Convegno di Studio sul tema"L'esercizio dell'Autorità nella Chiesa"
Venezia, 12 maggio 2004
12-05-2004

ISTITUTO DI DIRITTO CANONICO SAN PIO X DI VENEZIA

Convegno di Studio

L’ESERCIZIO DELL’AUTORITÀ NELLA CHIESA
RIFLESSIONI INTORNO ALL’ESORTAZIONE APOSTOLICA PASTORES GREGIS

Venezia, 12 maggio 2004

Angelo Card. Scola
Patriarca di Venezia

L’ardimento della scelta dell’Istituto di Diritto Canonico San Pio X di porre a tema del suo primo Convegno di studio l’esercizio dell’autorità nella Chiesa si vede dal fatto che esso mette in campo simultaneamente le categorie di libertà e di potere in se stesse e nel loro rapporto. L’attualità della proposta, pur delimitata dalla scelta degli organizzatori all’ambito tracciato dall’Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores gregis (16 ottobre 2003) – oggi arricchita dal Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi (Congregazione per i Vescovi, 2004) ‘ balza subito agli occhi. Essa infatti va ben oltre il puro ambito ecclesiale per raggiungere quello quotidiano e costitutivo dell’umana convivenza nella polis. Libertà e potere nel loro esercizio sostanziano infatti la vita della società civile nei dinamismi attuativi dei delicati rapporti tra persona, comunità primarie, comunità intermedie e istituzioni statuali ai vari livelli. Il Convegno rappresenta pertanto un significativo esempio ‘ e vorremmo che questo diventasse un paradigma distintivo del carattere proprio dello Studium Generale Marcianum ‘ di come la riflessione sulla fisionomia della esperienza ecclesiale cristiana sia feconda di implicazioni antropologiche e sociali che gettano luce sull’esperienza umana, personale e comunitaria, in quanto tale. A conferma che gli studi teologici e canonistici sono al cuore della vita civitas al pari di qualunque altra disciplina accademica.
Per tornare all’ambito proprio di questo Convegno, la letteratura teologica e canonistica intorno al ministero episcopale mostra che l’affermazione del n. 43 dell’Esortazione Apostolica Pastores gregis, posta in esergo del cartoncino di invito, sia tutt’altro che esagerata. Vi si legge che «dopo il Concilio Vaticano II, l’esercizio dell’autorità nella Chiesa s’è rilevato spesso faticoso. Tale situazione, anche se alcune delle difficoltà più acute sembrano superate, permane tuttora» .
È indubbio che le difficoltà legate all’esercizio dell’autorità dipendono da una concezione dialettica ‘ uso il termine in senso tecnico – del rapporto libertà-potere, i due fattori implicati dal concetto di autorità. Per tale concezione il potere dell’autorità implicherebbe sempre e comunque una limitazione del potere della libertà. Come in una sorta di tiro della fune, se prevale il ‘capo’ della libertà verrebbe meno l’autorità. Al contrario quando si tira troppo il ‘capo’ dell’autorità si finirebbe per conculcare la libertà. Ma è veramente così? Sorge qui un invito ‘ e sono certo che i relatori sapranno farsene carico – a considerare attentamente quale sia la vera natura del potere, della sua genesi e del suo esercizio. Nella Chiesa il potere nasce dall’obbedienza a Gesù Cristo, Figlio di Dio, Egli stesso fattosi obbediente al Padre, per la potenza dello Spirito, fino alla morte di croce. Per la Chiesa, come per il Suo Signore, il potere implica una libertà la cui radice ultima non è a propria disposizione, non è in proprio potere. È in potere di un altro. Ecco la sintesi ‘ e non la dialettica ‘ che l’autentico concetto di autorità realizza tra libertà e potere.
L’uomo e le comunità umane sono veramente liberi solo se abbracciano i dati essenziali, previ ed inalterabili, da cui sono costituiti. La genesi, la natura e l’esercizio della libertà si radicano nella ‘natura’ dell’uomo e della comunità ultimamente garantite da Dio. L’autorità, quella autentica, è sempre e solo partecipazione dell’iniziativa divina e, in quanto tale, compie giò che il suo etimo significa: auctoritas da augeo = far crescere.
Non possiamo ovviamente andare oltre questo rapido cenno, circa un argomento che, se da una parte raccoglie un filone tradizionale della riflessione ecclesiologico-canonistica, dall’altra è destinato ad avere una ricaduta preziosa sia sulla vita delle Chiese particolari sia sul dialogo ecumenico.
Proprio questa sua doppia valenza ci consente di fare un’ultima breve notazione. È fuorviante nella Chiesa ogni opposizione tra dottrina e pastorale, come ben intuì il Beato Giovanni XXIII. La dimensione pastorale della dottrina, infatti, marcò fin dall’inizio l’orientamento impresso da papa Roncalli al Concilio Vaticano II . Dalla costituzione apostolica Humanae salutis – il cui titolo è già significativo – al Radiomessaggio a tutti i fedeli ad un mese dal Concilio, non c’è intervento del Papa che non sottolinei la necessità che la Chiesa risponda con sempre maggiore fedeltà a questa sua vocazione pastorale. Soprattutto il discorso d’apertura del Concilio ‘ la celebre allocuzione Gaudet Mater Ecclesia – segna ad un tempo il punto di arrivo e il punto di partenza di una rinnovata autocoscienza pastorale della Chiesa.
Mi sembra che l’Esortazione Apostolica Pastores gregis si situi proprio su questa linea adottata con decisione dal magistero pontificio dopo l’assise conciliare. Tocca, però, a coloro che sono direttamente impegnati nello sviluppo delle scienze ecclesiastiche il compito di elaborare un pensiero critico e sistematico sui contenuti autorevolmente proposti da questo testo del Magistero, indicandone la loro interna coerenza ed approfondendone le ragioni.
Buon lavoro!