire. Con insuperabile efficacia, ci fa comprendere che il Natale intercetta il desiderio di bene compiuto di ogni uomo e di ogni donna.
L’humanitas di Dio è innanzitutto questo bambino che noi, con reverente commozione, adoriamo nei presepi delle nostre case e delle nostre chiese. Gesù bambino che, fasciato da Sua Madre, viene offerto alla nostra contemplazione come il volto stesso della Misericordia presente nella storia degli uomini. Nella prospettiva del Natale ogni istante della vita diviene segno dell’imponente e tenera figura di questo Dio-bambino.
Questi ultimi giorni di attesa sono un’occasione privilegiata per riprendere ed approfondire il nostro rapporto con Dio che ha posto la sua dimora in mezzo a noi.
Sorge spontanea la domanda: come, dove incontrarlo?
Se Dio si è fatto uomo è per permanere con la Sua umanità in mezzo a noi. Gesù, nato da Maria, che camminò lungo le strade, oggi martoriate, della Terra Santa, che fu crocifisso per i nostri peccati e, vittorioso, risuscitò dalla morte, Gesù perennemente elargito quale cibo per la vita nel sacramento dell’Eucaristia, continua a donarsi alla libertà di ciascuno di noi nelle nostre comunità cristiane. Lì anche oggi è possibile incontrare l’humanitas di Dio.
La vita di ogni parrocchia, associazione, movimento, gruppo cristiano, infatti, esprime la compagnia stabile di Dio per gli uomini (humanitas). Il fitto tessuto di opere di carità che costituisce un prezioso patrimonio della Chiesa veneziana ce ne offre un’impressionante documentazione. Desiderio, speranze e bisogni umani normalmente vi incontrano uomini lieti e disponibili all’accoglienza. Questa carità operosa è il frutto della liturgia vissuta. I cristiani a Natale annunciano con gioia a tutti che questo bimbo è venuto a salvarci, a consentirci di edificare la pace del cuore e quella tra gli uomini ed i popoli. Questo bimbo ‘è la nostra pace’ (cfr Ef 2, 14).
Tutto è cominciato a Betlemme perché possa iniziare di nuovo quest’anno la notte di Natale. Noi, da soli, non sapremmo rispondere ai bisogni dei nostri fratelli uomini. Tuttavia, non per merito nostro, noi, con tutti i nostri difetti e le nostre lotte, possiamo essere il tramite dell’humanitas di Dio.
Recandoci in Chiesa per la Messa di mezzanotte ricordiamoci dell’avvertimento del Signore: ‘Se non diventerete come i bambini non entrerete nel Regno dei cieli’ (Mt 18, 3).
‘Il bimbo crede che l’angelo dorato ad ali tese in cima all’albero non sia solo un ornamento, ma veramente un Angelo. Fate che continui in lui questo prodigio. Evento e non pretesto’ (T. S. Eliot).
Dio con noi: evento, non pretesto. Ecco il cuore insuperabile del Natale!