Condividiamo integralmente il testo dell’omelia del Patriarca Francesco Moraglia per l’ordinazione diaconale di don Bogumil Wasiewicz e fra Mattia Senzani avvenuta oggi, sabato 6 novembre, presso la Basilica di San Marco a Venezia.
Messa per l’ordinazione diaconale di Bogumil Piotr Wasiewicz e fra Mattia Senzani (Venezia / Basilica di S. Marco, 6 novembre 2021)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
“Niech Bedzie Pochwalony Jezus Chrystus”, “Pace e bene”!
Carissimi,
mi sono rivolto a voi con queste espressioni che appartengono alla spiritualità della Chiesa polacca e della Fraternità Francescana, perché Bogumil e Mattia provengono da tali grandi famiglie spirituali. E, se proprio oggi – nel giorno in cui la Chiesa che è in Venezia fa memoria dei suoi Santi e Beati -, Bogumil e Mattia ricevono il ministero del diaconato lo devono a queste tradizioni ricche di fede. Con loro saluto i genitori, i familiari, gli amici.
Cantando il salmo responsoriale (Sal 145) abbiamo lodato il Signore per questo memento di grazia che riguarda non solo Bogumil e fra Mattia ma tutta la Chiesa di Dio.
Carissimi, col sacramento dell’ordine nel “primo grado”, il diaconato, sarete partecipi del ministero apostolico; servirete all’altare del Signore e i fratelli. Con la preghiera di Colletta abbiamo chiesto a Dio di concedere “a questi tuoi figli, oggi da te eletti al diaconato, di essere instancabili nell’azione, miti nel servizio della comunità e perseveranti nella preghiera”. Instancabili, miti, perseveranti: questo è il nostro augurio.
Questo è il profilo del diaconato e il cammino che, a Dio piacendo, vi porterà all’ordinazione presbiterale. Ricordate sempre che siete stati scelti ed “eletti” da Dio. In voi, infatti, rivive la scena evangelica del Vangelo di Luca in cui si narra che Gesù “se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli” (Lc 6,12-13). Gesù passò un’intera notte in orazione prima di scegliere i Dodici e ciò dice l’importanza di essere “perseveranti nella preghiera” facendo sì che scandisca le vostre giornate.
I doni di Dio non sono mai “privati” e mai vanno tenuti nascosti o protetti da una sorta di brevetto. Il diaconato è un dono che – attraverso le vostre persone – Dio fa a tutta la Chiesa e voi siete stati chiamati a farlo fruttare, come un talento ricevuto che domanda d’essere speso, condiviso e moltiplicato (v. parabola dei talenti; Mt 25,14-30). È come il seme buono e abbondantemente sparso che ora chiede d’essere accolto da voi come “terreno buono” e capace di fare molto frutto (v. parabola del seminatore; Mc 4,1-20).
“Ai ministri della tua Chiesa insegni non a farsi servire ma a servire i fratelli”: così la stessa preghiera di Colletta, già citata, indirizza la nostra attenzione al servizio a cui il diacono è chiamato e che ha la sua origine dall’altare del Signore, dall’Eucaristia che si fa vita di carità e servizio per i fratelli; dall’altare alla vita, dall’altare alla storia, in un unico circolo virtuoso d’amore.
Siate, insomma, “instancabili nell’azione” e “miti nel servizio”: siete chiamati non ad essere frenetici o a fare tante cose, ma a fare tutto in modo “diaconale”, con carità, nello spirito e nello stile del servizio.
Carissimi Bogumil e Mattia, nel momento in cui ricevete il primo grado dell’ordine sacro, è importante avere l’umiltà di appoggiarsi e fare riferimento alle grandi figure di santi che hanno segnato la vita della Chiesa e accompagnato la vostra storia. Guardate a coloro che hanno accolto, pur nella differenza delle situazioni ed epoche, i doni di Dio mettendoli a frutto, con la santità personale, per il bene di tutti.
La luminosa “catena” di santità è lunga e voi la potete arricchire ulteriormente. Pensiamo ai grandi pastori o dottori della Chiesa, a Giovanni Crisostomo, ad Agostino, ad Ambrogio, a Gregorio Magno, a Carlo Borromeo, a Francesco di Sales che – in tempi diversi ma egualmente difficili, non meno dei nostri – con coraggio hanno professato la fede, la carità di Dio, la speranza e così hanno potuto edificare le persone e le comunità cristiane loro affidate.
Pensiamo, in particolare, alla splendida figura di san Giovanni Paolo II, nato in terra di Polonia da cui proviene Bogumil (e anche tante altre persone qui presenti). Ricordiamo san Giovanni Paolo II come il santo pontefice che ha plasmato la storia recente della Chiesa e del mondo. Riferendosi proprio ai diaconi, in occasione del Giubileo del 2000, tra le altre cose raccomandava: ”Fedeli in tutto a Cristo, carissimi Diaconi, sarete pure fedeli ai vari ministeri che la Chiesa vi affida. Quanto prezioso è il vostro servizio alla Parola e alla catechesi! Che dire poi della diaconía dell’Eucaristia, che vi pone a diretto contatto con l’altare del Sacrificio nel servigio liturgico?” (Giovanni Paolo II, Discorso ai diaconi permanenti, 19 febbraio 2000, Aula Nervi).
Carissimi Bogumil e Mattia, non dimenticate la testimonianza dei grandi santi diaconi: da Stefano, primo diacono e martire della Chiesa, a Lorenzo, dedito al servizio dei poveri e della Chiesa fino a donare anche lui la vita, ad Efrem il Siro, teologo e cantore della Parola di Dio.
Fra Mattia, della Fraternità Cappuccina, ci ricorda oggi il diacono Francesco d’Assisi che, appunto, volle sempre rimanere diacono e non volle essere presbitero anche se per il ministero del sacerdote ordinato nutrì sempre un amore ed una stima altissimi al punto che, si racconta, gli presentarono un prete accusato di aver dato scandalo e gli dissero: “Allora cosa bisogna fare con questo prete?”. A quel punto «Francesco gli va incontro e gli dice: “Se tu sei peccatore io non lo so, ma so che le tue mani possono toccare il Verbo di Dio”, e si inginocchia a baciare le mani del prete”. Sacerdozio ed Eucaristia erano per lui due amori assoluti e congiunti» (Antonio Maria Sicari, Ritratti di santi – S. Francesco d’Assisi).
Il diacono Francesco viene descritto da Tommaso da Celano, suo biografo, in questo modo: “Di carattere mite, di indole calmo, affabile nel parlare, cauto nell’ammonire, fedelissimo nell’adempimento dei compiti affidatigli, accorto nel consigliare, efficace nell’operare, amabile in tutto. Di mente serena, dolce d’animo, di spirito sobrio, assorto nelle contemplazioni, costante nell’orazione e in tutto pieno d’entusiasmo. Tenace nei propositi, saldo nella virtù, perseverante nella grazia, sempre uguale a se stesso. Veloce nel perdonare, lento all’ira, fervido di ingegno, di buona memoria, fine nelle discussioni, prudente nelle decisioni e di grande semplicità. Severo con se stesso, indulgente con gli altri. Era un uomo fecondissimo, di aspetto gioviale, di sguardo buono, mai indolente e mai altezzoso… Magro, veste ruvida, sonno brevissimo, mano generosissima. Nella sua incomparabile umiltà si mostrava buono e comprensivo con tutti, adattandosi in modo opportuno e saggio ai costumi di ognuno. Veramente più santo tra i santi, e tra i peccatori come uno di loro” (Tommaso da Celano, Vita I 83 (FF 464-465), in AF X, 61-62). Davvero un bel modello per voi che siete ordinati diaconi! Vi auguro di diventare così!
Lasciamoci guidare dalla Parola di Dio appena proclamata. Nella prima lettura – tratta dalla lettera di san Paolo ai Romani (16, 3-9.16.22-27) – colpisce il numero di persone che vengono nominate. Sono almeno 13: da Prisca, Aquila e Urbano (“collaboratori in Cristo”) a Epèneto (“il primo a credere in Cristo nella provincia dell’Asia”) e Maria (“che ha faticato molto per voi”), da Andrònico e Giunia (“miei parenti e compagni di prigionia”) a Gaio (“che ospita me e tutta la comunità”) ed Erasto (“tesoriere della città”) e ce ne sono altri ancora… Appare così il volto variegato e concreto di una Chiesa che si va formando e che è già ricca di figure distinte, per carismi e ministeri, che convergono però nell’unità e nella comunione ecclesiale.
Non dimentichiamo che uno degli elementi che scosse e spronò sant’Agostino nel suo cammino di conversione fu non solo l’incontro con il vescovo Ambrogio ma anche quello con una comunità cristiana – la Chiesa di Milano – vitale e vivace, composta da molte figure zelanti, significative e credibili. Una comunità ecclesiale di questo tipo è, anche per noi, oggi, la prima opera di evangelizzazione.
Dal Vangelo (Lc 16,9-15) raccolgo un passo che affido a voi, cari Bogumil e Mattia: “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti” (Lc 16,10). Il tempo del diaconato è prezioso ed è soltanto – si fa per dire! – il primo grado del ministero ordinato ma, se saprete essere fedeli nel “poco”, lo sarete anche nel “molto”. E, allora, i mesi che vi stanno davanti viveteli come un’importante “palestra” in cui misurarvi ed esercitarvi alla scuola di Gesù e del Suo Vangelo.
Il diacono è condotto sulle strade del mondo e, quindi, è sempre con i piedi saldamente in terra, dove gli uomini vivono, ma nello stesso tempo, come uomo della carità e della comunione, è chiamato a guardare in alto e ad indicare il futuro. Sempre “instancabili nell’azione, miti nel servizio della comunità e perseveranti nella preghiera” (dalla preghiera di Colletta).
Il Vangelo, infine, vi pone innanzi la questione della “ricchezza disonesta” (Lc 16,11), a confronto con la ricchezza “vera”. A ben vedere ogni ricchezza, alla fine, è “disonesta”, anche quella che si è acquistata in modo onesto. Rimane sempre “disonesta” perché fa credere a chi la accumula e vi si attacca che sia quella la ricchezza “vera” e la salvezza. Ma non è così: la “vera” ricchezza è un’altra, è la salvezza di Dio!
Carissimi Bogumil e Mattia, tra poco sarete diaconi. Vi affidiamo all’intercessione dei santi, di San Giovanni Paolo II e del “serafico diacono” Francesco ma soprattutto di Colei che è Madre affettuosa di tutti: la Vergine Maria, a Venezia venerata come Madonna della Salute, in Polonia come Madonna Nera di Częstochowa, presso la Famiglia Francescana come Santa Maria degli Angeli.
Lei – “beata perché ha creduto” (Lc 1,45) – ci riconduca, ogni giorno, al Suo Figlio, il Santissimo Redentore.