La corresponsabilità nella gestione dei beni ecclesiastici
Carissimi,
nel consegnare alla Diocesi il nuovo Decreto Generale sui Consigli per gli Affari Economici delle parrocchie del Patriarcato di Venezia, frutto del cammino sinodale in atto nella nostra Chiesa diocesana, mi rivolgo con fiducia, sicuro della collaborazione corresponsabile, a tutti i fedeli e in modo particolare ai Parroci e a coloro che sono chiamati a vivere il servizio nella gestione dei beni ecclesiastici.
Nell’autunno scorso è maturato il termine previsto per il rinnovo dei Consigli per gli Affari Economici delle parrocchie della nostra Diocesi.
Alcune ragioni e circostanze che hanno caratterizzato il cammino della Chiesa e quello della nostra Diocesi mi hanno convinto dell’utilità di rinviare di qualche mese il rinnovo dei Consigli e di accompagnare questo passaggio con una lettera indirizzata a tutti i fedeli del Patriarcato e – in modo particolare – ai Parroci, a coloro che sono chiamati ad essere amministratori dei beni ecclesiastici e ai fedeli che formano i diversi Consigli per gli Affari Economici. Essa è il frutto delle consultazioni avvenute nel Consiglio presbiterale e con i Vicari foranei, delle osservazioni raccolte da parte delle parrocchie che hanno risposto all’espressa richiesta da parte dell’Ufficio Amministrativo della Curia di far pervenire il proprio contributo sulla bozza di lavoro predisposta e dei diversi momenti del Cammino sinodale in atto nelle Chiese che sono in Italia.
Occorre, innanzitutto, ribadire che la presenza del Consiglio per gli Affari Economici in ogni parrocchia o altro ente ecclesiastico non è facoltativo ma previsto espressamente dalle norme della Chiesa le quali prescrivono, al can. 537 del Codice di Diritto Canonico, che “in ogni parrocchia vi sia il consiglio per gli affari economici che è retto, oltre che dal diritto universale, dalle norme date dal Vescovo diocesano; in esso i fedeli, scelti secondo le norme medesime, aiutino il parroco nell’amministrazione dei beni della parrocchia”.
Il Cammino sinodale italiano
Il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, nel più ampio percorso sulla sinodalità che coinvolge la Chiesa universale, è un invito a ripensare anche il servizio dell’amministrazione dei beni temporali nella Chiesa.
Si fa strada con rinnovata consapevolezza quanto già il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda (cfr. Presbyterorum ordinis 17) quando afferma che i beni che la Chiesa possiede devono essere sempre ordinati ai suoi fini e alla sua missione che è il culto divino (can. 1254 C.I.C.), l’onesto sostentamento del clero, l’apostolato e le opere di carità, specialmente a servizio dei poveri e, ultimamente, al servizio.
Emerge, poi, l’istanza di proseguire con decisione sulla strada di una maggiore e concreta collaborazione e corresponsabilità nella Chiesa anche nel settore dell’amministrazione. Se è vero che, in forza dell’attuale normativa canonica, l’amministratore dei beni della parrocchia rimane un compito del Parroco, occorre non dimenticare che i fedeli sono chiamati a collaborare in tale servizio secondo la logica e il metodo impegnativo della comunione che regola la vita della Chiesa.
Il Cammino sinodale diocesano
La nostra Diocesi è impegnata nella fase conclusiva della Visita pastorale che ha caratterizzato il cammino diocesano di questi ultimi anni, compresi quelli impegnativi della pandemia. In particolare, nella zona insulare di Venezia, la Visita pastorale ha fatto emergere la necessità non più rinviabile di ripensare concretamente la presenza delle comunità cristiane nel territorio e il numero delle parrocchie e collaborazioni per rinnovare – secondo lo spirito della speranza cristiana – l’impegno missionario della Chiesa. Il gran numero di chiese (alcune non più aperte al culto da tempo), l’impegno economico e amministrativo per la loro manutenzione e la necessaria custodia delle opere d’arte sono tutte questioni che appesantiscono non poco il servizio e la missione pastorale dei parroci e delle comunità cristiane.
Anche nelle altre parti della Diocesi si fa strada l’esigenza di ripensare l’esercizio del servizio della guida che i presbiteri sono chiamati a vivere nella Chiesa. Vi sono, infatti, zone con territori estesi e la presenza di piccole comunità cristiane e poi altre zone con parrocchie di grandi dimensioni e molte iniziative pastorali ma che rischiano di continuare a pensarsi in modo autonomo e fuori dalla logica stringente – e, ormai, non più rinviabile – della collaborazione.
Sono così molte le parrocchie affidate alla guida di un unico parroco; in taluni casi si riflette sulla possibilità di affidare la cura della vita comunitaria ad un diacono permanente oppure ad un gruppo di fedeli. In alcuni casi, già da almeno un decennio, si è proceduto con la nomina di un unico Consiglio per gli Affari Economici comune – anche se nominato distintamente – a più parrocchie, lì dove tali realtà locali sono affidate ad un unico presbitero.
Più volte tali considerazioni sono emerse nei diversi organi di partecipazione: il Consiglio Presbiterale, il Consiglio Pastorale diocesano, il Collegio dei Consultori, il Consiglio per gli Affari Economici diocesano e, soprattutto, nei numerosi incontri che hanno caratterizzato la Visita pastorale che capillarmente ha attraversato e ascoltato l’intera Chiesa diocesana. Tali valutazioni, provvidenzialmente, si trovano anche nei documenti e nelle proposte della Chiesa italiana per il Cammino sinodale e richiedono di non rimanere solo propositi ma di divenire scelte e decisioni assunte, con coraggio e prudenza.
Un servizio impegnativo
Occorre anche tener conto che l’amministrazione dei beni temporali della Chiesa è diventata, progressivamente, un compito sempre più impegnativo che richiede competenze e professionalità che non si possono dare per scontate. Le leggi dello Stato, i regolamenti degli Enti locali e le normative fiscali devono essere rispettate anche dalle parrocchie più piccole e chiedono attenzioni sempre maggiori e molti parroci – non solo nella nostra Diocesi – denunciano che tale onere diviene sempre più insostenibile e domandano maggiore collaborazione. Si tratta di “fare rete” tra le parrocchie e fornire un sostegno maggiore da parte degli Uffici diocesani.
Devo dire, con dispiacere, che – in taluni e limitati casi – gli Uffici della Curia hanno anche rilevato situazioni di mala gestione e di prassi, da parte di alcuni (pochi) Parroci, non rispettose delle norme canoniche e civili. È un fatto grave che contrasta con gli obblighi assunti al momento della immissione canonica nell’ufficio di parroco o di amministratore parrocchiale (can. 532 e can. 540 C.I.C.) che offende la giustizia, genera scandalo e, alla fine, ricade sulle spalle dei fedeli e della Chiesa diocesana, a discredito dei molti (la stragrande maggioranza) Parroci e fedeli laici che svolgono il compito dell’amministrazione con serietà, correttezza e impegno.
Dobbiamo aiutarci a correggere gli errori, a valorizzare il molto bene seminato ed individuare e operare alcune scelte che concretamente realizzino forme di aiuto e collaborazione affinché il tutto non rimanga un mero auspicio e nessuno si senta demotivato.
Collaborazione e corresponsabilità nell’amministrazione della parrocchia
L’amministrazione dei beni fa parte del servizio di guida responsabile che compete ad ogni Parroco. Certe espressioni o, talvolta, modi di fare per cui si dice o si agisce ritenendo che al presbitero competi l’annuncio del Vangelo e non impegnare il proprio tempo con questioni economiche e amministrative non rispondono, quindi, agli impegni assunti e alla logica ecclesiale che risponde a quella dell’incarnazione.
Diversa, invece, è la giusta istanza con la quale si chiede di individuare nuove modalità per esercitare tale ministero.
È una questione antica che troviamo già nelle prime pagine del libro degli Atti degli Apostoli (cfr. At 6, 1-7) quando gli Apostoli, dopo aver sentito i discepoli, decidono di affidare a “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza” il servizio delle mense per poter dedicare maggior tempo alla preghiera e al servizio della Parola.
Non si tratta perciò di disinteressarsi di alcuni aspetti del servizio di guida o delegare in maniera arbitraria ad alcuni – talvolta sempre le stesse persone – talune responsabilità, ma di entrare realmente nella logica della collaborazione e della corresponsabilità.
Più volte, in questi anni, e in diverse occasioni si è ribadito che i presbiteri sono stati chiamati troppe volte ad un servizio di supplenza su ambiti che non sono propriamente sacerdotali. Talvolta tale supplenza si è tramutata in una modalità “accentratrice” di esercitare il ministero del Parroco; altre volte, dobbiamo ammetterlo, è stato comodo per molti fedeli delegare al Parroco e lasciarlo solo ad occuparsi di tutto.
Occorre poi ribadire che i fedeli laici devono essere coinvolti nell’annuncio del Vangelo e nella vita della comunità cristiana non perché nelle nostre Chiese diminuisce il numero dei presbiteri ma perché tale corresponsabilità risponde alla loro dignità e responsabilità battesimale e di membra vive della Chiesa.
Alcune proposte di rinnovamento
La circostanza del rinnovo dei Consigli per gli Affari Economici delle parrocchie e la promulgazione del nuovo Decreto Generale per il loro funzionamento mi dà l’occasione per consegnare a tutta la Chiesa diocesana alcune scelte e indirizzi di azione che in questi anni abbiamo sperimentato e provato a verificare in alcune parti o realtà della Diocesi.
- Una mentalità rinnovata
Dobbiamo premettere che non sarà la riforma di qualche struttura a determinare la riforma della Chiesa o delle modalità di esercizio del ministero ordinato; il cambiamento è sempre generato dalla conversione dei cuori e dalla santità. Si tratta, quindi, del compito più impegnativo di favorire un cambiamento di mentalità – personale e comunitario – generato da un più attento ascolto del Signore, dell’insegnamento della Chiesa e delle circostanze concrete in cui ci troviamo a vivere ed operare.
- Responsabilità, sussidiarietà, perequazione
In questo cammino lasciamoci illuminare da quelli che sono i principi cardine della dottrina sociale della Chiesa.
Tutti i fedeli – ministri ordinati, religiosi, fedeli laici – sono chiamati a vivere la propria personale responsabilità nella vita della comunità cristiana e quindi a mettersi in ascolto delle reali necessità della Chiesa diocesana e della propria comunità presentando e offrendo le proprie competenze, capacità e sensibilità: vi è la gioia di vivere il proprio personale “eccomi” quando si viene chiamati ad offrire il proprio servizio o quando si capisce che è propria responsabilità consigliare, correggere, aiutare e collaborare.
È importante fare il possibile perché ogni comunità parrocchiale – piccola o grande – sia responsabile dei luoghi e delle strutture che, con il tempo e con fatica e generosità, sono state costruite per realizzare concretamente una vita comune. Allo stesso tempo, la Diocesi e anche le realtà più grandi hanno il dovere di venire in aiuto alle realtà più piccole e fragili quando queste, da sole, non sono più in grado di amministrare e gestire bene.
Dobbiamo anche aiutarci a favorire una certa redistribuzione o condivisione delle risorse economiche, delle stesse strutture e delle risorse umane perché chi ha di più possa aiutare chi si trova in difficoltà. Bisogna, però, anche stare attenti che l’aiuto non corra il rischio di essere un atto di ingiustizia per “rimediare” dove si è amministrato male o si sono sperperate risorse o si è gestito senza richiedere le autorizzazioni e pareri dovuti.
Allo stesso tempo, tuttavia, dobbiamo proseguire su alcune strade già intraprese e sperimentarne di nuove. Vi sono, infatti, già alcuni fondi di perequazione diocesani come quello per le scuole paritarie o per il restauro delle chiese e dei campanili della città lagunare. In alcune circostanze – e a determinate condizioni – talune parrocchie hanno prestato risorse economiche ad altre senza chiedere interessi e con tempi di restituzione non stringenti seppur determinati. Ritengo che su questo ambito altro ancora si possa fare ed esorto gli Uffici di Curia e gli organi di partecipazione a valutare l’istituzione di un Fondo di solidarietà diocesano per venire incontro a situazioni di momentanea necessità, valutando attentamente le modalità di costituzione, implementazione e funzionamento.
Voglio ricordare quella che è già una buona prassi a livello diocesano e che vede molte parrocchie presentare ai fedeli il Rendiconto annuale delle entrate e delle uscite relazionando sulle attività pastorali rese possibili da quelle risorse documentate. Anche la rendicontazione corretta e pubblica dei progetti sostenuti con i fondi dell’8×1000 risponde a un dovere di giustizia al quale siamo tenuti. La Diocesi ha fatto da tempo la scelta della trasparenza nel pubblicare le destinazioni e nel chiedere a tutti i beneficiari di rendere conto pubblicamente delle risorse ricevute e impiegate, consapevoli che tutti i contributi dell’8×1000 sono impiegati nella nostra Diocesi secondo i criteri e le regole determinate dalla legge e dai regolamenti e che oltre la metà di tali risorse sono impiegate per progetti a favore delle parrocchie, della collettività e delle persone più fragili.
- La riforma dei Consigli per gli Affari Economici
Il nuovo Decreto Generale per i Consigli per gli Affari Economici parrocchiali è un passo concreto nell’attuazione di una piena sinodalità; come già specificato, è stato elaborato a partire dall’ascolto dei ministri ordinati, dei fedeli delle parrocchie visitate in questi anni e degli organi di partecipazione diocesana.
Con il nuovo Decreto Generale al Parroco vengono confermate le responsabilità che la Chiesa gli attribuisce nel momento in cui accoglie l’Ufficio ma, allo stesso tempo, pone alcune condizioni perché i fedeli siano veramente ascoltati, coinvolti e responsabilizzati. Si cerca, inoltre, di alleggerire e ridurre gli impegni per i Parroci chiamati a guidare più parrocchie chiedendo a queste realtà comunitarie di crescere concretamente nella comunione e nella condivisione, anche delle risorse e dei beni.
Importante è individuare un Economo parrocchiale al quale affidare la gestione ordinaria della parte amministrativa e la possibilità di studiare deleghe e procure lì dove gli impegni amministrativi sono rilevanti (come nel caso in cui le parrocchie gestiscano scuole paritarie e case per ferie o altre realtà che richiedano specifiche competenze e presenza determinante).
- Il servizio della Curia e delle altre realtà diocesane
Presso la Curia Patriarcale ho chiesto che venga creato un unico Servizio tecnico-amministrativo per favorire il coordinamento nell’esame delle pratiche da parte degli Uffici di Curia e un aiuto concreto e puntuale per le parrocchie che hanno pratiche da far valutare o chiedono un aiuto per assumere specifiche decisioni.
All’interno della Curia, tale Servizio tecnico-amministrativo è a supporto degli Uffici del settore economico che mantengono le proprie responsabilità: l’Economato per la gestione delle diverse attività diocesane, l’Ufficio Beni Culturali ed Edilizia di Culto per la valutazione delle questioni inerenti i beni culturali ecclesiastici, l’Ufficio Amministrativo per la sorveglianza sugli enti ecclesiastici diocesani e il rapporto con le parrocchie in tutte le questioni tecnico-amministrative.
Da alcuni anni abbiamo cercato di liberare i ministri ordinati, in particolare i presbiteri, da alcuni uffici come l’essere membri di Consigli di amministrazione, Fondazioni, Enti e Associazioni preferendo individuare laici con sensibilità ecclesiale e di buona reputazione per ricoprire tali incarichi. Anche questo è un modo per responsabilizzare realmente i fedeli laici e rispettare la loro dignità.
La Diocesi ha favorito la trasformazione della S.I.B s.r.l. – una società esistente da decenni e che nel passato ha svolto differenti compiti – in modo da fornire un ulteriore aiuto per l’amministrazione e la gestione delle parrocchie. All’opera, ormai consolidata, di amministrazione delle locazioni, ho chiesto che venga affiancato un servizio per la tenuta della contabilità parrocchiale – è necessario che tutte le parrocchie adottino da subito il nuovo sistema UniO offerto dalla CEI che è già operativo – ed anche un servizio per la manutenzione o sorveglianza dei beni immobili. Tale impegno è particolarmente oneroso per la Diocesi e quindi, per mostrare i suoi frutti, chiede che ci si impegni tutti per utilizzarlo al meglio.
In alcuni contesti dove vi sono già un numero sufficiente di parrocchie unite nella guida di un unico Parroco o che si rapportino con forme di collaborazione consolidate nel tempo, è possibile anche individuare e creare servizi comuni locali come un unico Economo della Collaborazione o un unico servizio tecnico-amministrativo, condividendo le energie e suddividendo i relativi costi.
Voglio pure ricordare la recente istituzione di una Comunità Energetica attraverso la “Società Patriarcale Energia Rinnovabile Solidale” che sta muovendo i primi passi pur in un contesto normativo e autorizzativo non semplice e in continua evoluzione. È importante che tutte le parrocchie conoscano questa realtà e vi aderiscano evitando di muoversi in ordine sparso. Altre questioni saranno affrontate nei prossimi mesi come la possibilità di creare dei Gruppi di acquisto per i contratti delle utenze (energia elettrica e gas, in modo particolare) anche se già ora, per le parrocchie che lo richiedono, gli Uffici di Curia stanno fornendo aiuto e consulenza per compiere tali scelte in maniera avveduta.
Camminare insieme, nella speranza
La pubblicazione del nuovo Decreto Generale per i Consigli per gli Affari Economici parrocchiali è un ulteriore passo concreto che attesta e rende conto del Cammino sinodale nel quale anche la nostra Chiesa diocesana è impegnata.
Si tratta solo di uno strumento e un aiuto, pur vincolante e non facoltativo, consegnato alla responsabilità e alla buona volontà dei fedeli – di tutti i fedeli – e delle comunità.
Carissimi,
invito tutti ad accogliere il Decreto Generale e questa lettera come segno di speranza nel cammino giubilare che la Chiesa sta vivendo perché l’amministrazione dei beni ecclesiastici avvenga nello spirito di decisioni collegialmente maturate e sia “segno” evangelico di speranza che la Chiesa offre ai fedeli e alla comunità civile.
La Madonna della Salute ci sostenga in questo cammino ecclesiale.
Venezia, 23 gennaio 2025
+ Francesco Moraglia, patriarca
