Tavola rotonda: intervento di Henri Hude

SITUAZIONE DELL’ EUROPA, PROGETTO GLOBALE E EVANGELIZZAZIONE
Prof. H.Hude

Per esporre la situazione dell’Europa in rapporto all’opera della sua evangelizzazione, il metodo giusto è, a mio parere, quello di considerare il suo problema politico in profondità e in tutta la sua entità. Per politico, non dobbiamo considerare partiti e giochi di potere, amministrazione e tecnocrazia, cinema quotidiano e battage mediatico. La politica è fondamentalmente una forma inglobante della vita insieme, del legame sociale e dell’essere in comune. In questo senso si tratta di una materia che deve essere presa in considerazione da coloro che vogliono parlare adeguatamente di amore verso il prossimo.
La pertinenza politica della fede cristiana per il futuro della città libera e del genere umano in un mondo globalizzato costituirà sempre di più uno degli argomenti di credibilità indispensabili per accogliere la fede in Cristo. Ciò non contrasta né con l’instancabile carità umile e quotidiana né con la semplice testimonianza personale; ma ne costituisce piuttosto una modalità essenziale, soprattutto per coloro che sono portatori della vocazione più speciale.
Ebbene, ogni vita in comune ha bisogno di strutturarsi attorno ad un progetto collettivo. La situazione dell’Europa a tal proposito può essere analizzata come una crisi o una carenza di progetto. Quelli che già esistono non sono sufficientemente ‘mobilizzatori’. Quelli che potrebbero mobilizzare non esistono, o permangono invisibili.

Ecco perché vorrei che la presente riflessione passasse attraverso i seguenti punti :

1. L’Europa ha un progetto? 2. Un progetto ‘mobilizzatore’ coinvolge lo Spirito? 3. La Chiesa e l’amicizia in una città libera 4. Alcuni temi per un progetto 5. Perché il mondo ha bisogno di un’Europa in cui la Chiesa sia viva ?

1 L’Europa ha un progetto?
Un vecchio imprenditore e ministro francese dell’economia, oggi presidente della Fondazione per il Rinnovamento in Politica, Francis MER, ha dichiarato recentemente: ‘ Quello che mi preoccupa, è il malessere generale della società (‘) europea. Gli (‘) Europei, non sanno dove stanno andando, in quanto i loro capi non indicano loro una direzione, non offrono loro un progetto collettivo .’
‘Gli Europei non sanno dove stanno andando.’ Questa affermazione può creare stupore. Poiché, innanzitutto, non sapendo dove stanno andando, sarebbero praticamente sicuri di seguire la potenza dominante la quale, in quanto tale, crede di sapere dove sta andando e dove vuole andare. In un recente rapporto non classificato, Mapping Global Future , il National Intelligence Council ci dice in che modo le leadership degli Stati Uniti d’America vedono i prossimi quindici anni.
Si tratta solo di previsioni. Questo testo lascia spazio a incertezze e sfumature. Le sue linee portanti risaltano, tuttavia, in modo chiaro. Gli Stati Uniti restano la potenza dominante nel 2020, continuando a dare impulso ad una rivoluzione tecnologica accelerata, a sostenere ovunque una globalizzazione liberale, non senza incontrare crescenti resistenze. Bisogna però andare avanti, in quanto non c’è altra direzione. L’India e la Cina stanno diventando dei grandi attori globali. L’Africa sub-sahariana peggiora. Il mondo mussulmano, ad eccezione di qualche paese, sprofonda lentamente. L’ Europa stagna o regredisce. Fatica a realizzare le riforme liberali che le permetterebbero di restare in corsa. Rischia di non riuscire a far fronte al suo invecchiamento, ad accettare l’immigrazione, a realizzare l’integrazione degli immigrati. Se il mondo mussulmano vacilla e si unisce nel radicalismo, secondo lo scenario catastrofico del ‘nuovo califfato’, il suo regime e la sua sicurezza possono vedersi minacciati. Raggiunta probabilmente poco a poco dall’Asia, l’Europa rischia di perdere piede nel 2020 sul fronte cruciale dell’alta tecnologia. I venti anni seguenti segnerebbero la sua definitiva cancellazione come grande potenza. Se questo rapporto rappresenta l’opinioni delle leadership americane , non si può dire che queste non abbiano dei progetti. Esse immaginano il futuro come una lotta per il prolungamento indefinito, l’universalizzazione completa e l’approfondimento integrale di un ordine ‘liberale’ esistente che a loro sembra realizzi i destini dell’umanità. La storia consiste a lottare sempre per la ‘libertà’ contro delle forze malvagie che vorrebbero, forse invano, rimetterla in causa o ostacolare il suo cammino verso un trionfo universale e definitivo .
‘Gli Europei non sanno dove stanno andando’. Questa affermazione può creare stupore, poi, in quanto le leadership liberali europee (alle quali appartiene Francis MER), accettano grosso modo, sogghignando sul suo messianismo, la visione americana di un neo-liberismo ‘insediato’ per l’eternità e unica via per l’umanità. Esse vorrebbero solamente dare a questo liberismo un’aria più europea e smentire le cupe previsioni riguardanti il futuro dell’Europa. Esse intendono pertanto adattare, senza indebolimenti, l’Europa alle regole del gioco dell’economia globale liberale; contrastare l’invecchiamento facendo aderire uno o due paesi giovani, anche se mussulmani, il Marocco e la Turchia; realizzare l’integrazione degli immigrati mussulmani, portando così l’islam a sfuggire, all’esterno come all’interno, all’influenza del radicalismo; e sostenere lo sforzo di ricerca e d’innovazione in modo tale da mantenere a tutti i costi l’Europa nella corsa tecnologica. Questa politica dovrebbe permettere di salvaguardare le protezioni sociali europee a un livello compatibile con la pace sociale. Questo modello sociale europeo, unito a un attitudine più rispettosa del mondo non occidentale e a una diplomazia fondata sul multilateralismo , forniscono all’Europa, contrariamente ai timori americani, tutte le opportunità per imporsi come un attore principale, non con il potere detestato del capo, ma con il potere rispettato dell’arbitro.
Non è questo un progetto? La posta in gioco delle consultazioni referendarie attualmente in corso è quella di far sì che i popoli convalidino questo progetto e creino un’organizzazione dei poteri pubblici in grado di metterlo in opera. Un’adesione popolare duratura, di massa e convinta potrebbe in effetti garantirgli reali opportunità di successo. Ma questa adesione manca in molti paesi la cui cooperazione attiva sarebbe indispensabile alla riuscita. Esiste dunque un progetto europeo, ma questo progetto delle leadership liberali europee fatica a diventare quello dei popoli europei. Una politica di tale portata non potrebbe essere condotta senza forze morali. E’ destinata al fallimento, senza le forze dello spirito, le potenze dei sentimenti e gli entusiasmi collettivi.
Francis MER ha dunque forse ragione a sottolineare ‘il malessere generale della società (‘) europea (‘) in mancanza di progetto collettivo.’ Poiché ciò porta alla stessa cosa: non dare un progetto collettivo ai popoli o proporne uno che non li mobilita.
2 Un progetto ‘mobilizzatore’ coinvolge lo spirito
Il progetto europeo liberale classico non è cattivo sulla carta, ma non si dà i mezzi per la sua riuscita. Affinché il progetto di integrazione dei mussulmani o della Turchia abbia delle possibilità di essere accettato e di riuscire, sarebbe necessario che l’Europa ufficiale avesse il buon senso di riconoscere il posto strutturante del cristianesimo nella cultura europea, compresi i rifiuti di cui può essere stato oggetto, e che, in seguito, l’opera di integrazione fosse concepita per quello che essa è necessariamente: una funzione di dialogo interreligioso serio. E come pensare a una intensificazione di questo dialogo senza l’azione della Chiesa?
E ancora, come riformare le protezioni sociali senza provocare miseria e ribellione? Accettando di ricreare altre solidarietà e rafforzando le solidarietà familiari e la solidità della struttura nella quale si esercita. Ecco, noi facciamo tutto il contrario, sacrificando la solidarietà familiare a una libertà individuale concepita semplicemente sulla linea dell’edonismo stereotipato.
Bisogna rimettere il cristianesimo nel circuito. E’ parimenti evidente se, oltrepassando l’idea di un progetto liberale ‘mobilizzatore’, si perviene all’idea di un altro progetto, più originale, europeo ma anche globale, e tuttavia non imperiale e capace di ottenere l’adesione dei popoli. Questo progetto dovrebbe comportare degli intendimenti e proporre delle soluzioni pratiche e originali sull’insieme dei grandi temi: sull’economia, il denaro e il lavoro, la natura e la tecnica; sulla solidarietà, la famiglia, l’istruzione e la sanità; sul futuro della cultura e la sua universalità; sulla libertà politica e la patria, sulla nazione e la democrazia, sull’ Europa e l’organizzazione della comunità universale del genere umano; infine sulla guerra giusta e le condizioni etiche e mistiche della pace.
Un progetto originale, così come un progetto originale più classico, ma ‘mobilizzatore’, richiederebbero di andare oltre una razionalità formale e strumentale, oltre la tecnocrazia e il relativismo. E non si capisce come, essendo la nostra cultura quello che è, un tale superamento potrebbe realizzarsi se il cristianesimo e la Chiesa in Europa fossero messi in disparte. E ancora, non si capisce come la Chiesa potrebbe evangelizzare i popoli d’Europa senza interessarsi alle loro angosce civiche e prendere parte all’elaborazione di un tale progetto originale, senza il quale le società d’Europa si fossilizzeranno nel non sens e usciranno dalla storia.
Può esistere un tale progetto collettivo originale per l’Europa? E chi è in grado di raccogliersi per pensarci, per immaginarlo e per proporlo? La Chiesa e i cristiani possono contribuire all’elaborazione di un tale progetto? L’evangelizzazione non suppone la testimonianza di una carità civica esemplare e disinteressata, allo stesso tempo saggia e profetica?
Ma parlare in questo modo, si chiederanno molti, non significa mettere in pericolo la libertà politica e allo stesso tempo la purezza della religione? Noi cristiani abbiamo esercitato il potere in Europa, non sempre così santamente come sarebbe stato auspicabile. Noi lo abbiamo perduto. Parlare di un progetto ispirato da Cristo può suonare come una volontà di militanti religiosi che vogliono riprendere il potere e imporre un ulteriore radicalismo .
Questa paura di un potere religioso, essenzialmente autoritario e conservatore, nemico della libertà e dell’uguaglianza, caratterizza profondamente in molti Paesi d’Europa la cultura, i costumi e la politica. E, senza alcun dubbio, costituisce uno dei primi ostacoli, sicuramente il più specificatamente europeo, ad una seconda evangelizzazione dell’Europa.
Questa paura, strutturante per la cultura, e il complesso anticristiano che la prolunga, spiegano perché, mentre la tendenza in tutto il mondo è verso un recupero religioso, solo l’Europa occidentale fa eccezione .
E tuttavia, Cristo è il vero Signore di ogni città libera e fraterna. Il ‘Non abbiate paura’ di Giovanni Paolo II non era forse indirizzato solo ai cristiani timidi, ma anche ai non credenti interiormente sulla difensiva? Ma come stabilire la fiducia, se non esistono cristiani la cui testimonianza vivente faccia crollare la paura strutturante? La personalità di Giovanni Paolo II è, a questo riguardo, esemplare. Possa la sua intercessione darci dei cristiani che vivano la loro condizione di cittadini o di leader di una città libera, senza la minima contraddizione, nell’unione in Cristo e la fedeltà alla Chiesa!
Una tale coerenza di vita è impossibile senza una cultura e un’etica dell’amicizia. E’ l’amicizia, in tutta la sua profondità di philia, di fraternità e, in modo sovrannaturale, di agapè, che può allontanare i due ostacoli sul cammino di vita del leader o del cittadino: sia la doppia vita, il ‘nicodenismo’, la separazione fra il cittadino e il cristiano, l’uomo pubblico e l’uomo privato; sia, al contrario, la loro fusione in un attivismo confuso e settario.
3 La Chiesa e l’amicizia in una città libera
E’ necessario abbandonare le vecchie problematiche senza via d’uscita . Ed è partendo dall’amicizia che conviene ormai porsi il grande interrogativo del rapporto tra politica e religione.
L’amicizia, la philia, è il valore sociale fondamentale, ‘il vero legame delle città ‘, dal quale è possibile dedurre sia i valori di conservazione (autorità, tradizione, coesione, solidarietà, ecc.), che si collegano tutti allo spirito di Corpo, così importante nella filosofia stoica e la teologia paolina, che i valori di progresso (soprattutto libertà e uguaglianza). L’amicizia è il valore senza il quale qualsiasi altro valore di conservazione diventa fattore di immobilismo o di oppressione; senza il quale ogni valore di progresso diviene una parola vuota o un fattore di violenza ideologica.
L’amicizia è, allo stesso tempo, il cuore di ogni progetto di vita in comunità e la fonte dell’energia immaginativa che ne progetterà le giuste forme, sotto un controllo prudente. L’amicizia è la forza di ogni progetto politico degno di questo nome. La Chiesa prende il suo posto nel mezzo della vita del popolo se essa partecipa a questa philia e ne testimonia l’agapé.
La globalizzazione, obbligando ad avvicinare la politica all’etica nell’ambito di una comunità umana universale, priva le filosofie politiche machiavelliche di una gran parte della loro pertinenza. La politica deve essere nuovamente definita, al di là di ogni ingenuità, come un’amicizia naturale, una philia . La religione cristiana è una amicizia soprannaturale, una agapé, tra l’uomo e Dio. Il rapporto tra politica e religione pone allora il problema dell’organizzazione di quei due luoghi fondamentali nel cuore dell’uomo e della loro espressione congiunta e combinata nelle forme dell’esistenza sociale . Questa problematica è tanto più appropriata oggi in quanto non è propria dei cristiani. Essa si allaccia, per vie diverse, a un discorso che si diffonde oggi negli ambienti laici e progressisti, soprattutto in Francia.
Si sente dire che il 19° secolo ha voluto essere il secolo della Libertà; è stato quello della grande ingiustizia. Il 20° secolo ha voluto essere il secolo dell’uguaglianza; è stato quello del totalitarismo. I neo-liberali, sulle orme di Tocqueville, vorrebbero giocare la libertà contro l’uguaglianza; non faranno altro che resuscitare e globalizzare la questione sociale; in quanto il comunismo è morto, ma il capitalismo resta un problema. La libertà e l’uguaglianza, come diceva Bergson , sono delle ‘sorelle nemiche’ che possono riconciliarsi solo nella fraternità. Il 21° secolo deve essere quello della fraternità.
Tra la philia, la fraternità, l’agapé, si apre così un nuovo spazio di pensiero sociale, nel quale diviene possibile un impegno dei credenti, sul piano etico-politico, senza doppia vita, e una parola di Chiesa che si rivolga a pieno titolo a tutti gli esseri umani e a tutte le città umane e che sia recepita come tale, senza particolare prevenzione, dal cittadino di buona volontà. Anche a questo riguardo, la personalità del Papa Giovanni Paolo II é stata esemplare.
Il Cristo sarà accolto se la fede, senza troppo materializzarsi in partiti, interessi, ambizioni e imposture ideologiche , è capace di incarnarsi nella cultura e nell’azione al servizio del bene comune (in ciò che possiamo chiamare una santità d’amicizia civica) . Il fatto che la fede vivente sia capace di rivestire questa dimensione civica condiziona la sua credibilità d’insieme, anche ai nostri occhi. Possiamo dire ai nostri concittadini che il Cristo si interessa alle loro angosce , senza essere in grado di dire loro che il Salvatore apre il futuro così come l’eternità?
Così, la Chiesa sarà ascoltata, il Cristo sarà incontrato, se i cristiani hanno qualche cosa di forte da dire sul futuro della città libera, in un mondo globalizzato. E se, non contenti di dire, essi fanno ciò che dicono e lo fanno bene. Un cristiano deve usufruire della sua libertà civica senza vergogna né provocazione , nella misura in cui il suo intervento si situa in generale a livello dell’etica universale e delle sue implicazioni politiche più concrete, tali quali egli sviluppa sotto la propria responsabilità attraverso il suo prudente giudizio .
Se la città libera è innanzitutto amicizia, se l’agapè guarisce, libera e sopreleva la philia, il Cristo ha, con pieno diritto, il suo posto nella città libera e lo scrupolo a parlare di lui, soprattutto con serietà e serenità, non si spiega più.
Ma prima di qualsiasi progetto politico, per quanto nobile possa essere, e anche al di sopra di ogni grande progetto storico, c’è il Cristo. Il Cristo è per un cristiano il solo e unico progetto di vita profonda ed eterna. Se essere nel Cristo totale ed eterno non è per un cristiano il suo progetto e la sua vita, egli non servirà il Cristo e ogni uomo nel Cristo, in quanto egli si servirà del Cristo come di uno strumento per delle passioni di potere o di possesso, idealizzate da pietose menzogne.
4 Qualche tema per un progetto
Certamente bisogna iniziare ponendosi la domanda sul senso della vita. Se essa non ha il suo senso in una norma che la sovrasta, diviene il senso stesso e il solo senso effettivo; il che instaura la volontà di potenza come valore unico e fondamentale, in perfetta contraddizione con l’idea stessa di una società libera.
Se il progresso tecnico continua allo stesso ritmo senza una regolamentazione superiore, fra un secolo ci troveremo forse di fronte al problema della disseminazione di bombe la cui energia distruttrice sarebbe inimmaginabile. E un’ umanità che non vivesse su un registro più etico o anche più soprannaturale, come potrebbe evitare in queste condizioni l’autodistruzione?
La rivoluzione delle nanotecnologie permetterà di fare passare nel campo del possibile il sogno orwelliano dell’onniscienza governativa in tempo reale, mentre il progresso dei motori di ricerca semantica dovrebbe autorizzare la speranza di sfruttare efficacemente una così incredibile massa di dati .
Bisogna altresì guardare in faccia la forza degli argomenti del sistema maltusiano. Sembra incontestabile che, in una società che rispettasse la vita, il saldo demografico sarebbe costantemente positivo. Inoltre, anche con una crescita moderata, nel giro di pochi secoli, ci scontreremo con delle impossibilità fisiche.
Ecco perché, la rigida esecuzione delle restrizioni maltusiane previste dalle politiche demografiche totalitarie, avverrà sempre più in uno spirito di lotta senza pietà contro la vita. Si può immaginare che nel futuro una simile lotta sia condotta da degli anziani sempre più numerosi e preoccupati di lasciar posto sempre più tardi a un sempre minor numero di giovani. L’applicazione di norme maltusiane sarebbe uno degli oggetti della sorveglianza integrale permessa dal sistema nanotecnologico, instaurato principalmente in nome della lotta contro il terrorismo atomico.
Ma per colui che si affida alla Provvidenza, i problemi precedenti si risolvono gli uni con gli altri. Il senso della tecnica è l’estensione all’infinito dello spazio abitabile dagli umani e la possibilità di una moltiplicazione indefinita dei piccoli degli uomini attraverso gli spazi senza limite è il senso e la norma dei progressi scientifici e tecnici.
Chi non vede che è la coppia umana così come è stata creata da Dio che ci strappa dall’incubo maltusiano-orwelliano? Il bell’amore umano con la sua fecondità diviene così la norma etica che calma questa frenesia tecnica, assurda e criminale, che distrugge qualsiasi contemplazione, qualsiasi etica, qualsiasi quadro di vita, e che ci conduce all’autodistruzione o alla più spaventosa delle tirannie. E l’edonismo stereotipato è in perfetta coerenza con i peggiori scenari per il futuro. Come, da ciò, non vedere la pertinenza clamorosa dell’insegnamento della Chiesa, se ci si eleva oltre gli incidenti passeggeri dell’attualità, per anticipare il futuro non nel contingente, ma nel perfettamente prevedibile, rebus sic stantibus ?
Lo vediamo, non può esistere oggi progetto politico per una particolare comunità politica, che non prenda anche la sua parte nel carico degli interessi nel genere umano nel suo insieme ‘ e che non consideri seriamente la prima questione vitale, che è quella delle condizioni del progresso morale.
Un progetto audace dovrebbe riconsiderare la questione sempre viva del capitalismo. Senza ammettere alcun sentimento di basso livello , come il risentimento o la gelosia, e cooperando con gli Stati Uniti, si potrebbe lavorare per risolvere i problemi più importanti. Qualsiasi tipo di capitalismo è da considerarsi un sistema in equilibrio dinamico? A quali condizioni è da considerarsi tale? Può durare un capitalismo che non distrugge né l’etica, né la natura, né la vita, né la pace interna ed esterna delle nazioni, né il diritto, né l’autorità politica, né la solidarietà sociale. Si tratta di un capitalismo che pone in prima fila fra le sue priorità la politica alimentare e la preoccupazione di conservare essenzialmente le condizioni climatiche della vita. Il mercato presenta degli enormi vantaggi, perché costituisce un sistema di decisioni sussidiarizzate, quindi meglio informate. E tuttavia, come trarlo verso il bene comune senza accrescere eccessivamente il potere pubblico ed esporre le società a degli arbitri non definiti? Bisognerebbe lavorare per trarre dalle forze stesse del mercato degli effetti rimasti fino ad oggi latenti e delle autoregolamentazioni di ordine etico. ‘ Ecco degli argomenti assai degni dei lavori delle università cattoliche.
Come coordinare un capitalismo superiore con le esigenze incontestabili della solidarietà sociale e dar corpo a queste esigenze di vita pacifica del genere umano, che chiamiamo solidarietà sociale responsabile, commercio solidale, o equo, sviluppo duraturo, micro credito, ecc? E il rinnovamento dell’esistenza familiare, così come insegna la Chiesa, con le sue condizioni di possibilità etiche e religiose, costituisce forse il primo fattore di una politica sociale responsabile e duratura, quindi della giustizia sociale.
Noi qui possiamo solo segnalare i temi politici della democrazia, della nazione e dell’unione di nazioni, o ancora i temi della cultura. Jean Guitton sosteneva che il cattolicesimo era l’asse dell’ecumenismo. Più generalmente, Giovanni Paolo II ha cominciato a posizionare in modo più plausibile il cattolicesimo come un asse, non riduttivo, della civiltà planetaria e del dialogo universale. Può praticare l’ecumenismo o il dialogo interreligioso senza giungere al sincretismo indifferente e al nichilismo. Può fornire il tipo ideale vivente di un’identità tanto forte quanto aperta. Non bisogna, ancora una volta, citare l’esempio di Giovanni Paolo II?
5 Perché il mondo ha bisogno di un’ Europa in cui la Chiesa sia viva?
Il mondo ha bisogno dell’Europa come della forza politica planetaria la più suscettibile di volgersi a un progetto autentico e che possieda sufficiente forza per portarlo avanti.
Alla ricerca di un progetto collettivo mobilizzatore, che condizioni molto direttamente il proprio bene comune e anche la propria esistenza, l’Europa non può evitare di passare attraverso una ‘psicanalisi spirituale’ che risponda a queste tre domande : 1° perché essa considera così spesso il cristianesimo come una nevrosi? 2° come può smettere di viverlo in questo modo? 3° come può l’Europa liberarsi dal suo complesso anti-cristiano e smettere di vivere (non solo in Francia) in quello che Jean Guitton chiamava il ‘silenzio sull’Essenziale’?
Agli occhi di una ‘ psicanalisi spirituale ‘, il grande problema dell’Europa è riordinare le proprie idee sul cristianesimo o, per dirla in altro modo, gli Europei hanno bisogno di riconciliarsi con il Cristo e con ciò che egli ha chiamato ‘ la mia Chiesa ‘.
Oggi non esiste più in Europa illusione ideologica sulla politica , ma c’è un’ansiosa attesa in materia di bene comune. I popoli europei conservano il ricordo del sanguinoso insuccesso dei nazionalismi autoritari. Essi hanno visto cadere il comunismo quindici anni fa. Oggi, sempre attaccati a un ideale di libertà umana e di città libera, essi prendono sempre più coscienza delle gravissime limitazioni del liberismo standard. Ci troviamo in un momento della storia in cui il bene comune richiede con urgenza una nuova visione del futuro. La Chiesa non potrebbe mancare a un tale momento.