S. Messa per i funerali di mons. Orlando Barbaro
(Marghera / Chiesa parrocchiale San Pio X, 30 gennaio 2025)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Cari presbiteri, diaconi, persone consacrate e fedeli laici,
abbiamo appena ascoltato il racconto della morte e risurrezione del Signore (cfr. Mc 15,33-39.16,1-6) nella versione dell’evangelista Marco, il “nostro” evangelista, che ci ha ricondotti al cuore della fede, al centro dell’annuncio cristiano e anche del ministero sacerdotale che ha nella celebrazione dell’Eucaristia – attualizzazione del mistero pasquale – il gesto ecclesiale per eccellenza.
La nostra vicinanza e preghiera è rivolta ai familiari, agli amici, ai conoscenti e a tutti coloro che in questi quasi cinquant’anni di ministero di don Orlando hanno beneficiato del suo servizio sacerdotale.
Un ricordo particolare va alla sorella Pina, al fratello Maurizio, alle cognate Antonietta e Sandra, ai carissimi nipoti Maria Grazia, Marco, Sabrina, Lucio, Damiano e alla piccola Anna.
Nell’Eucaristia noi affidiamo al Padre che è nei cieli il nostro caro don Orlando che – come ciascuno di noi – nel suo Battesimo è stato innestato in Cristo. Il fonte battesimale che l’accolse fu quello della chiesa di Sant’Antonio e poi visse, inizialmente, qui a Marghera in quella che era la nascente comunità parrocchiale di San Pio X.
L’Eucaristia – ossia la realtà sacramentale della morte e della risurrezione, della croce e della gloria di Gesù Cristo – contiene ed esprime tutta la dinamica pasquale, ossia quella realtà cristiana che tutti ci unisce e che, nella liturgia del cielo, unisce ancora a noi don Orlando il quale, nell’ultimo tempo della sua vita terrena, è stato unito soprattutto al mistero della croce. Ma tale periodo così difficile e ostico (come quel buio che è descritto all’inizio del Vangelo appena letto) non deve farci dimenticare la risurrezione e la gloria.
Il primo ricordo personale che ho di don Orlando mi riporta a La Spezia: era il febbraio del 2012, quando, insieme ad altri sacerdoti, giunse per una prima conoscenza del nuovo Patriarca che stava per entrare in Diocesi. Mi colpì il suo tratto cordiale, delicato, signorile.
Poi, conoscendolo meglio, ho imparato ad apprezzarne il convinto senso ecclesiale. Don Orlando ha vissuto fedelmente il sacramento dell’ordine, ricevuto nella basilica di S. Marco nel 1976 dall’allora Patriarca Albino Luciani. Don Orlando ha accolto e vissuto il suo presbiterato in comunione col Vescovo con un profondo senso del dovere che lo rendeva pronto e disponibile ad ogni servizio. Ricordo bene quando, non molto tempo fa – non era più giovanissimo -, mi disse in modo libero: “Mi mandi dove la Diocesi ha bisogno”.
Mons. Barbaro nutriva uno spiccato amore per la liturgia, tanto da raccogliere in due volumi le sue “Gocce di liturgia” che hanno portato a far scoprire – o a riscoprire – i segni, i linguaggi, i riti liturgici, accompagnando il lettore con rigore e semplicità.
Tale amore si traduceva poi nell’arte sacra e si esprimeva nella sua grande passione per le sacre icone che realizzava a partire dal loro senso teologico. Esse, come da antica tradizione ecclesiale, rappresentano infatti qualcosa che va al di là del semplice dipinto, perché ogni icona va preparata e costruita nella preghiera, in modalità orante; le icone sono un “sacramentale”, una invocazione, una preghiera, un’immagine particolare della presenza divina in mezzo a noi, una realtà sacra che favorisce l’incontro e l’unione tra i fedeli e Dio. Un riflesso del “già” e del “non ancora”, come richiamava poco fa la prima lettera di Giovanni: “…noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2). Anche alle icone – “Le icone delle feste” – don Orlando aveva dedicato un corposo ed apprezzato volume.
I suoi servizi resi alla Chiesa di Venezia, in tanti anni di sacerdozio, sono stati numerosi; in essi c’è tutto il suo impegno pastorale, sia nelle parrocchie in cui è stato vicario parrocchiale o parroco sia nei servizi resi a livello vicariale (come vicario foraneo) o diocesano (come vicario episcopale o direttore di ufficio); in essi ha profuso, cuore, intelligenza, competenza. E qui ricordo anche la sua opera di assistenza spirituale a varie realtà (dal Movimento Ciechi al Rinnovamento nello Spirito Santo, dalle Scuole Grandi / Arciconfraternite agli Ordini).
Vorrei, però, sottolineare due ambiti che ultimamente – almeno fino a quando le sue condizioni di salute glielo permisero – lo hanno visto spendersi con molta generosità.
Penso in particolare al servizio come Rettore del cimitero veneziano di S. Michele in Isola; don Orlando era bene consapevole che il momento del commiato è occasione privilegiata ed unica per esercitare il ministero della vicinanza nel delicato tempo del distacco.
E poi ricordo la basilica di San Marco di cui don Orlando è stato Arciprete e, per tanto tempo, Canonico del Capitolo. Alla nostra splendida Cattedrale era legatissimo e avrebbe desiderato non lasciarla mai. Anche qui abbiamo avuto il dono di un altro suo libro, dedicato ai mosaici marciani e ad alcuni itinerari della tradizione spirituale e liturgica bizantina emergenti dalla basilica marciana, per coglierne al meglio la bellezza non solo artistica ma spirituale.
Caro don Orlando, tu che eri stato nel 2015 Delegato diocesano per il Giubileo speciale della Misericordia ed avevi partecipato anche al Comitato diocesano per l’Anno Santo del 2000, sei tornato alla Casa del Padre all’inizio di questo nuovo Anno giubilare 2025. Il Signore ti accolga nella Sua gioia e tu prega per la tua amata Chiesa veneziana.
