S. Messa per i funerali di Giacomo Gobbato
(Jesolo/Chiesa parrocchiale Ss.Liberale e Mauro, 30 settembre 2024)
Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia
Ci stringiamo con affetto a mamma Valentina, a papà Luca, a Tommaso, alle nonne Alma e Anna, ai familiari, agli amici e ai compagni di Giacomo.
Carissimi, solo chi sa donarsi totalmente – sapendo anche rischiar tutto – dà senso alla sua vita. Chi, invece, non si riconosce in un ideale per cui vale la pena donarsi non avrà neppure una ragione per cui la vita sarà degna d’esser vissuta.
Giacomo – con una risposta immediata e, come si dice, di primo acchito – ha detto che dinanzi ad una violenza, ad un’ingiustizia o ad una richiesta d’aiuto non ci si può voltare dall’altra parte.
I nostri gesti dicono chi siamo!
Giacomo, di fronte ad un atto di violenza, di fronte ad un’ingiustizia, di fronte alle grida di chi stava soccombendo, ha risposto. E le nostre reazioni – soprattutto le reazioni immediate – dicono la nostra storia e i nostri valori, dicono chi siamo, che cosa ci muove, che cosa è in noi.
Certo, una persona non si identifica mai con un suo gesto, ma è vero che vi sono gesti che sono come il sigillo di tutta un’esistenza. Quello compiuto da Giacomo è proprio uno di questi poiché coincide col morire e, quindi, di fatto, è la consegna della propria vita; è la fotografia che lascia a noi.
Mamma Valentina ha scelto personalmente – e di questo la ringrazio – le letture di questa celebrazione eucaristica (1Cor 13,1-13 e Lc 23, 44-46.50.52-53; 24,1-6a) che è l’atto con cui la comunità ecclesiale affida la persona che si ama a Colui che è l’Amore. Un Amore che mai viene meno e che ha la forza di mantenere viva la persona che noi, pur nella nostra fragilità, continuiamo ad amare.
”Adesso – è il passo finale della prima lettura – noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!” (1 Cor 13,12-13).
Il Vangelo di Luca sulla risurrezione – anch’esso scelto dalla mamma di Giacomo – ci ricorda come Gesù, il Solo che ha vinto la morte, non ha temuto di prender su di sé il dramma della morte per sconfiggerla nella risurrezione. Colpisce sempre, chi legge con fede i Vangeli, il fatto che le donne, recatesi al sepolcro, lo trovino vuoto.
”Il primo giorno della settimana, al mattino presto [le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea] si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto»” (Lc 24,1-6).
È il passo del Vangelo di Luca appena proclamato. E il Vangelo di Marco, circa la morte di Gesù, aggiunge che il modo in cui si muore è come un messaggio che fa comprendere chi è colui che muore: “Il centurione, che si trovava di fronte a lui (di fronte a Gesù), avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!»” (Mc 15,39).
Per il cristiano la risurrezione non è solo un auspicio o un desiderio, ma un fatto reale e certissimo da cui prende avvio tutta la vita della comunità credente. E il fatto è questo: la morte non è la conclusione della vita di una persona ma è la sua trasformazione.
Tutto è destinato a passare il vaglio della giustizia e della verità poiché l’incontro con Dio – che chiamiamo “giudizio” – fa sì che una persona e la sua storia siano illuminate, alla fine, dalla Giustizia, dalla Verità e dalla Misericordia che sono altri nomi di Dio. E la Misericordia è quello più grande!
Chi muore, per la fede cristiana, non è destinato a rimanere solo un ricordo per chi l’ha conosciuto ed amato ma è e rimane persona vivente della pienezza di un Amore infinito – quello di Dio – che ormai nessuna ingiustizia, violenza o menzogna possono più piegare.
Giacomo, di fronte alle grida d’aiuto di una donna aggredita, non si è voltato dall’altra parte, non ha fatto finta di non sentire, non ha chiuso gli occhi; la sua è stata una scelta umana, profondamente umana, anzi la sola scelta veramente umana, plasmata dal senso di verità e della giustizia. Una scelta che è atto d’amore e di coraggio!
Abbiamo tutti bisogno di tale coraggio e di tale amore, se vogliamo costruire una società e una convivenza a misura d’uomo.
La Madre – che stava ai piedi della croce mentre Gesù testimoniava la verità delle sue parole: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13) – consegni ora Giacomo all’amore misericordioso di Gesù ed asciughi ogni lacrima.
Alla mamma Valentina, al papà Luca, al fratello Tommaso, alle nonne Alma e Anna, ai familiari, agli amici e ai compagni di Giacomo vada l’abbraccio più fraterno e affettuoso.
