Ecco la Scuola Diocesana di Teologia per laici: per una fede di mente e di cuore

Sta per partire la “Scuola diocesana di teologia” e si prospetta come luogo naturale e momento privilegiato per offrire ai cristiani laici del Patriarcato di Venezia una solida formazione di base, strumenti utili e tante opportunità per il confronto e l’approfondimento sui contenuti della fede cristiana. Perché sia sempre più fondata e consapevole, un fatto di cuore e di mente. Perché diventi ragionata e insieme appassionata, spinga alla testimonianza e sia segno di una Chiesa missionaria e in uscita. La proposta della Scuola – che prenderà il via nel prossimo autunno – è stata presentata dal Patriarca Francesco, dai vicari episcopali e da don Valter Perini (che ne è il direttore) durante la riunione straordinaria dei vicari e provicari foranei con i direttori degli uffici pastorali diocesani. La Scuola è potenzialmente aperta e rivolta ad un raggio ampio di persone a vario titolo destinatarie delle proposte formative anche se è chiaro che, in modo particolare, si punta a preparare e qualificare gli “operatori pastorali”, coloro che nella comunità cristiana – specialmente ora con le “collaborazioni pastorali” e i relativi “cenacoli” – svolgono un compito o servizio ecclesiale e che potranno anche arrivare a vedersi affidato (in tutto o in parte) qualche settore di vita pastorale.

La nuova e più agile struttura formativa diocesana tiene conto, naturalmente, sia dell’esperienza maturata in questi anni dalla Scuola di formazione teologico-pastorale S. Caterina d’Alessandria sia dei profondi mutamenti intervenuti sul fronte dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Venezia (oggi di fatto venuto meno, nell’ambito di un’ampia revisione avviata in sede nazionale, per l’assenza dei requisiti necessari sul piano accademico e della sostenibilità) e su quello della Fondazione Marcianum (con un format molto più leggero si occuperà di temi legati alla dottrina sociale della Chiesa “applicata” al territorio veneto, con riferimento al mondo del lavoro e del credito). La Scuola sarà presente in tre zone con altrettante sedi: a Venezia centro storico (Seminario Patriarcale), nella terraferma mestrina (Centro pastorale card. Urbani di Zelarino) e sul Litorale (parrocchia di Eraclea). Il martedì (tardo pomeriggio e sera) sarà il giorno dedicato agli incontri; ogni sede avrà come riferimento una piccola segreteria per la quale sono ben accette, sin d’ora, le collaborazioni volontarie. Il ciclo formativo proposto è triennale e si compone di tre corsi fondamentali – teologia fondamentale e cristologia, antropologia teologica, ecclesiologia e morale – e uno monografico (su tema di attualità) all’anno. Ci sarà la possibilità di scegliere uno dei corsi “caratterizzanti” o pastorali che saranno via via attivati dagli Uffici diocesani e che potranno offrire una “specializzazione” pastorale (dai catechisti ai ministri straordinari della comunione e agli operatori della carità solo per fare degli esempi). Ogni anno, poi, si intende proporre una giornata o due mezze giornate di approfondimento aperte a tutti (non solo agli iscritti) su tematica specifica e con attenzione alle varie discipline e alle differenti metodologie comunicative. Al termine di ogni modulo formativo (4 incontri di 2 ore alla volta) è prevista una verifica finale, necessaria per il rilascio del “diploma” al termine del percorso triennale e che riporterà anche l’eventuale “specializzazione” ottenuta dagli operatori pastorali. Sarà possibile anche partecipare ai corsi come semplice uditore; in tal caso non ci saranno verifiche e alla fine si avrà un semplice attestato di partecipazione.

“Che la nuova Scuola sia denominata diocesana è il tratto distintivo più rilevante – ha spiegato il direttore don Valter Perini – ed è il segno dell’investimento che la Diocesi fa in questo campo, mettendoci la faccia. Il cammino di fede di una persona si sviluppa certamente, in modo prioritario, nell’ambito ordinario della parrocchia o della realtà associativa di cui fa parte e in cui fa esperienza di comunità, di direzione spirituale e della stessa vita sacramentale, ma questo non può essere mai distinto e privo della sempre più necessaria dimensione intellettuale e culturale che è proprio quanto si propone di curare la Scuola. I due ambiti si richiamano reciprocamente”. Il vicario generale don Angelo Pagan ha rilevato che “la Scuola rappresenta la risposta ad una delle necessità più fortemente emerse in questi anni, nella nostra Diocesi, compiendo il cammino verso le collaborazioni pastorali. Non si propone di dire o dare tutto, ma di fornire soprattutto un metodo educativo e formativo, anche attraverso modalità didattica innovative e non più solo frontali, e degli strumenti che permettano alla persona di continuare ad autoformarsi e, quindi, di aiutare anche tanti altri attraverso il proprio servizio e nella comunità di riferimento”. “Dobbiamo costruire la nostra Chiesa dei prossimi anni”, ha affermato il Patriarca: “Il progetto non nasce a tavolino e prende atto della difficoltà, da parte dei cristiani, di interloquire con la cultura contemporanea. Si tratta perciò di rivisitare la base della nostra fede e di aiutare le persone a guardare alla realtà di oggi per pensare e rispondere ad essa in modo credente, non prescindendo dall’umano ed anzi sapendo che nella fede cristiana l’uomo trova la sua vera espressione”. Mons. Moraglia ha poi rilevato che “la Scuola diocesana di teologia si presenta come una proposta specificamente indirizzata ai laici e che si commisura con il realismo e il tempo che essi hanno a disposizione nello scorrere della vita quotidiana”.

Ulteriori dettagli sull’iniziativa, a cominciare dalla composizione del parco docenti e del panorama completo dei singoli corsi pastorali (da attivare a cura degli uffici di Curia, il più possibile in sinergia) per passare poi anche a definire relazioni e collaborazioni possibili con le altre realtà formative oggi presenti in Diocesi, emergeranno nelle prossime settimane. Intanto, soprattutto nelle parrocchie e nelle collaborazioni pastorali, può cominciare l’opera di diffusione e promozione di questa nuova proposta formativa affinché raggiunga tutte le persone potenzialmente interessate o che è bene siano coinvolte.

 

Nella stessa riunione, collegata in qualche modo alla proposta della Scuola diocesana di teologia e alle sue motivazioni, il Patriarca Francesco ha voluto rilanciare l’indicazione contenuta già nella sua recente lettera pastorale “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù”, ossia di costituire “gruppi locali di evangelizzatori di strada” – da intendere in senso largo e da rendere forma di pastorale ordinaria – capaci di “andare con umiltà, coraggio e amore evangelici ad incontrare le persone che percorrono le strade delle nostre città e dei nostri paesi. Sono, spesso, persone ferite che, senza saperlo, hanno bisogno del Signore; alcune anche lo cercano, ma non hanno l’abitudine, la forza o il coraggio di entrare nelle nostre chiese”.  Una pastorale – per molti versi inedita – del sagrato, del condominio, della strada attraverso persone adeguatamente formate. Si tratta di trovare e costruire le modalità giuste (e nuove) per rilanciare il “primo annuncio cristiano” a quanti non entrano abitualmente in chiesa, non vengono agli incontri ordinari attualmente proposti, sono definiti “lontani” o non hanno (o non conoscono più) i fondamentali della fede. Don Antonio Biancotto, parroco a S. Cassiano e S. Silvestro, ha raccontato l’esperienza che, oramai da alcuni anni, viene periodicamente condotta soprattutto (ma non solo) nel centro storico di Venezia: “Non incontriamo solo i giovani ma anche, soprattutto in questo ultimo periodo, molti adulti; ci sono, ad esempio, tanti quarantenni allo sbando e che non sanno più chi sono… E ci dobbiamo far carico sempre più di una realtà che, per parecchi giovani e adulti, è spesso allo sfacelo. Se il Signore ce li ha messi vicini è perché dobbiamo fare qualcosa con loro. Per questo siamo usciti e sistematicamente usciamo, di giorno e di notte. Ho visto, in questi anni, crescere e approfondire la qualità della fede dei giovani evangelizzatori che si sono resi disponibili: si sono messi in gioco, sono stati provocati nel mettersi in atteggiamento d’ascolto, al di là dei luoghi e momenti tradizionali, e sulla lunghezza d’onda di quanti avvicinavano e nell’annunciare/raccontare la loro fede, accompagnando poi quanti accettavano davanti all’Eucaristia o anche, in alcuni casi, in un percorso di recupero”.

 

(articolo di Alessandro Polet – tratto da Gente Veneta n. 19/2016)

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