Casa diocesana di spiritualità 'S. Maria Assunta': preambolo allo Statuto
 
25-04-2001

Il primo maggio avrò la gioia di “dedicare al Signore” la chiesa della “Casa diocesana di spiritualità” al Cavallino. Essa è stata ristrutturata soprattutto nel presbiterio (dove sono stati collocati i blocchi di marmo dell’altare, del tabernacolo, dell’ambone, della sede del celebrante e del basamento per il simulacro della Santa Madre di Dio), ma anche nella revisione dell’aula assembleare che è stata dotata d’impianti adeguati per l’acustica, l’illuminazione e la climatizzazione. E’ stata inoltre arricchita da una serie di pregevoli icone che potrà ancora completarsi. Si è anche creata una cappellina per l’adorazione, in grado di ospitare i piccoli gruppi per la preghiera e per le celebrazioni dell’Eucaristia.
Questi sono i luoghi che danno fisionomia ad una Casa nata per dar respiro spirituale alla nostra Chiesa: prima della solenne Dedicazione, voglio esporvi il mio pensiero su un “sogno” che finalmente si è avverato e che dev’essere compreso ed alimentato perché continui e porti i frutti buoni che tutti desideriamo.

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Nel mio lungo ministero di prete e di vescovo, ho sempre creduto che il modo migliore per servire il Signore nella sua Chiesa fosse di operare per costruire una comunità di discepoli del Signore Gesù.
Ho sempre creduto che la sorgente prima della santità fosse il Battesimo e che, quindi, la santità fosse una chiamata offerta a tutti. Il Battesimo e, con esso, il dono dello Spirito e l’Eucaristia sono sorgente e alimento della “vita in Cristo” secondo i doni e i ministeri di ciascuno.
Ho creduto che la strada della santità fosse fatta di doni offerti assolutamente a tutti e alla portata di tutti. Tali sono i Sacramenti, la Parola di Dio, l’Anno liturgico e il Giorno del Signore. Infine la partecipazione alla propria Chiesa particolare, ciascuno con il proprio carisma o ministero.

Fin dall’inizio del mio ministero a Venezia mi sono sforzato di promuovere questa linea formativa-spirituale
e per questo ho favorito la pratica degli Esercizi e Ritiri spirituali, convinto della loro necessità per una crescita cristiana della Diocesi e anche per la promozione delle vocazioni maschili e femminili.
Per tanti anni ho sognato un luogo in cui queste proposte potessero essere fatte e aiutate a crescere. Tali luoghi sono necessari soprattutto ora, travolti come siamo dai ritmi imposti dai tempi in cui viviamo.

Abbiamo iniziato l’esperienza degli Esercizi spirituali diocesani pellegrinando nelle diverse case delle altre diocesi e delle congregazioni religiose, senza avere però un riferimento stabile dove i gruppi e le parrocchie potessero trovare accoglienza e un sacerdote che li potesse aiutare.
Contestualmente però ci si è messi alla ricerca di un luogo dove la Diocesi potesse avere una sua Casa di Esercizi. Si esperirono molti tentativi, senza mai trovare una soluzione soddisfacente.
Nel frattempo la Provvidenza aveva messo nelle mani del Patriarca due notevoli eredità di cui egli poteva disporre per le proprie opere di bene e per iniziative formative e spirituali. Il Patriarca le affidava, per una saggia custodia, all’Ufficio Amministrativo Diocesano, salvaguardandone però la finalità, che cioè il patrimonio fosse conservato per una Casa diocesana di Esercizi.

Quando le Suore Dorotee informarono il Patriarca della loro intenzione di alienare la Casa S. Maria Assunta al Cavallino, parve giunto il momento di dare corpo all’idea sognata per tanti anni. Acquisiti i doverosi pareri istituzionali, si passò all’acquisto d’una struttura che consentiva sia la Casa di Esercizi, sia un uso estivo che, coi ricavi, ripianasse le inevitabili perdite del periodo degli Esercizi.
Va dato atto che le Suore riservarono alla Diocesi un trattamento non propriamente commerciale.
La struttura venne acquistata regolarmente e, per quanto è stato possibile, restaurata in vista del duplice servizio.
Si riuscì ad avere una piccola comunità di Religiose per l’accoglienza de
lle persone e la responsabilità morale e disciplinare della Casa, sia durante il periodo dell’attività spirituale, che nel periodo estivo, perché essa mantenesse sempre la sua impronta. Alla Casa venne assegnato anche un sacerdote, come responsabile spirituale, perché seguisse le persone che vengono a cercarvi un aiuto.
L’obiettivo a tempi lunghi della Casa è di costituire un centro vitale di animazione spirituale e culturale della Diocesi. Già ora, oltre ai corsi di Esercizi dell’ODERS (Opera diocesana per la promozione degli Esercizi e Ritiri spirituali), vi si tengono gli Esercizi dei sacerdoti e i Corsi residenziali o Convegni di carattere ecclesiale anche di altre Diocesi: evidentemente in periodo non estivo, quando (da giugno a metà settembre) la struttura é a servizio di un turismo “qualificato”: alla Casa infatti, anche durante l’estate, è assicurato un servizio religioso quotidiano.

Finalmente ora, alla fine del mio ministero episcopale a Venezia, la Diocesi ha la sua Casa di Spiritualità. E’ concepita come un luogo in cui sia possibile a tutti, almeno una volta in vita, vivere qualche giorno in profondo silenzio perché tutto taccia, Dio parli e sia lui il primo: è un’esperienza decisiva per la vita di una persona.
La Casa è stata voluta “diocesana” perché ogni Chiesa, deve avere una sua tradizione spirituale: una Chiesa non è un’altra, ha i suoi santi, i suoi vescovi, i suoi religiosi, i suoi preti, i suoi laici, una sua storia, una sua vita e quindi anche una sua tradizione. Una Casa non per fare gli Esercizi in qualunque modo o per offrire chissà quale spiritualità, ma secondo una spiritualità per la vita cristiana di tutti (una spiritualità che propone con forza la chiamata di tutti alla santità seminata dal Battesimo – il terreno di tutti i carismi e ministeri – dall’ascolto della Parola di Dio, dalla centralità della Domenica e dell’Eucaristia e dall’amore per la propria Chiesa particolare). Una Casa che è un atto di amore per questa Chiesa e pe
r questa storia in cui il Signore ci ha chiamati.
Soltanto così si riuscirà a far crescere una tradizione spirituale diocesana, in cui tutte le persone si possano riconoscere, che valorizzi la storia religiosa del nostro territorio e dia risposta alle esigenze peculiari delle comunità che vivono nella nostra cultura.

Mi è cara l’immagine di Gesù che attende la Samaritana al pozzo. Amo pensare “Casa Maria Assunta” proprio come il pozzo di Sichar dove Gesù attende, è sempre possibile incontrarlo per avere da lui “l’acqua viva” che finalmente disseta.

Venezia, 25 aprile 2001, Festa di San Marco