Messaggio pasquale del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia
Messaggio
Santa Pasqua 2015
Carissimi,
quella mattina di duemila anni fa a Gerusalemme, insieme alla pietra del sepolcro, gli uomini hanno visto ribaltato – una volta per tutte – il significato della loro vita e dell’intera storia. Da quella mattina il succedersi dei giorni non solo ha assunto un ritmo diverso ma ha preso un senso nuovo. Infatti, per la prima volta, in quella mattina l’impotenza umana – la morte – è stata sconfitta e Gesù, risorto col suo vero corpo, ha rivelato all’uomo la sua vera grandezza.
A Pasqua Gesù di Nazareth – “il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8, 29) – inaugura l’umanità nuova. Pasqua, quindi, conferisce al cristiano una responsabilità più grande: vivere il momento presente con la forza che nasce dal Crocifisso risorto. Noi crediamo realmente in Lui se cambia il nostro modo di vivere.
L’augurio, carissimi, è che la Pasqua non sia solo guardare avanti ma reinterpretare l’oggi con la saggezza di chi coglie tutto a partire dal suo senso ultimo; si tratta di vivere il presente secondo la logica di Gesù risorto. Ed è proprio il Risorto che ci invita a non fermarci al momento presente, secondo la sola ottica terrena, ma a cogliere tutto – ad iniziare dalla corporeità e dal possesso dei beni materiali – nella prospettiva del compimento finale: i “nuovi cieli e una terra nuova” (2Pt 3,13).
Bisogna prendere le distanze da quanto grava sulla nostra società che, pure, ama definirsi progredita; bisogna, con coraggio, opporsi alle molte disfunzioni che la segnano e la rendono succube del pensiero unico dominante, impedendole di guardare al vero bene della persona, della famiglia e della stessa società. Siamo chiamati, in tal modo, a dissentire da una politica capace solo di accusarsi reciprocamente nei suoi diversi schieramenti (e al loro stesso interno) e incapace di porre al centro l’uomo.
Guardiamo a Gesù realmente risorto e a partire da Lui – vero Dio e vero uomo – consideriamo, in modo radicalmente nuovo, l’uomo e la società. In tale logica entra la domenica come giorno del Signore e giorno dell’uomo ma se continueremo progressivamente a smarrire il senso religioso, antropologico e sociale della domenica semplicemente perderemo l’uomo, “ridotto” ormai alla sola dimensione economica. Ci limiteremo ad interrogarci solo su quanto produce e su quanto guadagna ma quando, per età o salute, non produrrà e non guadagnerà più quale posto troverà nella società in cui conta solo, o soprattutto, la produzione e il guadagno? 
E, insieme all’uomo, indeboliremo anche la famiglia – che è relazione fondante la convivenza sociale – in una società che, oggi, risulta sempre più “liquida” al punto da rendere più difficile l’alleanza fedele tra l’uomo e la donna chiamati, nel dono di sé, a trasmettere e custodire il bene essenziale della vita, fin dal suo primo sorgere nel grembo materno.
Di recente Papa Francesco ha condannato con forza ogni forma di ideologia sulla famiglia, ad iniziare da quella del gender: La famiglia rimane al fondamento della convivenza e la garanzia contro lo sfaldamento sociale. I bambini hanno il diritto di crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione affettiva. Per questa ragione, nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, ho posto l’accento sul contributo «indispensabile» del matrimonio alla società, contributo che «supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia»” (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna, 17 novembre 2014).
Infine, chiediamoci: basta scandalizzarsi per la domenica “tradita”, per la famiglia “lasciata sola”, per il lavoro “precario”, per il dramma dei “popoli della fame” costretti a migrare per non morire?
Gesù risorto – ammonisce la fede cristiana – non ci viene incontro come Colui che elimina i problemi; piuttosto, a Pasqua, inizia l’impegno del cristiano, chiamato ad affrontare la vita secondo la sapienza del Risorto che non ha “evitato” la morte ma l’ha affrontata e vinta. Questa è la concretezza della Pasqua cristiana!
A tutti, a chi è provato negli affetti familiari, ai malati, agli anziani, ai giovani, a quanti faticano a dar senso alla loro vita, l’augurio fraterno d’incontrare il Signore risorto.
 
                                                                                                                                                                                                                                                    Francesco, patriarca
01-04-2015