Incontro di preghiera in ricordo dell’incidente sul cavalcavia del 3 ottobre 2023
(Mestre – Chiesa parrocchiale Sacro Cuore, 3 ottobre 2025)
Intervento del Patriarca Francesco Moraglia
Saluto il parroco don Fabio, il Signor Sindaco che ha voluto questo momento di ricordo del tragico evento di due anni fa, il Signor Prefetto e tutte le autorità civili e militari presenti.
Ricordo di quella sera, innanzitutto, il buio e il freddo che cominciava già a sentirsi. La città era sopra e a fianco, ma tutto gravitava sotto quel cavalcavia. E ricordo soprattutto la presenza di tutti i vertici istituzionali, dal comandante dei Vigili del Fuoco ai Carabinieri e alle altre forze dell’ordine. Tutti sgomenti, ma dimostravano tutti un’umanità partecipe. È importante che la città e la società abbiano e vedano nelle istituzioni dei punti di riferimento, soprattutto nelle situazioni più tragiche e di emergenza.
Una disgrazia, una fatalità. Questo tragico evento ci ricorda che l’uomo è fragile e che basta un nulla perché venga meno. L’uomo è, nella sua fragilità, sospeso tra l’essere e il venir meno.
È quello che ribadisce la vicenda dell’autobus che transitava sul cavalcavia Rizzardi il 3 ottobre di due anni fa: ventidue persone sono morte, una quindicina i feriti.
La precarietà – possiamo dirlo – è la cifra dell’umano. La precarietà ci dice che, da un momento all’altro, possiamo venire meno ma, nello stesso momento, noi sappiamo che l’uomo è destinato all’eternità.
Perché un uomo venga meno basta un nulla, una sola goccia di vapore, ma, nello stesso tempo, l’uomo è quell’essere che mentre muore ne è consapevole, sa di morire (è l’insegnamento di Pascal). E la fede ci dice che siamo destinati all’eternità e quei ventidue morti vivono.
Nei momenti in cui si vivono questi drammi, non è solo bello ma è necessario dirsi che ci si vuole bene, che si è vicini a chi soffre e, a chi, da un momento all’altro, ha visto radicalmente cambiare la sua vita.
Per chi era presente quella sera quei lenzuoli stesi per terra, sotto il cavalcavia, rimarranno un ricordo indelebile, soprattutto quelli più piccoli che coprivano i corpi, privi di vita, dei bambini!
Di fronte a queste situazioni si avverte come se, in un istante, siano passati su di noi decenni e si ritorna a casa diversi da come si era usciti poco prima. Si comprende, così, come ciascuno di noi sia “fatto” anche dagli eventi che vive e che cambiano la sua vita in maniera sostanziale. Dopo tali esperienze il nostro sguardo si posa sulle stesse cose e sulle stesse persone ma le coglie e le percepisce in modo totalmente differente.
Signore, ti preghiamo, guida Tu i nostri passi incerti, proprio in situazioni come questa in cui tocchiamo con mano che l’uomo – come ricorda il salmo 102 – è un soffio: ”…come l’erba sono i suoi giorni! Come un fiore di campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più, né più lo riconosce la sua dimora. Ma l’amore del Signore è da sempre…” (Sal 102,15-17). La nostra fragilità è sorretta dall’amore eterno di Dio, la precarietà è affidata all’onnipotenza di Dio.
A questo salmo fa eco il salmo 143: “Signore, che cos’è l’uomo perché tu l’abbia a cuore? Il figlio dell’uomo, perché te ne dia pensiero? L’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa“ (Sal 143,3-4).
Il Vangelo appena proclamato ci dà la risposta di Dio di fronte al dramma della morte e del dolore innocente. Maria di Magdala è corsa al sepolcro per dare degna sepoltura ad un cadavere e si trova di fronte a ciò che per lei era l’impossibile: Gesù, vivo, risorto, vincitore della morte.
”Maria… stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi…” (Gv 20,11-14).
Dio risponde al dramma della morte e soprattutto della morte degli innocenti non con un discorso, non con un ragionamento, ma con un intervento: donando Suo unico Figlio, che muore per sconfiggere la morte. Egli è entrato nella nostra sofferenza e di fronte a questa sofferenza è la sofferenza stessa che cambia volto. Chi soffre, allora, sa che nella sua sofferenza, in Cristo, abita lo stesso Dio.
Sì, Dio risponde con l’azione drammatica della Pasqua che è la vita che nasce dalla morte più ingiusta ed inspiegabile che mai si sia data nella storia, quella del Crocifisso.
La nostra vicinanza ai parenti dei defunti e ai sopravvissuti. Ancora un ringraziamento alla parrocchia del Sacro Cuore e all’Amministrazione comunale che ha voluto ricordare, con questo momento pubblico e cittadino di preghiera, quella drammatica vicenda di due anni fa.
