S. Messa per i funerali di don Lucio Panizzon
(Venezia – Basilica di San Marco, 29 agosto 2025)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Le nostre cristiane e più vive condoglianze alla sorella Antonella che ha accudito don Lucio ed ha vissuto strettamente unita a lui questi ultimi mesi.
Sono stati giorni di crescente sofferenza, a causa del progressivo logoramento del fisico di don Lucio, ma vissuti con grande fede e abbandono al Signore. Abbiamo visto lentamente venir meno il nostro caro don Lucio, sia nelle energie fisiche sia in quelle psicologiche, ma mai in quelle spirituali.
Ringrazio don Giancarlo per averlo costantemente seguito ed essersi preso cura di lui, soprattutto quando don Lucio è stato ospite presso l’Istituto Stella Maris, non facendogli mancare gli aiuti spirituali insieme ad una cordiale e sincera amicizia sacerdotale che datava da tempo e che, nell’ultimo periodo, si era via via rafforzata. Grazie, don Giancarlo, per questa testimonianza.
Don Lucio si è spento recitando la preghiera del Santo Rosario insieme a don Luciano; è davvero una grazia – anzi un privilegio singolare – passare da questa all’altra vita recitando la preghiera mariana, il sì ecclesiale di Maria, il sì fondamentale della Chiesa, che noi rinnoviamo ogni volta che recitiamo il Rosario, a cui don Lucio era legatissimo; anche don Carlo più volte ha condiviso con il sottoscritto l’evolversi della situazione di don Lucio.
Cari confratelli, questo farci compagni di strada e l’aiutarci reciproco dice la realtà della comunione presbiterale e di un ministero sacerdotale vissuto giorno dopo giorno non per se stessi o da se stessi ma portando gli uni i pesi degli altri. Sì, il non essere “isole” lo si dice con la vita vissuta ogni giorno.
Ringrazio poi i diaconi, i laici e le laiche e le suore di Villa Salus, insieme alla direzione, che hanno assistito, in vario modo, don Lucio in questi mesi davvero faticosi.
Negli incontri vissuti con lui, in questo periodo di ripetuti ricoveri, ho potuto riscontrare in don Lucio una fede che lentamente andava crescendo e si confermava secondo le sue caratteristiche personali.
Ricordo che in una di queste occasioni, sapendo che aveva già ricevuto l’unzione degli infermi, gli ho chiesto se gradiva pregare insieme e se voleva una speciale benedizione.
Ricordo che quando si parlava – come in quel caso – di questioni legate alla fede, alla vita e al suo significato, oppure riguardanti la Chiesa e le sue attuali necessità, si rianimava; il volto si illuminava e sorrideva, quasi ritrovasse le motivazioni per tornare a combattere e, quindi, a vivere.
Al termine di ogni preghiera era solito dire “grazie” e lo diceva con convinzione, in maniera semplice, quasi rinfrancato.
La prima lettura (Sap 3,1-9) dell’odierna liturgia della Parola – e ringrazio la sorella Antonella per la scelta – ci riconduce esattamente a questi temi: “Le anime dei giusti (…) sono nelle mani di Dio” (Sap 3,1).
Sì, anche nei momenti di sofferenza più acuta, nei quali nemmeno le terapie riuscivano ad alleviare del tutto i suoi dolori, don Lucio era sempre sostenuto (e si sentiva sostenuto) dalle mani buone e onnipotenti di Dio.
Davvero ho visto realizzarsi, in tali frangenti, quanto leggiamo nel libro della Sapienza: “Le anime dei giusti (…) sono nelle mani di Dio… essi sono nella pace… la loro speranza resta piena d’immortalità” (Sap 3,1.3.4). Grazia e misericordia sono sempre per i suoi eletti.
Anche il Vangelo di Giovanni (Gv 15,1-11) ritorna su questi stessi temi: Gesù è “la vite vera”, mentre Dio Padre è l’ “agricoltore” e noi siamo i “tralci” dell’unica vite. Non siamo la vite ma viviamo della vite e siamo coltivati dal Divino Agricoltore.
In tutta la sua vita don Lucio si è sentito parte viva del corpo di Cristo, ossia della Chiesa; per la Chiesa don Lucio soffriva e offriva le sue sofferenze, come mi confidò esplicitamente nell’ultimo periodo. Amava una Chiesa viva, presente, ascoltata dagli uomini, perché davvero nella Chiesa avvertiva la presenza pulsante del Signore.
Don Lucio amava la preghiera e animava l’adorazione eucaristica perpetua, condividendo i turni (anche notturni) di presenza silenziosa dinanzi al Santissimo Sacramento dell’altare perché pensava che il tempo passato davanti al Signore fosse un tempo ben speso.
Come dice bene l’immagine evangelica della vite e dei tralci, chi rimane nel Signore porta molto frutto perché, davvero, senza il Signore non possiamo fare nulla ed è difficile fare qualcosa di buono nel mondo e nella Chiesa. E proprio questo “rimanere” nel Signore è il messaggio che don Lucio lascia a ciascuno di noi; don Lucio, infatti, pensava sé e il Signore come un tutt’uno.
È il Christus totus di sant’Agostino: noi e Dio. È quel “rimanere” nel Signore che è il grande messaggio del Vangelo di san Giovanni, un testo “pneumatico” (cioè dello Spirito) in quanto ci ricorda il Signore. La parola di Dio è luogo dello Spirito e lo Spirito è donato da Cristo risorto. Quando andiamo all’essenziale, tutto diventa molto semplice e sopportabile; tutto diventa grazia del Signore.
Rimanere in Dio e nel suo amore vuol dire avere una fede reale, una fede che ama. E non c’è amore se non c’è obbedienza e la fede stessa è espressione di obbedienza (san Paolo parla di oboedientia fidei). Il Vangelo è veramente dirompente rispetto alle logiche dell’autoaffermazione moderna dell’uomo
Rimanere in Dio e nel suo amore significa, infine, rimanere uniti nella fede, sentirsi parte della Chiesa, annunciare il Vangelo ed anche soffrire perché il Signore non è accolto e non è amato dagli uomini.
Caro don Lucio, per te, ora, il tempo della fragilità terrena si è concluso; adesso sei chiamato all’ultima purificazione per superare quelle durezze che condividevi con noi, ma già partecipi e gusti la gioia di chi è entrato nella vera vita, attendendo di vivere in pienezza l’incontro con il Signore Gesù vero ed unico Salvatore che segna ed è la vita eterna.
In forza della realtà del Corpo Mistico di Cristo – il Christus totus – contiamo sulla tua preghiera per le necessità della Chiesa che è in Venezia, per il suo presbiterio, per il Seminario patriarcale e, in particolare, per le nuove vocazioni al sacerdozio.
Noi, caro don Lucio, ci impegniamo a pregare per te – la preghiera è la realtà che “dice” il nostro Battesimo e la forza che vince anche la morte – , affinché il tuo incontro col Signore possa avvenire, secondo quanto Lui ha stabilito nella Sua misericordia infinita, nel modo più dolce e sereno.
Caro don Lucio… arrivederci nella Casa del Padre!
