Omelia del Patriarca nella S. Messa per la festa di S. Giovanni Nepomuceno patrono della Boemia (Praga / Cattedrale di San Vito, 15 maggio 2025)

S. Messa nella festa di S. Giovanni Nepomuceno patrono della Boemia

(Praga / Cattedrale di San Vito, 15 maggio 2025)

Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

Saluto e ringrazio innanzitutto S.E. Mons. Jan Graubner, Arcivescovo Metropolita di Praga, per l’invito a presiedere questa solenne Eucaristia e a partecipare con Voi alle celebrazioni in onore del patrono della Boemia san Giovanni Nepomuceno.

Rivolgiamo insieme il nostro saluto più affettuoso e la nostra preghiera per il Santo Padre Leone XIV affinché, all’inizio del Suo ministero come Vescovo di Roma, possa operare, da subito, per il bene di tutta la Chiesa. Non manchi, poi, la nostra preghiera di suffragio per Francesco affinché possa essere accolto, in Cielo, dal Dio della Misericordia.

Un particolare saluto rivolgo a S.E. Cardinale Dominik Duka, Arcivescovo emerito di Praga, al Nunzio Apostolico S.E. Arcivescovo Jude Thaddeus Okolo e alle illustri autorità civili e militari presenti, alcune delle quali ho già avuto modo di conoscere in queste ore della mia permanenza a Praga.

A Venezia la figura di questo santo sacerdote e patrono è ben conosciuta. Il suo culto, infatti, ha superato i confini della Boemia ed anzi – come probabilmente sapete – una statua che lo rappresenta domina tuttora l’incrocio tra il Rio di Cannaregio e il notissimo Canal Grande. Lui – che nella nostra città venne proclamato patrono del clero veneziano, dei confessori, dei barcaioli e dei gondolieri – è lì, quasi a benedire continuamente coloro che solcano le acque della laguna. Di san Giovanni Nepomuceno sappiamo, inoltre, che conseguì la laurea in Diritto Canonico nella città di Padova (che fa parte della Metropolia della Provincia Ecclesiastica Veneta).

San Giovanni Nepomuceno è stato, prima di tutto, un sacerdote saggio, fedele, umile e coraggioso, che esercitò le funzioni di parroco e vicario generale unendo nella sua persona doti pastorali ed intellettuali. Giunto all’ufficio di vicario generale – che lo rendeva in qualche modo corresponsabile del governo di questa Chiesa – seppe mantenere ferma la fedeltà e l’obbedienza ecclesiale al suo Arcivescovo di fronte alle pretese del re Vencenslao IV che lo fece torturare, con lui stesso spettatore, e procurandogli un glorioso martirio gettandolo dal ponte nel fiume Moldava.

Sacerdote e martire, ha vissuto sulla sua pelle le pagine “forti” del Vangelo, come quella che abbiamo appena ascoltato: “…io vi mando – è Gesù che parla ai suoi discepoli – come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,16-20).

San Giovanni Nepomuceno si erge, anche per noi oggi, come il difensore della libertas Ecclesiae in ogni contesto e situazione, per quanto difficili possano essere. È l’intera sua vita – compresa, quindi, la sua stessa fine – che ci attesta e ricorda che il sacerdote è e rimane l’uomo di Dio e della Chiesa che attraversa e accompagna la vita e la storia degli uomini e delle donne di ogni tempo. La sua libertà e la sua fedeltà al ministero giungono fino al martirio che, del resto, è il tratto distintivo di Cristo Gesù, il Crocifisso Risorto, della sua Chiesa e, perciò, di ogni battezzato che voglia dirsi ed essere cristiano.

Sì, la fedeltà e la libertà – nonché la loro strenua difesa – portano al martirio: in modalità e forme diverse, è la storia della Chiesa che passa attraverso i secoli e le differenti vicende storiche fino a giungere ai nostri giorni in un rapporto sempre delicato e complesso con il potere politico, tra persecuzioni e tentativi di ingerenze.

La storia lo insegna. Ci sono state, dapprima, le grandi persecuzioni dei primi cristiani e ci sono quelle che continuano oggi, con episodi di martirio molto frequenti e non meno terribili, anche se spesso poco conosciuti. Si calcola che oltre 380 milioni di cristiani sperimentino attualmente alti livelli di persecuzione e discriminazione a motivo della loro fede; il dato, in questi ultimi decenni, è in continua crescita e nel 2024 si parla di almeno 4.476 cristiani uccisi per cause legate alla fede (fonte: Rapporto World Watch List 2025/Open Doors).

Sempre la storia ci dice che nel 313, con l’editto di Costantino, veniva riconosciuta la libertà di culto ai cristiani per i quali era così divenuto lecito “legalmente” dichiararsi ed essere cristiani. Nel 380, poi, con l’avvento di Teodosio e il suo editto di Tessalonica l’impero tende a divenire “impero cristiano” e il cristianesimo diventa, in pratica, “religione di Stato” con tutto quello che ciò significa. Qui la libertas Ecclesiae si è sempre più dovuta difendere contro i costanti tentativi di ingerenza, di portare (o tenere) la Chiesa dalla propria parte, di controllarla ed inserirla nella mappa vigente del potere.

Il monito di Gesù, contenuto nel Vangelo di Matteo, resta vivissimo e da realizzare ogni volta con discernimento: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21).

Sarebbe interessante rileggere qualche pagina di storia, come quella sulla “questione delle basiliche” (siamo negli anni 385/386) che vide sant’Ambrogio, vescovo di Milano, contrapposto all’imperatrice Giustina, madre di Valentiniano II, che voleva l’attribuzione agli ariani di una basilica cattolica. Ambrogio, pur disponibile al dialogo, si opponeva a tale prospettiva ed arrivò a rinchiudersi con molti fedeli ambrosiani nelle basiliche.

In un famoso sermone sant’Ambrogio affermò: “Alla violenza io non posso rispondere con la violenza. Potrò lamentarmi, piangere, gemere: perché contro le armi, contro i soldati, contro i barbari, le mie armi sono le lacrime. Queste sono le sole armi degne di un vescovo… Ma io non posso tradire l’eredità di Cristo, l’eredità dei miei padri, dei miei predecessori nell’episcopato … Il tributo è di Cesare e non gli viene rifiutato; la chiesa è di Dio, e certamente non deve essere assegnata a Cesare, perché il tempio di Dio non può rientrare nei diritti di Cesare. Con questo nessuno ci accusi di mancanza di riverenza all’imperatore. Infatti nessun onore è più grande di questo: che l’imperatore possa dirsi figlio della Chiesa. Perché l’imperatore fa parte lui pure della Chiesa, è nella Chiesa, non sopra la Chiesa” (Sant’Ambrogio, Sermo contra Auxentium).

E si può proseguire con il “Trattato di Worms”, un accordo che fu stipulato nel 1122 in quella cittadina tedesca fra l’imperatore Enrico V e Papa Callisto II sancendo la fine della cosiddetta “lotta delle investiture”. O ancora, venendo a pagine di storia più recente, pensiamo a ciò che ha comportato – nel secolo scorso – l’avvento e l’affermarsi delle grandi dittature (socialismo reale e nazifascismo) con i loro totalitarismi.

Il nostro san Giovanni Nepomuceno – che san Giovanni Paolo II definì “eroe della fede” per il suo esempio e la sua testimonianza – si inserisce, dunque, in una storia che si ripete spesso e nella quale egli ha affermato con la vita – e fino al martirio – i tratti specifici della sua santità: “San Giovanni incarna in sé sia l’ideale del conoscitore dei Misteri di Dio, teso come fu alla perfezione delle virtù, allo studio, alla disciplina; sia del parroco, che santifica i suoi fedeli con l’esempio della sua vita e con lo zelo delle anime; sia del Vicario Generale, scrupoloso esecutore dei suoi doveri in armonia con la volontà del suo Arcivescovo nello spirito dell’ubbidienza ecclesiale” (San Giovanni Paolo II, Lettera all’Arcivescovo di Praga per il 250° centenario della canonizzazione di san Giovanni Nepomuceno, 2 marzo 1979).

Oggi questo valoroso e fedele sacerdote originario di Nepomuk, nostro patrono, si troverebbe certamente a difendere la libertas Ecclesiae fronteggiando l’imperante “dittatura” contemporanea che passa spesso attraverso i meccanismi della comunicazione e i vari canali social e della rete, dove verità e carità faticano ad entrare e a proporsi, mentre facilmente agiscono e comandano criteri e modalità della manipolazione, della menzogna, della volontà di condizionare ed influenzare la vita delle persone e di una società.

Sono le prove che devono affrontare i cristiani e la Chiesa di oggi e sono la conferma di quanto il libro dell’Apocalisse afferma in ogni sua pagina: per i discepoli del Signore le persecuzioni, le tentazioni di essere inglobati nel potere dominante o nel pensiero unico al momento prevalente o ancora nel “politicamente corretto”, la possibilità e la realtà del martirio fanno parte della storia dei cristiani fino alla fine dei tempi.

Desidero sottolineare, infine, un’ultima ma non meno significativa caratteristica di san Giovanni Nepomuceno che, seguendo il racconto di una tradizione successiva, lo porta ad essere non solo il testimone della libertas Ecclesiae ma anche il difensore, sino al martirio, del “sigillo sacramentale” per non aver voluto violare – anche qui pressato dalle minacce del re – il segreto della confessione.

Con il tema del “sigillo sacramentale” si arriva a toccare un punto fondamentale (e su cui riflettiamo troppo poco) della vita di fede e cioè la possibilità di avere un rapporto di piena fiducia con il Signore. Se un penitente, infatti, venisse anche solo sfiorato dal dubbio che quanto è emerso in confessionale possa esser divulgato, allora si rischia di azzerare o rendere inaccessibile la potenza della grazia e della misericordia di Dio che passano attraverso il sacramento della confessione, grazie alla conversione e principalmente, appunto, per un’azione che viene dall’Alto. Anche questa, potremo dire, è un’altra forma di libertas Ecclesiae continuamente da valorizzare e da difendere. E di questo siamo davvero grati al nostro patrono.

San Giovanni Nepomuceno guidi e ispiri la vita e la santità della Chiesa di Praga e della Boemia e dell’intera Chiesa universale, lui che ha mostrato nel ministero sacerdotale e fino al dono della vita di non pensare a se stesso “ma solo alla salvezza delle anime, sapendo che anche le più belle parole sono inefficaci se non sono fondate sulla testimonianza della vita” (San Giovanni Paolo II, Lettera all’Arcivescovo di Praga per il 250° centenario della canonizzazione di san Giovanni Nepomuceno, 2 marzo 1979).

Buona festa di San Giovanni Nepomuceno a tutti!

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