Conclusioni del Patriarca nell'atto accademico nel 50° anniversario della morte di Papa Giovanni XXIII (Venezia - Basilica cattedrale di S. Marco, 3 giugno 2013)
04-06-2013
Atto accademico nel 50° anniversario
della morte di Papa Giovanni XXIII
(Venezia – Basilica cattedrale di S. Marco, 3 giugno 2013)
Appunti per le conclusioni del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Ringrazio l’Eccellentissimo Arcivescovo Agostino per averci sapientemente aiutato a cogliere il nesso profondo tra la splendida personalità di Papa Giovanni XXIII e l’evento del Concilio Vaticano II di cui siamo oggi chiamati a raccogliere i frutti e, il più possibile, a suscitarne ancora di ulteriori.
Ringrazio pure mons. Ferme per aver ben introdotto e, prim’ancora, favorito e promosso la realizzazione di quest’iniziativa attraverso la quale Venezia tributa il suo vivissimo ed ufficiale ricordo ad Angelo Giuseppe Roncalli che ebbe il dono di avere come Patriarca di questa città e di questa Chiesa, prima ancora che come Pontefice della Chiesa universale.
Avrò modo nell’omelia della celebrazione eucaristica, che vivremo tra poco, di sottolineare alcuni aspetti per me particolarmente rilevanti della figura del beato Giovanni XXIII e di rilevare quanto egli abbia saputo incidere, in modo così determinante, sulla vita della Chiesa e del mondo.
Desidero, invece, ora dare voce alle parole e ad uno scritto che, gentilmente e proprio in quest’occasione, mi sono stati inviati dalla persona che è stata più vicina ad Angelo Giuseppe Roncalli, qui a Venezia e poi a Roma.
Mi riferisco, naturalmente, a S. Ecc. mons. Loris Capovilla il quale – nel rispondere alla lettera con cui gli comunicavo l’appuntamento odierno – mi ha voluto trasmettere innanzitutto (sono parole sue) la sua ‘esultanza’ e ‘comunione di soavi ricordi’ poiché – scrive – ‘in questi giorni Venezia è particolarmente nei miei pensieri e nella mia preghiera, con sensi di rispetto, riconoscenza, ammirazione e nostalgia e di calorosi auspici che fanno tutt’ uno col Concilio Vaticano II, “il più grande evento religioso e culturale del secolo ventesimo” (Giov. Paolo II), “stella polare del ventunesimo” (Benedetto XVI) ; tutt’ uno con “Pacem in terris”, la morte pentecostale di Giovanni XXIII, l’elezione di Paolo VI. Molto vorrei scrivere. Mi contento di segnalare al presbiterio e ai concittadini la prima comunicazione pastorale del card. Patriarca Roncalli del 25 aprile 1953, quaranta giorni dopo l’insediamento sulla cattedra di San Marco’.
Mons. Capovilla ci raccomanda e indica, quindi, quel primo scritto ufficiale dell’allora Patriarca alla sua diocesi di Venezia e da quel testo mi permetto di estrapolare qualche passaggio molto significativo e che sento particolarmente vicino.
Roncalli inizia così: ‘Miei diletti figli di Venezia. Da qualche settimana ha preso inizio regolare il mio ministero pastorale in mezzo a voi, e ne benedico Iddio. Le accoglienze che mi riservaste in quella domenica ‘Laetare, Jerusalem”, che resterà uno dei ricordi più toccanti della mia vita, non furono dunque un semplice tratto di cortesia che i Veneziani sanno offrire per nativa e secolare educazione ai visitatori della loro incantevole città, ma l’espressione di un sentimento del cuore più profondo e vivo, cuore di figli verso il Patriarca. Per i Veneziani basta questo nome a tutto dire. Quante volte mi accade di incontrarmi nei vostri volti in cerimonie religiose, o per altro, nei rapporti numerosi con ogni classe di persone, sempre vi scorgo la stessa letizia, la stessa grazia buona e serena del primo vederci, come se ormai fossimo, come siamo di fatto, di famiglia’.
A seguire il Patriarca Roncalli spiega il senso di quel suo primo scritto – che vuole anche riprendere l’usanza di un predecessore, il card. La Fontaine, di scrivere delle ‘brevi lettere piuttosto frequenti, secondo le circostanze più indicate per andare diritto allo spirito, svegliarlo e infervorarlo al bene’ – e si concentra subito su due aspetti per lui fondamentali.
‘Due cose vi voglio ricordare: la fede di San Marco e la sua devozione a San Pietro: due caratteristiche del buon cristiano di tutti i tempi, fede profonda e viva, e devozione alla Santa Chiesa. Figli di Venezia, San Marco non deve restare come un blasone sui monumenti pubblici, sulle tele e sui bronzi, a rammentarvi nostalgicamente le antiche glorie della Serenissima Repubblica, ma è come la indicazione di un deposito prezioso che voi conservate nei cuori, di un patrimonio sacro, la fede religiosa, la fede cattolica che i vostri avi vi lasciarono, ed a cui fecero grande onore; non semplicemente ad ornamento fittizio delle loro imprese belliche o diplomatiche, ma a sorgente perenne di saggezza, e di virtù cristiane e civili. Fra tante ideologie che sorgono e scompaiono, nessuna delle quali è mai riuscita a dar la pace agli spiriti, la fede in Gesù figlio di Dio e figlio di Maria, è pur sempre grande e indefettibile luce alla intelligenza e conforto ai cuori. La atmosfera inquinata dello spirito del mondo pregiudica gravemente la tranquillità delle anime sitibonde di verità e di pace, e deve incoraggiare le coscienze di tutti a non lasciarsi adescare dalle varie utopie che sono inganno e delusione’.
Di seguito il Patriarca Roncalli si sofferma sulla necessità di ‘nutrire le anime di fede profonda, illuminata, operosa’ e di ‘irrobustirle contro i nemici interni ed esterni, e renderle sempre più vigorose nell’esercizio di un apostolato che deve essere trionfo esultante di verace fraternità’.
E, dopo aver annunciato che si sarebbe particolarmente dedicato all’amministrazione delle Cresime in città e nel Patriarcato nel periodo che – non a caso – va dalla festa di S. Marco a quella di S. Pietro, termina la sua prima comunicazione pastorale sottolineando proprio il legame tra queste due grandi figure: ‘In questo incontro, miei diletti figli, dei due Apostoli, non scorgete voi il secondo tratto della fisionomia caratteristica del cattolico perfetto, cioè la devozione alla Chiesa consistente nella devozione al Papa che, come successore di san Pietro, è della Chiesa il Capo augusto? Lasciate che io mi feliciti con voi dello squisito senso di cattolicità che ho già ammirato nei vari incontri di questo mio ministero pastorale appena iniziato. La frase felice di san Pier Damiani: ‘Merito, ubi Marcus, ibi Petrus: giustamente, dove è Marco là è Pietro’ incide tutta una direzione spirituale dei figli di Venezia qualificando i fasti più luminosi della loro storia, ed io aggiungo, del loro avvenire’.
Roncalli, infine, così conclude: ‘Vorrei dirvi di più su questo argomento, e più vi dirò a tempo e luogo, se il Signore mi aiuta. Per cominciare bastano due tocchi: la santa fede cattolica ed apostolica, e la Santa Chiesa, nostra maestra e nostra madre col Santo Padre al vertice e a corona. ‘Ubi Marcus, ibi Petrus’: questo è il grande elogio di Venezia. cattolica’.
L’Arcivescovo Loris – che ringrazio vivamente per averci ricordato e riconsegnato queste parole – nel suo messaggio per questo nostro incontro aggiunge ancora: ‘Eccellenza. Nonostante la mia limitatezza di piccolo contubernale, potete ben credere che custodisco lucidamente gli estremi insegnamenti dell’uomo mandato da Dio, il quale, nell’ora più esaltante del suo ministero petrino, affermò in faccia al mondo: “La mia persona conta niente. E’ un fratello che vi parla, divenuto padre per volontà dì Nostro Signore. Ma paternità e fraternità è tutt’uno, è grazia di Dio: tutto tutto” (Il. X. 1962, ore 19)’.
Anche attraverso questa testimonianza emerge tutta la grandezza del Patriarca e Papa Roncalli e soprattutto – come dirò tra poco, durante l’omelia della messa – si evidenzia tutta la sua sollecitudine pastorale che si traduce in una totale dedizione al bene della Chiesa e delle anime, rendendosi strumento docile e coraggioso al piano provvidenziale di Dio e lasciandosi sempre da Lui guidare, come portato – in ogni momento – su ‘un’onda di dolcissima pace’.