Festa di San Marco 2024: l’omelia del Patriarca

Patriarcato di Venezia

Ufficio per le Comunicazioni Sociali, la Stampa e il Settimanale diocesano

Giovedì 25 aprile 2024

 

FESTA DI SAN MARCO: L’OMELIA DEL PATRIARCA FRANCESCO

 

NELL’OMELIA UNO SGUARDO ALL’IMMINENTE VISITA DEL PAPA: «Domenica prossima avremo la gioia di accogliere Papa Francesco nel segno della carità, della cultura, dei giovani e soprattutto dell’Eucaristia, ultimo atto della visita e suo culmine; al termine, il Santo Padre entrerà in questa basilica per rendere omaggio alle spoglie dell’evangelista. Prepariamoci con la preghiera a tale evento affinché la Chiesa diocesana e la nostra città ne siano rafforzate»

 

Il Patriarca Francesco Moraglia presiederà oggi le celebrazioni per la solennità del Santo Patrono di Venezia, della Diocesi e delle genti venete presso la Basilica cattedrale in cui riposano le sue spoglie mortali.

Il primo appuntamento sarà per le ore 10 con la Santa Messa a cui parteciperanno anche le autorità civili e militari, che sarà trasmessa in diretta televisiva su Antenna3 (canale 10) e sulla pagina Facebook di Gente Veneta. Alle ore 17 il Patriarca presiederà anche i Vespri solenni sempre nella Basilica di San Marco.

Condividiamo l’omelia del Patriarca da considerarsi sotto embargo fino alle 11 di oggi.

Di seguito offriamo una sintesi dell’omelia in cui evidenziamo alcuni dei passaggi più significativi:

 

Il cammino dei discepoli

«Leggendo il Vangelo di Marco percorriamo il cammino che hanno fatto quanti sono stati più intimi a Gesù, dall’inizio del suo ministero pubblico, e lo hanno accompagnato fino a quando – come attesta il Vangelo di oggi – “il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Mc 16, 19-20)».

 

Il Mistero della Passione va accolto

«Ma lo stesso Vangelo non nasconde le tante difficoltà di Pietro e degli altri a comprendere Gesù quando annuncia loro – e lo farà ben tre volte nei capitoli dall’ottavo al decimo – quello a cui Gesù sta andando incontro: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà” (Mc 10,33-34). I discepoli fanno fatica a comprendere e, di fatto, non vogliono comprendere che il Messia non è espressione di potenza e gloria ma è il Crocifisso Risorto».

 

Il discepolo è colui che sta con il Signore

«Quando Gesù sceglie i Dodici (cfr. Mc 3,13-19), sale sul monte – cioè, si separa dalla folla – e “chiamò a sé quelli che voleva” (Mc 3,13). Ne scelse Dodici, numero simbolico e dal significato ecclesiologico, poiché “stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni” (Mc 3,14-15). Qui ci è detto che la missione dei Dodici sarà di continuare l’opera di Gesù: predicare e scacciare i demoni. Tale missione dipende dalla consonanza e vicinanza dei discepoli al Signore. Il discepolo, infatti, è colui che sta col Signore e non si può immaginare un discepolo che non pensi, parli e agisca come il suo Signore. Questo i discepoli imparano lungo il viaggio verso Gerusalemme al seguito di Gesù. Risalta, infine, l’assenza dei discepoli proprio al momento della passione. All’inizio, Marco narra – ed è il solo evangelista a farlo – di un ragazzo che, mentre arrestano Gesù, fugge nudo per non essere preso, avendo addosso solo un lenzuolo; probabilmente è un riferimento autobiografico dello stesso Marco ma anche il richiamo ad una frase contenuta nel libro del profeta Amos: “Il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno!” (Am 2,16)».

 

La confessione di Pietro e quella del Centurione: la sintesi di tutto il Vangelo

«I discepoli – come aveva dovuto imparare Pietro – sono coloro che, con coraggio, “vanno dietro” a tale Messia; solo così, come promesso, diventeranno pescatori di uomini” (Mc 1,17). Gesù ripete ad ogni suo discepolo, in ogni epoca: vai dietro a me, segui i miei passi. Il discepolo, così, è richiamato alla sua caratteristica essenziale: non essere di più del Maestro (cfr. Mt 10,24) ma colui che fedelmente cammina sulle orme del Maestro. Sotto la croce, al momento della morte di Gesù, non sono presenti i discepoli ma troviamo, nel racconto marciano, la confessione di fede più alta ed emblematica: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 15,39). Tale confessione viene da un centurione – un pagano – che, vedendo l’umanità di Cristo e il compiersi così della sua storia, è toccato al punto da riconoscere in Lui il Figlio di Dio. Se mettiamo insieme le parole di Pietro e quelle del centurione – le due professioni di fede – ritroviamo proprio ciò che Marco esprime all’inizio del Vangelo e che ne illustra il senso e il contenuto, la sua pienezza: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1)».

 

Il discepolato richiede una crescita

«Il discepolato richiede una crescita per giungere a una comprensione corrispondente al Messia, al Cristo, Figlio di Dio. È solo alla luce della risurrezione che si comprende il valore di tutto ciò che l’ha preceduta, dal battesimo alla trasfigurazione. Di nuovo qui trovano rispondenza le parole del dialogo con il cielo che conclude entrambi i momenti. […] La comunione con la Santissima Trinità – Padre e Figlio, nello Spirito Santo, scopo della vita del discepolo – raggiunge ora i discepoli. Tali parole sono lasciate al cammino e al mistero del discepolato che consiste sempre nel suscitare la fede ma nella libertà e nell’amore. Il discepolo è chiamato sempre, nella libertà, ad un amore più grande. Con questa disposizione d’animo – che appartiene ad ogni vero discepolo – desideriamo accogliere il Santo Padre Francesco chiedendo all’evangelista Marco di guidarci, con la forza del Vangelo di Gesù, e al nostro patrono affidiamo, nella preghiera, il successore di Pietro che s’appresta a visitare la nostra Chiesa».

 

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