S. Messa per la solennità dell’Immacolata Concezione
(Venezia – Basilica Cattedrale di S. Marco, 8 dicembre 2025)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
“Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te… Non temere” (Lc 1,28.30). Queste parole dell’angelo, che abbiamo appena ascoltato, non sono soltanto un annuncio per Maria, ma diventano un messaggio che attraversa i secoli e che raggiunge oggi la Chiesa. Raggiunge ciascuno di noi.
Oggi la Chiesa, in Maria, continua a sentirsi dire dal Signore: “Non temere”. “Non temere” perché, dove Dio entra, lì nasce sempre una possibilità nuova.
La solennità dell’Immacolata ci mette davanti una verità luminosa: Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante della sua esistenza, non per un suo merito, ma per pura grazia e in vista della missione unica che Dio le ha affidato.
In Lei contempliamo ciò che l’umanità è chiamata a diventare quando si lascia raggiungere dall’amore di Dio. Maria non è lontana da noi e non è irraggiungibile: è, anzi, l’immagine più vera della nostra vocazione.
Nel racconto dell’Annunciazione – il Vangelo di oggi – colpisce subito una cosa: Maria è turbata. Non è, insomma, una donna ingenua, né passiva. È una donna che pensa, che ascolta, che si interroga. E l’angelo non la rimprovera per il suo turbamento, ma Le rivolge una parola decisiva: “Non temere”.
La fede non cancella le domande, ma le apre all’intelligenza e alla fiducia. Maria non comprende ogni cosa, ma si fida di Dio. Non possiede il progetto, ma si consegna al progetto di Dio. È questo che vorrei dire, in particolare, ai nostri seminaristi: non il vostro progetto ma consegnatevi al progetto che Dio ha su di voi.
La sua risposta – “Avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38) – è la parola più alta della libertà umana, è la fede che diventa carne.
Qui si rivela il cuore dell’Immacolata: Maria è libera perché è ricolma di grazia. È libera perché non è ripiegata su se stessa. È libera perché non è schiava della paura, non è prigioniera del sospetto, non è bloccata dalla difesa del proprio io o di progetti umani che, tante volte, ci fanno fare anche delle brutte figure… L’Immacolata non è una creatura senza lotta, ma una creatura senza chiusura a Dio. È tutta aperta, tutta disponibile, tutta attraversata dalla fiducia in Dio.
In questa prospettiva si comprende anche l’antichissima e affascinante interpretazione mariana del Cantico dei Cantici, dove si legge di una figura femminile di straordinaria bellezza e forza: “Tu sei bella, amica mia, come la città di Tirsa, incantevole come Gerusalemme, terribile come un vessillo di guerra… Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come un vessillo di guerra?“ (Ct 6,4.10).
Per l’Antico Testamento corrisponde alla figura della Sulamita – la donna amata – ma la tradizione della Chiesa nella sua lettura “tipologica”, ossia in vista di Cristo, vi ha riconosciuto un chiaro riflesso di Maria.
Maria, perché Immacolata, è bella non di una bellezza fragile, ma di una bellezza che resiste. È terribile come un “vessillo di guerra” o, secondo un’altra traduzione, un “esercito schierato” non perché incuta paura, ma perché il male davanti a Lei arretra. Non perché combatte con le armi, ma perché il suo “sì” umile e totalmente rivolto a Dio disarma il potere del peccato.
In Maria il bene non è debole, l’amore non è fragile, la fedeltà non è sconfitta; tante letture “pacifiste” del Vangelo andrebbero riviste a partire da questa donna forte. La sua bellezza è la bellezza di chi appartiene totalmente a Dio e, proprio per questo, diventa luce per tutti.
L’Immacolata ci dice che il peccato non è la verità più profonda dell’uomo. Ci dice che non siamo nati per il fallimento, per la rassegnazione, per la sfiducia. Ci dice che come Maria, in Cristo e dentro la nostra storia ferita, c’è un seme di luce che Dio non ha mai smesso di far risplendere ed è l’Immacolata, la fanciulla di Nazareth.
In Lei risplende ed è presente in modo originale e unico tutta la Santissima Trinità: è unita al Padre (“Il Signore è con te” – Lc 1,28), è abitata dallo Spirito che scende su di Lei (cfr. Lc 1,35) e la porta a concepire il Figlio dell’Altissimo, Gesù (cfr. Lc 1,31).
Quando Dio vede una creatura che si apre totalmente a Lui, Dio si dona totalmente a quella creatura.
In Maria vediamo così realizzata in pienezza ciò che Dio ha progettato e vuole per l’umanità: una creatura riconciliata, pacificata e capace di amare senza riserve. E tuttavia Maria non è sottratta alla storia, non è tolta dalla concretezza della vita.
Anche Lei conoscerà l’incomprensione, il dolore, la fatica e la notte della fede. Ma tutta la sua esistenza sarà abitata da quelle prime parole: “Non temere”. L’Immacolata non è il segno di una vita senza croce, ma di una vita attraversata in modo sublime dalla grazia, anche nella croce.
In Lei vediamo che il vero nemico dell’uomo non è la debolezza, ma la chiusura a Dio, il negarsi a Lui, ossia il peccato. Il vero pericolo non è la fragilità, ma la paura di fidarsi di Dio. Il peccato, in fondo, è sempre una rottura della fiducia: verso Dio e poi verso gli altri e verso se stessi. Maria è Immacolata perché è la donna della fiducia totale.
E allora la festa odierna non è solo l’occasione per ammirare la sublime bellezza di Maria, non è semplice devozionismo ma una devozione sostenuta dalla fede; è soprattutto l’occasione per imitarla, forse da lontano ma per imitarla realmente.
Guardando Maria, ciascuno di noi è chiamato a chiedersi: di chi mi sto fidando? Su cosa sto costruendo la mia vita? Quale parola che guida le mie scelte? La paura o la fiducia? Il calcolo o l’abbandono? Il ripiegamento o il dono?
L’Immacolata ci ricorda che la vita non è possesso, ma accoglienza. Maria non trattiene nulla per sé: tutto ciò che è, tutto ciò che ha, lo riceve e lo dona. È questa la logica del Vangelo: si riceve per donare, si vive per consegnarsi.
In un mondo spesso segnato dalla diffidenza, dalla competizione, dalla ricerca di potere, Maria appare davvero – per tornare all’immagine del Cantico dei Cantici – “terribile come un esercito schierato” perché la sua mitezza vince la violenza, la sua obbedienza vince la presunzione, la sua umiltà vince l’orgoglio. La sua è una forza che non distrugge ma genera, che non schiaccia ma solleva, che non domina ma serve.
Nel giorno dell’Immacolata la Chiesa guarda a Maria come alla sua immagine e al suo modello più vero: anche la Chiesa, infatti, è chiamata a essere madre e spazio di grazia, dove si sente di nuovo risuonare il “sì” detto a Dio.
Il sì della Chiesa si innesta sempre in quel grande e primo “sì” di Maria perché la risposta della ragazza di Nazareth all’annuncio dell’angelo è il “sì” pieno, il “sì” cattolico, ossia universale. Davvero a Nazareth nasce la Chiesa e Maria incarna – è – il “mistero” della Chiesa, da cui poi discende ogni ministero ecclesiale che, sempre e ogni volta, a quel sì deve continuamente riferirsi e sintonizzarsi.
Maria è così primizia ed espressione piena di quella “Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,27) di cui ci parla san Paolo nella lettera agli Efesini.
Ma anche a ciascuno di noi è chiesto di diventare, un po’ alla volta, terreno buono dove Dio possa abitare, vita aperta dove la grazia possa operare.
Ritorniamo, infine, ancora a quella parola che attraversa tutta questa festa: “Non temere”. Maria l’ha accolta e ha cambiato la storia. Se anche noi impariamo a fidarci, se anche noi impariamo a dire il nostro piccolo “sì” ogni giorno, allora anche attraverso la nostra fragilità Dio potrà continuare a visitare il mondo.
Maria Immacolata ci accompagni in questo cammino. Ci insegni la libertà della fiducia, la forza dell’umiltà, la bellezza di una vita consegnata. E ci ottenga la grazia di essere, come Lei, segno di speranza in mezzo alla nostra storia. Amen.
