Inaugurazione del restauro della Crocifissione del Tintoretto
(Venezia / Scuola Grande di San Rocco, 12 aprile 2025)
Intervento del Patriarca Francesco Moraglia
Un saluto alle Autorità, al Guardian Grando, ai confratelli e consorelle della Scuola Grande di San Rocco. Il primo sentimento è la gratitudine per il restaurato capolavoro. La riconoscenza va ai benefattori di Save Venice che hanno permesso questo importante intervento.
A destare impressione ed emozione è proprio il dipinto che colpisce per diversi motivi: la sua grandezza e la ritrovata brillantezza – nei contrasti tra chiari e scuri, tra luce e tenebre -, l’insieme variegato dei personaggi, il genio dell’autore… Ma c’è un’altra forza che attrae e cattura e che emana dall’evento riprodotto e che ci pone dinanzi, anzi dentro, l’Evento decisivo della fede cristiana e di tutta la storia. Qui è riassunto e rappresentato l’intero dramma dell’uomo e di Dio. Sì, qui c’è tutto: Dio e l’uomo, il bene e il male, il dolore e il suo significato. Il richiamo è alla teologia della storia contenuta nel capolavoro letterario di sant’Agostino: il De civitate Dei.
Domani è la Domenica delle Palme, la liturgia ci farà rivivere il cammino di passione che ha condotto Gesù alla croce e poi, il Venerdì Santo, l’adorazione della Crocifisso che sintetizza in modo indicibile la carità di Cristo, ossia l’amore di Dio per l’umanità peccatrice. Il Capolavoro del Tintoretto rimanda, in qualche modo, al Vangelo di Giovanni: ”Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37).
Il capolavoro di Jacopo Robusti, raffigurante Gesù in croce, ci riporta a quella che per l’evangelista Giovanni, è l’“ora” di Gesù – tema ricorrente nel suo Vangelo (cfr. Gv 2,4 – 7,30 – 13,1 – 19,30) -, l’ora verso cui converge la storia della salvezza e che costituisce il cuore della fede cristiana.
Un antico inno liturgico latino – Vexilla Regis – accompagna i giorni della Settimana Santa ormai imminente. Inizia proprio dicendo: “Vexilla regis prodeunt, fulget crucis mysterium – I vessilli del Re avanzano; risplende il mistero della Croce…”.
Si sofferma, inoltre, sullo “scandalo” della croce dove Colui che è l’artefice buono di tutto il creato è appeso ad un patibolo come un malfattore. E poi, alla fine, esplode in una invocazione deflagrante: “O crux, ave, spes unica” – “Salve, o Croce, unica speranza”.
Nel Dio Crocifisso c’è speranza per ogni uomo, perché quella croce e quella morte sono divenuti salvezza e riconciliazione. Sì, la passione, la morte, la risurrezione – il Triduo di Cristo – sono un unico giorno, un unico quadro composto da “momenti” inscindibili fra loro che attestano il “tutto” della storia della salvezza e del giudizio di Dio sul mondo perché proprio dalla croce, da quella croce issata 2000 anni fa al Calvario, Dio giudica e salva il mondo: “…nella potenza misteriosa della croce tu giudichi il mondo e fai risplendere il potere regale di Cristo crocifisso” (Prefazio della Passione del Signore I).
“Con la tua croce hai redento il mondo”, esclama attonita la liturgia nel canto che arriva a definire “beata” la croce perché ha offerto i suoi bracci a Gesù Redentore diventando – sono ancora le parole del Vexilla regis – “la bilancia del grande riscatto che tolse la preda all’inferno”.
Ammirando questa “ritrovata” Crocifissione – guardando a Lui, “innalzato” come segno di salvezza – anche la nostra storia torna a sperare, nonostante le tante e troppe cose che, di volta in volta, la rendono tragica, assurda, a volte anche ridicola; da quella croce, però, nasce una storia nuova.
E contemplando questa magnifica opera del Tintoretto viene alla mente il motto caro alla tradizione monastica certosina: “Stat crux dum volvitur orbis”, ossia “la croce rimane mentre il mondo passa”.
Il motto traduce perfettamente il mistero del Venerdì Santo: la Croce di Cristo che rimane salda sulla roccia del Calvario, sospesa tra terra e cielo, mentre passa la scena di un mondo che prosegue ignaro la sua corsa effimera continuando a inseguire idoli e chimere.
Eppure, issato sulla croce in segno di perenne alleanza tra Dio e gli uomini, mentre il suo costato viene trapassato da una lancia, il Figlio bagna ancora la terra col suo sangue perché nessuno dei suoi fratelli si perda ma ognuno ritorni pentito al Padre volgendo lo sguardo a Colui che ha trafitto col proprio peccato.
