Veglia ecumenica di Pentecoste e preghiera per la pace
(Campalto – Chiesa parrocchiale Ss. Benedetto e Martino, 7 giugno 2025)
Intervento del Patriarca Francesco Moraglia
Fratelli, sorelle, cari ragazzi e ragazze, il Vangelo di Giovanni ci dice che: «Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: ”Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”.… soffiò e disse loro: ”Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20,19-23)
Il Risorta mostra le ferite delle mani e del cuore. La pace è il risultato della lotta contro le forze del male e nasce solo dal perdono. Questo è il senso del Vangelo che, in questa Veglia ecumenica di Pentecoste, abbiamo ascoltato.
Per vincere le contraddizioni degli uomini, i loro egoismi, la loro volontà di prevaricazione e di dominio, bisogna perdonare e, per sapere perdonare, dobbiamo invocare lo Spirito. Ricordiamo le parole di Geremia: “I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare…Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere… Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione, ed ecco il terrore! Riconosciamo, Signore, la nostra infedeltà, la colpa dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. Ma per il tuo nome non respingerci, non disonorare il trono della tua gloria” (Ger 14,17-21).
Le parole del profeta si concentrano tutte sulla crisi e sulle sofferenze del popolo; Geremia è consapevole del male che rode il suo popolo. L’Alleanza, ossia la stessa ragione d’essere del popolo, è stata tradita e il disprezzo verso Dio, sempre, diventa disprezzo verso l’uomo. Da qui vengono la violenza, la brutalità, la guerra.
La guerra è il risultato di un male che s’impossessa e si radica nel cuore dell’uomo, per cui diventa impossibile parlare, dialogare e ragionare considerando l’altro come una persona che ha i nostri stessi diritti, incominciando dal diritto d’esser riconosciuto e amato. Ma tutto questo può avvenire solo attraverso la grazia del perdono. Ecco perché questa sera dobbiamo, con forza, invocare la grazia dello Spirito.
Il profeta Geremia è privo d’armi; umanamente impotente, è però amico di Dio, è fedele all’alleanza e, quindi, spera contro ogni speranza ed intravvede la pace futura.
Il problema rimane sempre la falsa coscienza di chi si ritiene nel giusto e disprezza l’altro fino ad annientarlo.
Eppure, come detto, il profeta insegna a ricercare l’alba nel tramonto e nella notte; ciò è proprio degli uomini e delle donne che costruiscono la pace.
Sì, la pace va costruita ed è possibile solo se ci sono uomini, donne, comunità che continuano a credere nella pace come all’unica risposta umanamente accettabile.
Ed è Gesù stesso – nel Vangelo di Matteo – a dirci come la pace sia una costruzione dell’uomo che si lascia illuminare e sostenere da Dio. Ciò, però, non toglie che l’uomo debba fare la sua parte ed essere disposto a pagare di persona perché “giustizia”, “verità”, “perdono” sono i mattoni senza i quali non si edifica la pace: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,9-11).
Diffondere e difendere il Vangelo della pace vuol dire, prima di tutto, convertirsi; la conversione del cuore è il compito primo ed ineludibile, soprattutto quando la guerra sembra l’unica strada percorribile; sì, ci vuole la conversione del cuore!
La fede, veramente tale, porta ad amare e chiede di farsi carico di ogni uomo soprattutto dei più deboli. Il Vangelo della pace si fa cultura della pace.
Da ciò consegue che la preghiera per la pace è autentica quando si accompagna a pensieri di pace, a parole di pace, a gesti di pace. Essere nel mondo ma non essere del mondo vuol dire essere instancabili ricercatori e costruttori di pace.
La pace, poi, cresce nei diversi contesti: nella famiglia, nella scuola, nei luoghi di svago, nella società, nella politica, nelle organizzazioni internazionali, nella politica.
Un’onesta ricerca di pace non può esser lasciata solo a significativi e necessari gesti compiuti da persone di buona volontà e neanche solo all’impegno con cui ci mettiamo in gioco per costruire nuove relazioni di pace che sempre nascono dal rispetto delle persone e dei popoli, iniziando dai più fragili.
Come dice un salmo: se il Signore non costruisce la casa, invano vi fatica il costruttore (cfr. Sal 127). Ritorniamo, allora, al Vangelo: «Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: ”Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”.… soffiò e disse loro: ”Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20,19-23).
