S. Messa con la Fraternità di Comunione e Liberazione nel 20esimo anniversario della morte del Servo di Dio Mons. Luigi Giussani
e nell’anniversario del riconoscimento pontificio
(Venezia / Basilica cattedrale S. Marco, 24 febbraio 2025)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Cari amici e amiche di Comunione e Liberazione,
proprio in questo giorno, il 24 febbraio di vent’anni fa, nel Duomo di Milano l’allora Card. Joseph Ratzinger presiedeva le esequie di mons. Luigi Giussani e all’inizio dell’omelia il futuro Papa Benedetto XVI inquadrò così i suoi tratti caratteristici: “Solo Cristo dà senso a tutto nella nostra vita; sempre, don Giussani, ha tenuto fisso lo sguardo della sua vita e del suo cuore verso Cristo. Ha capito in questo modo che il Cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il Cristianesimo è un incontro; una storia d’amore; è un avvenimento” (Card. Joseph Ratzinger, Omelia alle esequie di mons, Luigi Giussani, Milano 24 febbraio 2005).
Grati per i doni ricevuti da Giussani siamo qui – all’altare del Signore – per esprimere un atto di affetto e memoria riconoscente e ricordare anche l’anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. E perciò ci vogliamo mettere in ascolto della parola di Dio che la liturgia della Chiesa oggi ci consegna.
La prima lettura – sono i versetti iniziali del libro del Siracide (1,1–10) – ci ha ricordato che ogni sapienza umana discende dal Signore e, quindi, viene dopo e deve accordarsi con la sapienza di Dio che sempre è “prima di ogni cosa”. Ecco, allora, la giusta relazione che s’instaura tra intelligenza / ragione umana, fede e riconoscimento del primato di Dio.
E dal Vangelo (Mc 9,14-29) vorrei cogliere i due elementi che Gesù sottolinea come umanamente necessari per accompagnare ed accogliere l’intervento prodigioso di Dio (nel caso specifico la liberazione del fanciullo posseduto dai demòni), ossia la fede e la preghiera. La fede viene richiesta da Gesù nel dialogo col padre del ragazzo – “Tutto è possibile per chi crede” – mentre l’esigenza della preghiera emerge nel dialogo finale, più riservato, con i discepoli che “gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera»”.
L’importanza della preghiera era ben chiara a don Giussani che vedeva in essa una grande invocazione e attesa di Cristo, del suo ritorno del suo manifestarsi.
“Noi non possiamo che domandare Dio – diceva -, il manifestarsi di Dio, l’attesa della beata speranza, il ritorno di Cristo o, ciò che è lo stesso, il compiersi della sua risurrezione… Se qualunque nostra preghiera, se qualunque nostra domanda, se qualunque nostro sguardo a Dio, se qualunque nostra riflessione non è sottesa da questo «Signore, vieni», non è preghiera o è preghiera ancora pagana. Questa è l’essenza della preghiera cristiana” (Luigi Giussani, La familiarità con Cristo. Meditazioni sull’anno liturgico, San Paolo 2008, pagg 49-ss.).
Ragione, sapienza umana e sapienza di Dio, fede e preghiera come sguardo continuamente rivolto a Cristo, come attesa e invocazione del suo ritorno e di una sua rinnovata manifestazione nella nostra vita, nella storia del mondo. Una preghiera che riempie la vita e il tempo, che dà gusto e senso a tutte le cose che facciamo e che diventano perciò anch’esse preghiera, ossia “offerta”.
Il senso pieno della preghiera, la vera pietà, sta allora nell’attendere e nell’affrettare il ritorno del Signore, il suo giorno, in un abbandono totale e filiale in quella sapienza che viene dall’alto e che si è realizzata e incarnata in Cristo Gesù. La ragione non è sufficiente: ci vuole la preghiera (questa preghiera) per risolvere tutto e, specialmente, i casi difficili della vita.
Poco dopo quel testo che ho appena citato, don Giussani riprendeva poi alcuni passaggi di una lettera che aveva ricevuto da una persona e che così scriveva: “Mi è motivo di inquietitudine il sentire che non sono e non sarò mai garantita nella perseveranza nella mia fede: è motivo di inquietitudine il fatto che la mia libertà è e sarà sempre nella possibilità di rifiutarsi a Dio. A volte me ne rimprovero come di un residuo di razionalismo”.
Giussani, quindi, commenta: “Proprio questo è il motivo. Razionalismo vuole dire l’uomo che pretende di giudicare la propria vita e le cose dal punto di vista proprio, cioè l’uomo che pretende di essere misura di tutte le cose”. E, invece, aggiunge immediatamente, “è l’avvenimento di Cristo che determina la nostra vita, è l’avvenimento dell’alleanza che dà il significato della nostra vita: è ciò che ci è accaduto che determina la sicurezza, la certezza, nella nostra vita” (Luigi Giussani, La familiarità con Cristo. Meditazioni sull’anno liturgico, San Paolo 2008, pagg 55-ss.).
La centralità di Cristo nella vita di don Giussani, lo riconosceva il Card. Ratzinger nell’omelia ai funerali, “gli ha dato anche il dono del discernimento, di decifrare in modo giusto i segni dei tempi in un tempo difficile, pieno di tentazioni e di errori”. E nello stesso tempo “l’amore di don Giussani per Cristo era anche amore per la Chiesa, e così sempre è rimasto fedele servitore, fedele al Santo Padre, fedele ai suoi Vescovi” (Card. Joseph Ratzinger, Omelia alle esequie di mons, Luigi Giussani, Milano 24 febbraio 2005).
In questa celebrazione eucaristica esprimiamo tutto il nostro legame e affetto al Santo Padre Francesco ed intensifichiamo la nostra preghiera affinché il Signore, per l’intercessione della Beata Vergine Maria, lo sostenga e lo conforti in questo momento di prova e di sofferenza.
Al termine di questa Messa, sempre qui in Basilica, io stesso guiderò la preghiera del Santo Rosario per Papa Francesco. Nel contempo rinnovo l’invito alle comunità parrocchiali e religiose, alle associazioni, ai movimenti e alle famiglie ad unirsi in preghiera così da far sentire al Santo Padre la vicinanza e il sostegno dell’intera Chiesa che è in Venezia.
