Lettera del Patriarca Francesco sull’accoglienza ai profughi e ai migranti (3 settembre 2015)

Non possiamo davvero chiudere il cuore. Come dicevo già l’altro giorno, mentre ero in visita alla Casa dell’Ospitalità di Mestre, non è possibile ignorare e tralasciare la vastità e la portata della tragedia umana che si riversa quotidianamente sull’Italia e sull’intera Europa: l’accoglienza è un imperativo. Le notizie drammatiche di chi ha trovato la morte durante la traversata in mare o nascosto all’interno di un tir – ma chissà quante altre morti a noi rimangono ignote – ci consegnano la disperazione di tante persone e tanti popoli. E ci fanno capire che tali vicende non sono l’emergenza di un “momento”, ma una tendenza destinata ad accompagnarci per anni.

Torno ad auspicare – e in proposito rimando ad altri miei interventi in cui mi sono soffermato sulla necessità dell’accoglienza – un intervento della politica “alta”, equilibrata e saggia, che non dovrebbe mai mancare ad ogni livello (locale, nazionale e internazionale) e in ogni frangente, capace di guardare oltre l’interesse contingente del momento e il risultato elettorale. In particolare, urge un nuovo strumento legislativo in grado di rispondere alle dimensioni epocali assunte dal fenomeno migratorio. La memoria storica delle antiche responsabilità coloniali e post-coloniali ci deve rendere ancor più partecipi del presente travagliato e del futuro incerto di tanti nostri fratelli.

Non è però possibile fermarsi ad un’analisi politica. La nostra diocesi attualmente sostiene ed assiste stabilmente diversi gruppi di persone, in luoghi di accoglienza che vogliono essere a dimensione umana, impegnandosi a curare qualità e servizi, cercando anche un possibile inserimento nel tessuto sociale, evitando per quanto possibile di creare tensioni e “ghetti”.

Per questo motivo desidero rivolgermi in modo particolare ai nostri parroci e alle nostre comunità sollecitando uno speciale, concreto e intelligente “scatto” di sensibilità e generosità, facendo riferimento alle strutture caritative e di volontariato nostre o di altri. Realtà che quotidianamente offrono servizi attraverso centri d’ascolto, mense e dormitori dove stranieri e anche italiani in difficoltà si rivolgono per un aiuto. Proprio secondo questa logica, si è voluta con forza la mensa-dormitorio Papa Francesco di Marghera, superando non poche difficoltà burocratiche e ambientali.

In vista di un’accoglienza che sia anche integrazione non è da sottovalutare la vicinanza e il sostegno che possiamo concretamente dare a profughi e migranti accompagnandoli nelle procedure necessarie per richiedere visite e documenti, offrendo corsi di lingua italiana e anche con l’opportunità di svolgere piccoli servizi a favore della comunità locale, occupando in modo socialmente utile il non poco tempo disponibile. Favorire sempre più tali gesti semplici di accoglienza e di autentica prossimità è modo semplice ed efficace per scacciare paure, talvolta forzosamente indotte, per allontanare sentimenti di ostilità, per prevenire e sconfiggere conflitti e tensioni.

Ringrazio coloro che già si impegnano nelle diverse strutture e nei vari servizi esistenti e incoraggio anche altri ad unirsi a quest’azione. È un passo concreto per generare cultura di solidarietà e integrazione, venendo incontro a uomini, donne e bambini disperati.

Chiedo alle differenti componenti della nostra Chiesa di cogliere il senso del momento presente che ci interpella e domanda saggezza e dedizione, nello spirito cristiano di una gratuità e di un servizio che non solo aiuta e soccorre ma ci rigenera come comunità che, particolarmente, riconosce nel fratello sofferente il segno della presenza di Cristo.

 

Venezia, 3 settembre 2015

Francesco, patriarca