Omelia del Patriarca durante la S. Messa per l’inizio della peregrinatio del corpo di S. Lucia nelle Diocesi siciliane di Siracusa, Catania e Acireale (Siracusa / Santuario Madonna delle Lacrime, 14 dicembre 2024)

S. Messa in occasione dell’inizio della peregrinatio del corpo di S. Lucia nelle Diocesi siciliane di Siracusa, Catania e Acireale

(Siracusa / Santuario Madonna delle Lacrime, 14 dicembre 2024)

Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Rivolgo il mio cordiale saluto all’Arcivescovo Francesco, alle autorità civili e militari, a tutti i fedeli che partecipano a questa celebrazione. Grazie sin d’ora per l’accoglienza che riserverete in questi giorni al corpo di santa Lucia nel suo pellegrinaggio qui a Siracusa e in altre diocesi siciliane (Catania e Acireale).

Abbiamo appena ascoltato le letture che la Chiesa propone in questa celebrazione eucaristica con la quale entriamo nella terza domenica del tempo di Avvento. Accogliendo, allora, il messaggio divino che ci hanno trasmesso, chiediamo che questi giorni con santa Lucia siano preziosi e ricchi di gioia per attingere alle sorgenti della salvezza e progredire sulla via della santità.

Il Vangelo, in particolare, ci mostra la figura austera di Giovanni Battista che, nella sua predicazione e nella sua testimonianza, non fa che rimandare alla persona di Gesù, “colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16). Come fu per Giovanni Battista, come accade per tutti i santi, così è per Lucia: Lei oggi ci indica Gesù, ci aiuta ad entrare nel suo mistero e ci aiuta a credere, amare e sperare come Lei ha fatto.

Santa Lucia ci introduce e ci guida anche all’ingresso nell’Anno Santo che sta per cominciare e potremo dire che vediamo in Lei la prima “pellegrina” che può rendere tutti noi come quei “pellegrini di speranza” di cui parla Papa Francesco all’inizio della Bolla di indizione del Giubileo “Spes non confundit” (n. 1).

Mi hanno molto colpito le toccanti parole che il Santo Padre ha rivolto in questi giorni nel suo messaggio a questa Chiesa siracusana in occasione della traslazione temporanea del corpo di Santa Lucia. Papa Francesco ha parlato, infatti, del pellegrinaggio di Lucia “da Venezia a Siracusa, cioè dalla città che da otto secoli custodisce il suo corpo a quella in cui la sua testimonianza è inizialmente brillata, diffondendo luce in tutto il mondo…. La comunione fra due Chiese particolari, che ha reso possibile questa traslazione temporanea, indica a sua volta un modo di abitare il mondo che può vincere le tenebre che ci circondano: c’è luce dove ci si scambiano doni, dove il tesoro di uno è ricchezza per l’altro”.

Quando noi veneriamo il corpo di un santo o di una santa non intendiamo compiere solamente un doveroso atto di memoria che riguarda il passato ma raccogliamo una forte eredità spirituale e di vita cristiana per guardare soprattutto al presente, al futuro, all’eternità. Le reliquie di santa Lucia ci ricordano la realtà dell’incarnazione di Dio che celebreremo con grande gioia tra pochi giorni nel Santo Natale del Signore Gesù, ma anche ricordano la visibilità e la realtà umana della Chiesa, fatta di uomini e donne concrete.

Santa Lucia, nella sua breve ed intensa vita (morì a 21 anni), è stata innanzitutto una giovane donna martire, cioè una “testimone”. Lucia è stata martire della fedeltà nel sì detto a Cristo nel Battesimo e mai revocato, anche a prezzo della vita. Ha preso sul serio il suo essere battezzata, il suo essere cristiana, e quel sì lo ha ripetuto di fronte all’alternativa più radicale, ossia rinunciare ai propri beni e alla propria vita oppure al Signore.

La scelta verginale l’ha condotta al martirio perché Lucia – come tanti altri martiri – ha scelto il Signore sapendo di perdere tutto; in realtà non perse la vita ma la donò e, quindi, la visse in pienezza seppur per pochi anni.

Il martire, ossia il testimone, offre il dono più grande: l’unica vita che possiede e, nel caso di chi è giovane come Lucia, una vita che è soltanto sbocciata e non ha ancora potuto fruttificare.

Chi è il testimone, chi è il martire? È chi partecipa di una sapienza particolare, ossia chi sa cogliere come tutta la storia e tutto il tempo – e, quindi, anche la sua storia e il suo tempo – siano orientati all’eternità, alla risurrezione, ma il tempo e la storia – e tutto ciò che avviene in essi, anche attraverso il corpo – plasmano l’eternità (cfr. 2 Cor 5,9-10).

Vero martire / testimone è colui, o colei, che sa cogliere il tempo nella prospettiva dell’eternità e comprende tutto a partire da quello che realmente rimane. Il tempo, i nostri beni, le nostre occupazioni… tutto passa, solo Dio rimane e in Dio la carità con cui abbiamo vissuto.

Il Battesimo per alcuni è un certificato ingiallito, un ricordo più o meno vago di qualcosa che è successo molti anni prima, per altri è addirittura stato un errore o, addirittura, una prevaricazione da parte dei genitori verso la loro libertà; a ben vedere è cosa assurda perché allora la stessa cosa andrebbe detta del dono della vita ricevuto dal proprio padre e dalla propria madre. Per il cristiano, ossia per il testimone, il battesimo, invece, è il tesoro prezioso: è il senso vero della vita, è il fondamento dell’essere.

Le promesse battesimali – con cui diciamo “Rinuncio” e “Credo” – si rinnovano ogni giorno e diventano l’identità nuova e “rinata” di quell’uomo o di quella donna segnati dal dono del Battesimo che fiorisce e si sviluppa lungo il corso della vita fino, per alcuni, a giungere al martirio corporale (e non solo spirituale), come avvenne per Lucia che, durante il processo e davanti al suo carnefice, non ebbe incertezze nel rifiutare l’ordine di fare sacrifici alle divinità pagane e riaffermando anzi, con umile fierezza, il suo essere cristiana e il suo appartenere al Signore e arrivando anche, nel proclamarsi cristiana in quel contesto, a citare passi delle Scritture.

Papa Francesco, proprio riferendosi a Lucia, ha detto: “….ci ricorda col suo esempio che la più alta dignità della persona umana consiste nel dare testimonianza alla verità, seguendo la propria coscienza costi quello che costi, senza doppiezze e senza compromessi. Questo significa stare dalla parte della luce, servire la luce, come evoca il nome stesso “Lucia”. Essere persone limpide, trasparenti, sincere; comunicare con gli altri in modo aperto, chiaro, rispettoso. Così si contribuisce a diffondere luce negli ambienti in cui si vive, a renderli più umani, più vivibili” (Papa Francesco, Discorso del Santo Padre ai membri dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, 12 dicembre 2022).

Non possiamo, inoltre, dimenticare che veneriamo Lucia non solo come martire ma anche come vergine cristiana. L’essere “vergine casta” per Lucia non è stato solo un fattore fisico ma anche una questione di fedeltà ed integrità piena nei confronti del Signore.

La costituzione conciliare Lumen gentium, parlando della Chiesa in riferimento alla Vergine Maria e citando i santi Ambrogio e Agostino, precisa che essere vergine significa custodire “integra e pura la fede data allo sposo” e conservare “verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità” (cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 64).

Per questo guardando a Lucia anche noi, oggi, possiamo vedere un tratto del volto materno e sponsale della Chiesa; è il volto che, nella Chiesa, precede ogni ministerialità, ogni carica, ogni ufficio.

Lucia non era un ministro ordinato, non aveva ricevuto l’ordinazione diaconale, presbiterale o episcopale, ma nella sua fedeltà fino al martirio, nel suo essere vigilante e totalmente rivolta nella sua “integrità” al Signore – come le vergini sagge del Vangelo, pronte al grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!” (Mt 25,5) – Lucia oggi splende come immagine femminile della Chiesa e, se colpisce l’atrocità del martirio che le fu inflitto, ancor più colpisce la determinazione e la forza della sua fede. In questo è davvero esempio e sollecitazione per sostenere e rinvigorire il nostro cammino di fede.

Santa Lucia ebbe un ruolo fondamentale e rappresentò una figura amata e di riferimento anche per Dante Alighieri, il nostro “sommo poeta”, tanto da essere presente in più pagine della “Divina Commedia”. In particolare Lucia appare come colei che più volte si attiva per sostenere, direttamente o indirettamente, il cammino di Dante durante il suo difficile “viaggio”.

Ad un certo punto Lucia è colei che ridesta Dante, stanco e assopito, per condurlo alla porta d’ingresso del Purgatorio: “Venne una donna e disse: I’ son Lucia / lasciatemi pigliar costui che dorme;/ sì l’agevolerò per la sua via” (Purgatorio, IX, 55-57). Nella preghiera chiediamo allora anche noi, con semplicità e con fiducia, a santa Lucia di sostenere e agevolare il nostro cammino in questa vita.

Siamo nel cuore del tempo di Avvento, a pochi giorni non solo dal Natale ma anche dall’inizio del Giubileo indetto da Papa Francesco con la bolla “Spes non confundit”. Sì, la speranza non delude mai e nell’anno di grazia che si sta per aprire siamo invitati a riaccendere questa luce, chiedendo aiuto a santa Lucia che è stata, anche e certamente, una donna di speranza. Ha esercitato e sperimentato nella sua vita quella virtù “bambina” e piccola dipinta da Charles Péguy e che ha bisogno d’esser tenuta costantemente per mano dalle “sorelle maggiori”, la fede e la carità.

La speranza plasma sempre il discepolo di Cristo ed è attesa fiduciosa (lo comprendiamo bene nel tempo di Avvento); è invito a guardare al futuro, verso l’alto, a dirigersi verso ciò che conta veramente e rimane per sempre; è virtù che dona equilibrio e realismo, permette di conservare la gioia nel cuore anche quando la vita è oppressa e contrastata.

Come è successo a Lucia, inoltre, la speranza porta a non prostrarsi al mondo che passa, a non avere altri “signori” che non siano il Signore. La speranza anticipa l’eternità, la realtà definitiva che ci attende e che contiamo di poter tutti abbracciare.

La speranza genera la gioia della vita, tanto che non è possibile immaginare un santo o una santa “triste”! Teniamo, allora, sempre presenti le parole di san Paolo nella seconda lettura odierna: “Siate sempre lieti nel Signore… La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù” (Gal 4,4-7).

Le testimonianze e gli atti della vita e del martirio di Lucia dicono come tutto, in Lucia, trovi sostegno a partire dalla parola di Dio, meditata e assunta nella concretezza delle scelte di vita. Come quando Lucia cita san Giacomo (cfr. Gc 1,27) e dice: “Sacrificio puro presso Dio è soccorrere i poveri, gli orfani e le vedove. Per tre anni ho offerto tutto al mio Dio. Ora non ho più nulla, e offro me stessa”.

Lucia ha saputo donare la vita perché condotta e animata dalla convinta fiducia che Dio veglia e custodisce i suoi figli e le sue figlie; è Provvidenza che non viene meno e conduce al vero bene secondo la vocazione che è data a ciascuno.

Per questo ci rivolgiamo oggi, e con fiducia, alla sua intercessione e chiediamo nella preghiera a Dio Padre – che ha glorificato Lucia tra i santi “con la duplice corona della verginità e del martirio” – il dono “di superare con forza ogni male per raggiungere la gloria del cielo” (dalla Liturgia).

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