L’omelia del Patriarca nella festa del patrono san Marco: “L’evangelista sostenga la fede del nostro popolo e come comunità cristiane ci renda più inseriti in Cristo”

Bellezza, arte, cultura ed educazione. Sono i doni portati dalla fede cristiana che l’annuncio del Vangelo fa germogliare. In una basilica di San Marco gremita di fedeli e di autorità civili e militari il Patriarca Francesco ricorda che il cristianesimo si “incarna” grazie alla azione della Chiesa, comunità di persone che vivono una fede missionaria, capace di cambiare la storia. E non è mancato un richiamo all’importanza delle scuole paritarie dell’infanzia come risorsa per le famiglie del Veneto, una risorsa da tutelare.

Alla celebrazione hanno preso parte il prefetto di Venezia Michele di Bari, il Sindaco Luigi Brugnaro, le massime autorità civili e militari. Presente anche una delegazione delle altre confessioni cristiane in Venezia, tra cui il vescovo greco-ortodosso Athenagoras Fasiolo, Vicario per il Triveneto del Metropolita d’Italia e Malta Polycarpos.

«A tutti l’augurio di una buona festa di San Marco – ha esordito il Patriarca Francesco nella sua omelia (v. testo integrale allegato in calce) – con l’invocazione “Pax tibi Marce evangelista meus”; è il motto che campeggia sul leone alato e che, oggi, più che mai, richiama il bisogno di pace come ci ricorda spesso Papa Francesco. La richiesta è semplice: una pace giusta per l’Ucraina e ovunque nel mondo, laddove si combattono tante guerre dimenticate. Per la Chiesa e la città di Venezia è un privilegio avere come patrono l’evangelista e martire Marco di cui in questa Basilica Cattedrale, nota in tutto il mondo, sono custodite le spoglie. Celebrare la festa, proprio in questo luogo, è un motivo di grande gioia».

Nel brano evangelico proclamato durante la celebrazione il comando di Gesù a portare in tutto il mondo l’annuncio della Salvezza provoca a riscoprire la “missionarietà” insita nel dono del battesimo: «Abbiamo appena ascoltato la chiusura del Vangelo di Marco (cfr. Mc 16,15-20), le ultime parole di Gesù ai discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,15-16). È una fede che diventa “sì pieno” alla vita cristiana, vivendone la realtà sacramentale. Il cristianesimo non è soltanto “imitare” il Signore Gesù, ma essere “inseriti” in Lui. Nel battesimo – lo spiega bene la lettera ai Romani – “siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Dobbiamo riscoprire il nostro battesimo, troppo spesso non considerato e valorizzato a sufficienza».

«La Chiesa nasce con il battesimo (l’acqua) e con l’eucaristia (il sangue) – continuava il Patriarca – il cuore aperto di Cristo in croce è il dono totale che Cristo fa di sé ad ogni uomo. Ecco perché san Marco ci invita a valorizzare la vita cristiana come vita di fede (credere) e sacramentale (battesimo ed eucaristia). La liturgia è, ad un tempo, invito a credere e a celebrare perché la fede sia sempre più realtà che s’inserisce profondamente nella vita di ogni giorno. Il cristiano è salvato nella Chiesa e, quindi, in una comunità e questo richiede una Chiesa missionaria, aperta al mondo; nel progetto di Dio, infatti, tutti sono pensati “in Cristo”».

L’annuncio della fede trasforma la realtà e la storia; per il Patriarca: «Lungo i secoli la Repubblica Serenissima e la città di Venezia hanno espresso la fede in opere splendide come, appunto, la Basilica di San Marco, dove tutto è espressione di fede: c’è il bello dell’arte, dell’architettura, dei mosaici, dei pavimenti, delle statue, delle vetrate e degli ornamenti, della Pala d’oro, senza dimenticare il bello della musica e del canto, che si sono trasmessi nei secoli grazie anche a valenti compositori – come Gabrieli, Galuppi, Monteverdi – al servizio della Cappella Marciana».

L’invito poi a non dimenticarsi del compito significativo svolto dalle scuole paritarie, che in questo tempo affrontano difficoltà significative: «La fede cristiana, inoltre, genera cultura nel campo dell’educazione. E qui viene alla mente la bella tradizione rappresentata dalle scuole paritarie, da quelle dell’infanzia a quelle della formazione professionale e del recupero scolastico per gli studenti più fragili. Le scuole paritarie cattoliche sono una risorsa preziosa per la vita della nostra gente e dei nostri territori; esse costituiscono un aiuto alle famiglie e, in non pochi casi, significano prevenzione e accompagnamento per chi è in difficoltà personale o familiare, integrando, se del caso, il servizio pubblico. Nell’intera realtà veneta le scuole paritarie dell’infanzia, in particolare, sono giunte ad avere numerosissimi allievi. Ecco perché preoccupa quando sentiamo di crescenti difficoltà e riceviamo – anche di recente – notizie di chiusure di scuole paritarie, nate da parrocchie o istituti religiosi. Venendo meno tali realtà, è l’intera società che perde tanto soprattutto per i suoi segmenti più fragili. E si rischia di perdere un grande patrimonio di passione educativa, professionalità, impegno a favore del nostro territorio, a favore di comunità intere, di famiglie, di bambini e giovani».

(articolo di Marco Zane)