L’omelia del Patriarca a Mestre per la festa di S. Michele: “Il bene paga sempre ed è vincitore del male”. Il ricordo e l’esempio di padre Kolbe e Giuseppe Taliercio

S. Messa solenne per la Festa del patrono S. Michele Arcangelo

(Mestre – Duomo S. Lorenzo, 29 settembre 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Stimate autorità, cari confratelli nel sacerdozio, diaconi, persone consacrate, fedeli laici,

siamo convocati oggi in questo Duomo dalla festa del santo patrono della città di Mestre, l’Arcangelo Michele, e desideriamo lasciarci interpellare dalla sua figura e da quella degli angeli che ricordiamo oggi (Gabriele e Raffaele, oltre a Michele), servitori e adoratori dell’unico Dio, vivo e vero.

Ringrazio il parroco don Gianni Bernardi per il saluto iniziale ed anche per l’impegno nel vivere al massimo, dal punto di vita liturgico, questa festa della città di Mestre. Saluto il vicario foraneo di Mestre don Natalino Bonazza e padre Vissarion Vakaros che è qui in rappresentanza del Metropolita Polykarpos.

Rivolgo un saluto speciale alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che celebrano oggi la festa del loro santo Patrono che hanno scelto di vivere il momento della festa del loro patrono qui nel Duomo di S. Lorenzo. Saluto anche il Questore dott. Masciopinto che non è qui con noi a causa di una lieta circostanza in quanto ricorda oggi il suo 30esimo anniversario di matrimonio.

A Voi va la nostra riconoscenza per l’opera che quotidianamente svolgete con cura e professionalità, in tutti gli ambiti di quest’area metropolitana e lungo le nostre strade, talora anche a rischio della vita, per garantire ordine e sicurezza a tutti noi. Il pensiero si fa preghiera, affidata alla potente intercessione del patrono – l’Arcangelo Michele – perché custodisca, illumini e accompagni ogni giorno il Vostro servizio, per l’intera comunità civile e che Vi rende veri “angeli” per le persone che vivono in questo territorio.

L’Eucaristia è il momento culminante di tutti gli eventi che hanno preparato la festa della città di Mestre.

I santi Arcangeli, e Michele in modo particolare, ci invitano a riflettere sul nostro rapporto con il Signore e, in particolare, sulla nostra storia, segnata dal drammatico scontro tra bene e male che chiama costantemente in causa le persone, le situazioni e la vita di ogni comunità e che segnerà la storia fino al ritorno del Salvatore. San Michele – con il significato del suo stesso nome (”Chi è come Dio?”) – ci ricorda ogni volta che non c’è nessuno pari a Dio o che possa sostituirlo.

La lettura tratta dal libro dell’Apocalisse (Ap 12, 7-12) ci ha portato al centro del conflitto tra bene e male che caratterizza tutta la storia. Si parla di una guerra che scoppia nel cielo e di un combattimento che vede impegnato Michele e i suoi angeli contro “il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata” (Ap 12,9). “Diavolo” – dal termine greco originario – è letteralmente “colui che divide” e, quindi, il calunniatore, l’accusatore, l’avversario.

Questo combattimento ha un esito ben preciso: il “grande drago” (Satana) “fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli” (Ap 12,9). E questo avviene – lo specifica il libro dell’Apocalisse – nel momento in cui si compie “la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo” (Ap 12,10), sconfiggendo e precipitando l’accusatore.

Sì, la storia è un dramma – ossia un’azione – che si dispiega come una lotta tra il bene e il male, tra Michele e Satana e che coinvolge l’intera umanità, voluta e amata da Dio.

In questa storia è presente l’avversario ed è operante un “mistero di iniquità” di cui ci parla san Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi quando l’Apostolo mette in guardia contro “l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio” (2Ts 2,3-4). Quel mistero di iniquità “è già in atto” (2Ts 2,7), qui e ora, nella storia – e produce “miracoli e segni e prodigi menzogneri, con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati” (2Ts 2,9-10).

Ma come e in chi, concretamente, si realizza questo “mysterium iniquitatis”? La storia è piena di esempi ed ognuno di noi potrebbe indicarne alcuni. Anche i Vangeli e la vita terrena di Gesù ce ne propongono parecchi che diventano i “tipi” di tante figure che, lungo i secoli, hanno declinato il male, ossia ne sono diventati attori e veicoli, si sono messi a disposizione dell’Avversario di Dio e gli hanno consegnato la loro vita e, spesso tragicamente, anche quella di tanti uomini e donne che ne hanno fatto le spese. Il male trova terreno fecondo ed entra nella storia perché ci sono delle scelte umane che si aprono alla malvagità.

Possiamo qui ricordare alcuni esempi:

  • Erode, ovvero la crudeltà verso il popolo, la volontà di dominio e la paura di perdere il potere, fino ad arrivare al punto di spargere sangue innocente (bambini) per difendere il suo potere;
  • c’è chi tradisce l’amicizia e i sentimenti più alti, più umani e più coinvolgenti sul piano personale per un tornaconto, ossia chi è amico fintanto che spera o sa di poter ottenere qualcosa e poi lascia tutto e tradisce quando comprende che seguendo quella persona, non potrà ottenere quello che cercava o sperava; tra questi potremmo inserire Giuda, lo Zelota, il traditore di Gesù, che ci ricorda come la bramosia di ricchezza, oltre al dominio, può portare a compiere le cose più basse dal punto di vista umano;
  • Caifa è colui che esprime il male non apparendo ufficialmente, ma ne tiene le fila, sa orchestrare di nascosto, istigando perché, anche chi non è consapevole, sia strumentalizzato e, così, possa contribuire al raggiungimento del proprio scopo;
  • Pilato è, invece, colui che non si schiera e non prende posizione ma ha cura di difendere se stesso, la sua carriera, il suo potere e si lava le mani davanti alla verità e alla giustizia.

Di fronte a questo dramma che attraversa la storia e, di fronte alla persona di Gesù, non ci si può “non” schierare. E non schierarsi è già aver fatto una scelta malvagia. A tale proposito, viene alla mente la profezia del vecchio Simeone che, di fronte al piccolo Gesù, portato al tempio, afferma rivolgendosi alla Madre: “…egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti (…) e come segno di contraddizione” (Lc 2,34).

Ci sorregge l’umanità di Cristo, assolutamente singolare, unica e che, quindi, può condurre a vittoria tutte le umanità (persone) e, anche la nostra, facendo in modo che non soccombiamo nella lotta contro il male.

Al Calvario, presso la croce di Gesù, come in modo particolare narra l’evangelista Luca, proprio là dove il male pare aver trionfato, ecco che il bene riemerge, si afferma e vince. Al Calvario vince il bene!

Non c’è solo la derisione dei soldati e dei capi del popolo; ci sono i due ladroni crocifissi accanto a Gesù e uno si converte vedendo come Gesù vive il supplizio ingiusto e dal dolore composto della Madre. Ma ascoltiamo la testimonianza dell’evangelista: “Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». [Gesù] Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»” (Lc 23, 39-43).

C’è poi il centurione che, osservando quello che era accaduto e come Gesù era morto, si mette a glorificare Dio dicendo: “Veramente quest’uomo era giusto”. E pure “la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto” (Lc 23,47-48).

Il bene, anche quando sembra sconfitto, ha una sua forza, contagia ed è fecondo; anche quando sembra inutile, in realtà, vince e sconfigge il male. È la testimonianza di san Massimiliano Maria Kolbe che riesce, anche in un luogo come Auschwitz, scientificamente e pianificato per distruggere ogni sentimento e barlume di umanità, a porre quell’atto straordinario di solidarietà umana e carità cristiana (offrire se stesso al posto di un padre di famiglia) del tutto inspiegabile e che andava contro quella che era la logica rappresentata da Auschwitz e che corrispondeva ad un modo di pensare e ad un obiettivo: distruggere l’uomo, portare l’uomo alla disperazione, annientare la solidarietà e la carità degli uomini mettendoli uno contro l’altro.

Ma di fronte a tutto questo un prete polacco riuscirà a far trionfare – proprio in quel luogo – la solidarietà e la carità, il bene che vince contro il male. C’è bisogno di uomini, di donne, di comunità capaci di recepire il bene!

Al capoblocco dell’infermeria dei detenuti, incaricato di effettuare l’iniezione mortale e che lo guardava stranito e incapace di comprendere il suo gesto – sacrificarsi, appunto, per un altro uomo -, padre Kolbe riuscì a dire: “Lei non ha capito nulla della vita. L’odio non serve a niente… Solo l’amore crea!”. Sarà il tenente medico nazista, colpito dalla scena, a raccontare anni dopo questo fatto.

In tutt’altro contesto potremmo fare riferimento anche ad una storia che si è svolta in questa città. Una settimana fa abbiamo inaugurato, qui a Mestre, una casa famiglia che potrà ospitare donne fragili e in difficoltà (con i loro figli) e si è voluto mantenere l’intitolazione originaria della struttura che era dedicata a Giuseppe Taliercio, sequestrato e poi ucciso dalle Brigate Rosse 40 anni fa.

Anche questa figura di testimone/martire del nostro tempo ci dice come dei semi di bene, di misericordia e di perdono possono emergere e generare frutti, anche a distanza di anni, laddove invece sembrava imperare la sopraffazione, la violenza, l’ideologia, il male e la morte. Sarà la testimonianza di Antonio Savasta a dire quanto colpì l’atteggiamento di questo uomo, di questo cristiano, nei momenti più drammatici del sequestro e fino alla sua spietata esecuzione.

Anche in questo caso il bene ha prevalso sul male, nonostante tutto, e ha vinto soccombendo. Come del resto ha fatto Gesù Cristo, l’unico Salvatore.

È l’insegnamento sempre attuale che già san Paolo rivolgeva alla comunità cristiana di Roma: “Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi… Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12,17-19.21).

Compiere il bene sempre, mettere da parte ogni male, vivere in pace con tutti, vincere il male con il bene: è la consegna che l’Arcangelo Michele, in lotta contro il “grande drago” e posto a difesa – come custode e patrono – della città di Mestre, lascia a tutti noi oggi. La lotta tra il bene e il male avviene nella nostra storia e nelle nostre città e, soprattutto, si decide nel nostro cuore. Non è possibile non schierarsi, non stiamo infatti alla finestra a vedere uno scenario che non ci appartiene. Chi non si schiera si è già schierato!

Ci accompagni e ci “porti” sempre il pensiero che il bene paga sempre, anche se non secondo le modalità umane, ed è vincitore del male.

Buona festa di san Michele a tutti!