Terzo articolo del Patriarca sul cammino sinodale (da Gente Veneta): “Anche nella vita ecclesiale, come nell’Eucaristia, c’è bisogno di stupore e adorazione”

Entrare nel grande spazio dello stupore e dell’adorazione

Patriarca Francesco Moraglia

 

 

All’inizio del cammino sinodale, che desideriamo vivere come Chiesa (fedeli e pastori), è importante sottolineare quanto ha detto Papa Francesco nell’omelia del Corpus Domini lo scorso 6 giugno: «Bisogna allargare il cuore. Occorre uscire dalla piccola stanza del nostro io ed entrare nel grande spazio dello stupore e dell’adorazione. E questo ci manca tanto! Questo ci manca in tanti movimenti che noi facciamo per incontrarci, riunirci, pensare insieme la pastorale… Ma se manca questo, se manca lo stupore e l’adorazione, non c’è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il sinodo, niente. Questo è l’atteggiamento davanti all’Eucaristia, di questo abbiamo bisogno: adorazione».

Sì, proprio tali parole devono essere patrimonio condiviso dalla nostra Chiesa, sia dai laici sia dai pastori. Dobbiamo farle nostre per un cammino che sia davvero sinodale, in unione con le altre Chiese, rispondente a ciò che Dio attende tanto dalle nostre comunità quanto da ciascuno di noi.

Lo stupore e l’adorazione, richiesti per l’Eucaristia, sono necessari anche nella vita ecclesiale. Così come nell’Eucaristia le umili specie del pane e del vino “racchiudono” il dono immenso della presenza dell’umanità e divinità di Cristo, allo stesso modo i limiti nostri e delle nostre comunità “racchiudono” il mistero della Chiesa dove l’amore di Dio è per tutti.

Papa Francesco, parlando di stupore e adorazione, ci indica il modo condiviso di camminare e vivere, senza equivoci, la sinodalità nella Chiesa. E così facendo proclama il primato di Dio ed invita a guardare al volto di Dio che, in ogni momento, costituisce e vivifica la Chiesa.

Nella Chiesa non si decide come nella comunità umana. Nella Chiesa tutto parte dal discernimento dello Spirito che si realizza nelle pieghe della storia, con uno sguardo ad un tempo contemplativo e storico su uomini e situazioni. L’adorazione e lo stupore sono, quindi, l’invito ad uscire da se stessi e, quindi, da visioni e progetti solo orizzontali, non espressivi e non aperti al mistero di Dio. Si affida tutto a statistiche ed analisi sociologiche mentre la storia esprime ma non esaurisce il mistero di Dio e dell’uomo.

Come Papa Francesco ha ricordato ai vescovi italiani, durante la 74^Assemblea Generale, sarebbe riduttivo e alla fine erroneo e fuorviante omologare il sinodo ad un’assemblea umana che delibera a maggioranza, così come nei parlamenti. Quello che il Padre, nello Spirito, vuole dalla Chiesa non lo si può cogliere attraverso un voto a maggioranza. Se così fosse sarebbe il successo di chi detiene il dominio dei mezzi di comunicazione ed è in grado di creare consenso o dissenso. In questa logica mondana possono, talvolta, rimanere impigliati anche uomini e donne di Chiesa soffrendone tristi conseguenze.

Il criterio della Chiesa è un altro: è il Vangelo, ossia Gesù, ad un tempo Amore e Logos. Il cammino sinodale richiede, in tal modo, un discernimento condiviso dai differenti soggetti ecclesiali che si pongono in sincero ed umile ascolto dello Spirito, con attenzione e sapienza evangelica nei confronti delle domande e attese del mondo. La Chiesa – come insegna il Concilio Vaticano II – è, insieme, il sacramento di Cristo e il popolo di Dio che cammina per le vie del mondo con empatia verso tutti e grande umiltà.

Il Papa ci chiede d’allargare il cuore per scoprire la strada che oggi conduce al Signore; l’adorazione e lo stupore aprono il nostro cuore. Il Signore ha tenuto aperta per noi la strada in questo drammatico tempo di pandemia suscitando in molti (anche non credenti) domande, nostalgie e propositi; si tratta, ora, di saper cogliere ciò che i due discepoli di Emmaus non scorgevano, ovvero la realtà di una storia già salvata ma non ancora vissuta come tale.

Ad allargare il cuore sono invitati i laici, i consacrati e i pastori per scorgere insieme la strada e avere la forza di percorrerla, prendendo le distanze da ogni deriva ecclesiale a cominciare dal cosiddetto clericalismo e dall’appiattimento sulle culture dominanti.

Sono proprio la fede e lo stupore a donarci cuore ed occhi nuovi e a disporci per un discernimento non al “ribasso”, ma capace di guardare “oltre” la carne e il sangue (cf Mt 16,17). In fondo, la fede e lo stupore sono il modo con cui i discepoli del Risorto abitano la storia.

Il senso della fede (“sensus fidei”) appartiene al popolo di Dio nella sua totalità, fedeli, consacrati e pastori in comunione fra di loro ma prima ancora col Vangelo, che è il fondamento della Chiesa di sempre. Apriamoci, allora, con fiducia «al senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo di Dio» il quale «non può sbagliarsi nel credere […] quando “dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici” esprime il suo universale consenso in materia di fede e di morale» (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium n. 12).

Il 30 gennaio scorso Papa Francesco ha difeso con fermezza il Concilio Vaticano II dicendo: «Chi non lo segue è fuori dalla Chiesa». E qui c’è qualcosa d’essenziale. La testimonianza di fede di tutto il Popolo è suscitata dallo Spirito Santo che sempre costituisce la Chiesa ed opera in essa. Al momento del battesimo, il catecumeno confessa di credere “la Chiesa”, professando la fede “nello” Spirito Santo.

La sinodalità è quel processo che riguarda tutta la Chiesa (la rinnova) e di cui è protagonista l’intero popolo di Dio: fedeli, consacrati e pastori. Ecco perché ci è chiesto di “allargare” il cuore, mentre la fede e lo stupore sono il dono dello Spirito che ci indica la strada.

Questa è la dinamica della riforma della Chiesa che mira ad una fedeltà più grande al Vangelo; a partire da tale logica, si dà la riforma dal “basso” verso l’“alto”, dalla “periferia” al “centro”, dall’ “alto” al “basso”, col discernimento ecclesiale per una riforma autentica.

Ognuno di noi è chiamato a vivere la dimensione sinodale in fedeltà alla sua vocazione specifica, alla propria identità ecclesiale. Tutti – laici, consacrati e pastori – siamo attori a pieno titolo di tale cammino, nella comunione dell’unica fede e nella fedeltà alla nostra vocazione.

La Madonna della Salute ci tenga per mano e ci conduca nel cammino che stiamo per iniziare. A Lei chiediamo di poter essere più fedeli, più umili, più missionari. In una parola: più Chiesa!