Omelia del Patriarca nella festa della Madonna della Salute (Venezia, 21 novembre 2022)
21-11-2022

Festa della Madonna della Salute

(Venezia, 21 novembre 2022)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Stimate autorità, confratelli nel sacerdozio, diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici,

“tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rm 8,28): sono le parole dell’apostolo Paolo tratte dalla seconda lettura della solennità di questo giorno di festa per la Chiesa e la città di Venezia che ci vede, come i nostri progenitori, pellegrini in questa Basilica per rinnovare oggi il voto e la richiesta di salvezza innanzi all’icona della Madre del Redentore che invochiamo col nome, a noi veneziani carissimo, di “Madonna della Salute”.

Sì, “tutto concorre al bene” e noi desideriamo il bene per noi, per le persone che ci sono care, per la nostra città, per il nostro Paese e per il mondo intero, soprattutto là dove la mancanza di amore genera sopraffazione, violenza e morte, là dove è necessario quel bene più grande che genera pace perché porta verità, giustizia e perdono. Gesù, nel Vangelo, è molto chiaro: omicidi, furti, rapine e adulteri nascono dal cuore dell’uomo (cfr. Mc 7,21-23) e la vera educazione è quella del cuore; dobbiamo educarci ad avere dei cuori “buoni”.

Non si tratta, quindi, di fare il male in modo indolore o nascosto o garantiti da una legge – esistono, infatti, anche leggi ingiuste (ricordo quelle razziali, ma non ci sono solo quelle, ce ne sono anche altre che riguardano i momenti di fragilità della vita) -; si tratta, piuttosto, di fare il bene prendendo le distanze da ogni forma di male, anche quelle legalizzate.

Desiderare e perseguire il vero bene mio e dell’altro, il bene comune, il bene dei più fragili poiché è questo che misura la civiltà: è anche il filo conduttore che guida la nostra Chiesa che è in Venezia, in quest’anno, nel nuovo tratto del Cammino sinodale e che fa immediatamente emergere le domande fondamentali sul senso della vita, su ciò che guida la nostra esistenza e le motivazioni “forti” che la animano o che, se vengono meno, lasciano spazio a vuoti nell’animo e a carenze affettive, spesso esito di una carente opera educativa (ed è la comunità che educa).

E qui si fanno strada derive pericolose che prendono il sopravvento nei giovani ma, anche, in non pochi adulti che, di volta in volta, finiscono per compiere quei gesti che i nostri media ci ripropongono continuamente, finiscono per assumere droga o alcol e per praticare violenza contro sé stessi e gli altri ed ecco tra l’altro la violenza contro le donne o quella sui luoghi di lavoro (le cosiddette morti “bianche” che sono, comunque, sempre delle morti…), nelle diverse forme della piccola o grande criminalità, del vandalismo, dell’indifferenza, del disinteresse o della noia.

Riprendo questo pensiero di Romano Guardini: “Ogni ora, ogni giorno, ogni anno sono vive fasi della nostra esistenza concreta; ciascuna di esse accade una volta sola, venendo a costituire, nella totalità dell’esistenza, una parte che non si lascia scambiare con altre… la tensione dell’esistenza e il pungolo, che dal profondo ci muove a viverla, risiedono proprio nel fatto che ogni fase della vita è nuova, e non era mai accaduta prima, ed è unica, e poi passa per sempre. Non appena non s’avverte più quello sprone a vivere l’esistenza, nasce un sentimento di monotonia che può crescere fino alla disperazione” (Romano Guardini, Le età della vita, Milano 1986, pag. 12).

Goethe arriva perfino a dire, certo in modo paradossale ma con una punta di verità: “Tutto al mondo si può sopportare tranne una sfilza di belle giornate”. Anche qui può insorgere il sentimento della noia e della monotonia che può crescere fino alla disperazione.

Tutti possono provarlo, ma pensiamo a quanto ne sono esposti uomini e donne fragili e, in particolare, i giovani, che qualora privi di presenze significative (noi adulti latitiamo!), finiscono per lasciarsi andare e cadere nelle mani di chi vende illusioni; quanti mercanti di illusioni e di morte sono in azione 24 ore al giorno! E dietro ad una dose di droga ci sono decine o centinaia di interessi e di volti anonimi, ad eccezione dell’ultimo, quello che materialmente porge la bustina e che, quasi sempre, è “disgraziato” come chi la riceve.

Comprendiamo, allora, ogni giorno di più come sia necessario, per avere buone e “forti” motivazioni per affrontare la realtà e la propria esistenza, avere attorno a sé volti di persone amiche e molto motivate; l’educazione richiede una grande motivazione. Nello stesso tempo intuiamo quanto sia fragile e, alla lunga, deleterio per ogni persona, per ogni comunità e per l’intera società ciò che si esprime nel pensiero “debole”, ossia relazioni “deboli” e impegni “deboli” (fino a quando ne ho voglia…), e una continua sottolineatura dei “diritti” (o presunti tali) a scapito dei “doveri” e tutto ciò che mostra una “debole” capacità di educare alla vita e trasmettere ciò che fonda e sostiene – nel bene e nella verità – l’esistenza quotidiana.

Quanto è importante, oggi, ricercare il bene! Per questo siamo dinanzi all’icona della Madonna della Salute, la nostra Madre comune. Sì, la struttura portante di una vita è segnata dall’amore, ossia dall’amare e dal sentirsi amati.

Noi abbiamo ricevuto la vita dai nostri genitori, non siamo venuti al mondo per una nostra scelta; abbiamo ricevuto la vita come frutto del loro amore e, alla fine, dell’amore di Dio. Noi, uomini e donne, siamo esseri amati che amano e che desiderano essere amati. E quando manca questa nota essenziale del vivere manca tutto; molte cose, nella nostra società e tra di noi, hanno questa semplice spiegazione. Sentirsi amati e avere persone da amare: questo è il punto di ogni vero inizio e il punto d’arrivo circa il senso da dare alla vita. Le altre aspettative, anche le più nobili o alte, da sole, non bastano se non è presente il desiderio e l’esigenza di amare ed essere amati.

Sono necessarie buone relazioni e gli anni del Covid ce lo hanno dimostrato. Già nei primissimi anni di vita sono fondamentali le relazioni e i contatti, al punto che taluni disturbi – anche gravi – della parola, del linguaggio, del comportamento e della relazionalità sono l’esito di mancate (o sbagliate) relazioni nei primi – decisivi – momenti dell’esistenza, a partire da quelli vissuti nel grembo materno. E su questo non si riflette mai abbastanza, con serenità e pacatezza.

Se non si è amati, se non vi sono relazioni fondanti e positive, la persona non cresce, non matura e, prima ancora, non è tutelata. E ciò vale per tutte le età della vita: per l’infanzia, per l’adolescenza e, seppur per altri versi, anche per la terza e quarta età, la benedetta vecchiaia, stagione della vita da riscoprire e valorizzare.

C’è bisogno di vicinanza, d’affetto, di persone disposte a camminare  con gli altri, capaci d’attestare una visione e proporre un cammino di discernimento, ossia – per citare di nuovo Romano Guardini – aiutare a «distinguersi, in quanto io, dagli altri… porsi come persona libera e responsabile… acquisire un proprio giudizio sul mondo e sulla propria posizione nel mondo… diventare un io, per muoversi verso l’altro, per potere, in quanto “io”, dire “tu”» (Romano Guardini, Le età della vita, Milano 1986, pag. 24).

Ecco perché tante cose intorno a noi e tra di noi non funzionano come dovrebbero. Ecco perché – come ritroviamo negli “appunti” scritti per la Diocesi quale contributo al discernimento comunitario richiesto dal Cammino sinodale – “bisogna ricentrare la nostra attenzione sulla famiglia come soggetto prioritario della pastorale – ma potremo anche ben dire come soggetto prioritario per la vita di una società e di una città – in quanto la famiglia è esperienza di tutti. In essa convivono le generazioni e le diverse vocazioni”.

Nello stesso tempo bisogna sorreggerle con “la necessità di ascoltare con empatia le famiglie in difficoltà, accompagnandole e formando futuri educatori e catechisti disposti a camminare con loro” (Francesco Moraglia, Desiderare il bene, Venezia 2022, pagg. 24 e 25). Sì, c’è tanto bisogno di famiglia, di genitori, di figure autorevoli per i più giovani e non solo per loro…

Alcuni anni or sono, Benedetto XVI, parlando ai Vescovi italiani, invitava a non cedere alla sfiducia e alla rassegnazione e a ridestare perciò un’autentica passione educativa rivolta in modo particolare alle nuove generazioni – ieri, al pellegrinaggio numeroso dei giovani della Diocesi, ho citato in proposito le parole di Papa Francesco all’Angelus dedicate proprio a loro – e facendo in modo che tale passione educativa non si riduca ad un insieme di tecniche o di principi validi ma aridi da trasmettere.

C’è bisogno, piuttosto, di risvegliare «una passione dell’“io” per il “tu”, per il “noi”, per Dio», una capacità di stare al mondo e a contatto con la realtà e, nello stesso tempo, aperti al trascendente, tornando così “a proporre ai giovani la misura alta e trascendente della vita, intesa come vocazione” (Benedetto XVI, Discorso del Santo Padre all’Assemblea generale della Cei, Roma 27 maggio 2010). Ogni tanto, durante la giornata, fermiamoci e alziamo lo sguardo, come è stato ricordato ieri sera anche ai giovani attraverso la figura del Beato Carlo Acutis.

La Vergine Santissima, donna umile e forte, è l’esempio per ogni discepolo – uomo, donna, fedele laico, consacrato, consacrata, diacono, prete, vescovo –, Ella che è stata presente sempre, dall’annuncio dell’angelo fino alla croce, non solo operosa ma premurosa, non solo fedele ma intraprendente, non solo mite ma forte, come nell’episodio del Vangelo delle nozze di Cana, il Vangelo appena ascoltato, in cui Maria è protagonista nel venir incontro all’umanità fragile e nel consegnarla a Gesù. Le sue parole sono pienamente comprensibili se si leggono nel contesto dell’Alleanza poiché generano il discepolato della fede e qui inizia la Chiesa: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5).

La Madonna della Salute ci insegna come “tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rm 8,28), Lei ci faccia crescere nella comunione ecclesiale, nell’appartenenza a Cristo, nell’annuncio del Vangelo, nel “gesto semplice ed eloquente dell’amore reciproco, vissuto nel quotidiano e fatto di fraternità, pazienza, accoglienza, perdono”; atteggiamenti del cuore e della mente necessari per suscitare una vera comunità educativa.

Ci aiuti a desiderare e a promuovere il bene e a rendere soprattutto le nostre comunità ecclesiali organismi vitali (non organizzazioni) “in cui nel segno della fede, della speranza e della carità si generano relazioni nuove, umanamente e cristianamente vive, capaci di rinnovare la società in cui viviamo” (Francesco Moraglia, Desiderare il bene, Venezia 2022, pagg. 26 e 27).

La Vergine Santissima è la donna da cui inizia la redenzione: recuperiamo il volto materno della Chiesa perché, altrimenti, diventa un’associazione segnata (quando va bene…) dall’efficienza; recuperiamo il volto materno della società perché la donna rappresenta, al massimo, la tutela dell’uomo ed è nel “sì” di Maria che una maternità biologica diventa una realtà teologica; recuperiamo l’idea che non c’è umano senza “biologico”, non c’è uomo senza corpo e quest’uomo appartiene al “teologico” che è il progetto e la storia di Dio, ossia la salvezza dell’umanità.

Maria è la prima discepola, è la figlia di Sion, la madre, la sposa, “la personificazione” della Chiesa – nel suo principio femminile e materno – che tutti conduce a Gesù, suo Figlio, unico Redentore; per questo la invochiamo come Madonna della Salute. Buona festa della Salute a tutti!