Intervento del Patriarca alla presentazione del volume “Tra le crepe dell’universalismo. Disuguaglianze di salute, povertà sanitaria e Terzo settore in Italia” in occasione del 25° della Fondazione Banco Farmaceutico (Venezia, 24 gennaio 2025)

Presentazione del volume “Tra le crepe dell’universalismo. Disuguaglianze di salute, povertà sanitaria e Terzo settore in Italia”

in occasione del 25° della Fondazione Banco Farmaceutico

(Venezia, 24 gennaio 2025)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Saluto i presenti e ringrazio il presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Sergio Daniotti per l’invito.

A me è stato chiesto di soffermarmi sui principi di solidarietà e anche sulla gratuità/carità come realtà oggettive – del Terzo Settore e non solo – in vista della crescita della società civile, secondo il criterio della giustizia e della umanità, nell’ottica del bene comune.

Innanzitutto intendo sottolineare come solidarietà e gratuità/carità non siano realtà che riguardano il privato ma piuttosto abbiano una dimensione pubblica e generino effetti positivi per l’intera società civile, realizzandosi secondo modalità individuali e comunitarie nelle diverse forme associative e sociali.

Ancora: per far crescere una società e realizzare il bene comune non basta il mercato, neppure con i necessari contrappesi economico-finanziari, non basta l’incrocio di interessi, ovviamente, legittimi, ma è necessario qualcosa di diverso che faccia compiere un salto di qualità, con attenzione e considerazione ai diversi soggetti sociali.

Da qui emerge la necessità di spazi di solidarietà, di gratuità e carità che valorizzino e sostengano relazioni realmente e non solo verbalmente umane, che tengano conto delle diversità e, quindi, siano capaci di considerare le molteplici situazioni che riguardano, appunto, i differenti soggetti di una società, di un Paese, del mondo.

Crescere in umanità significa anche impegnarsi a ridurre le diseguaglianze e far crescere la società, ossia ogni persona, anche quelle che rischiano d’essere dimenticate, emarginate, depotenziate, poste ai margini, scartate, senza possibilità di accesso a risorse e mezzi e ciò, in campo sanitario, diventa qualcosa di inaccettabile e che va anche contro i diritti fondamentali della persona.

Tale premessa vale particolarmente in ambito sociale e sanitario e, pure per il contesto farmaceutico, dove non mancano opportunità di business insieme, però, a rischi di esclusione di alcuni o di tanti, uniti a rischi di concentrazione a beneficio di pochi o pochissimi. Il volume che viene oggi presentato, del resto, parla di “povertà sanitaria” e già nel titolo accenna a “crepe” esistenti.

Utile è tornare a riflettere su quanto Benedetto XVI scrive nell’enciclica “Caritas in veritate” laddove sottolinea l’importanza per una società della “logica” del dono, della “stupefacente esperienza” del dono, dello “spirito” del dono che non presuppone una necessaria contropartita.

È una logica, quella del dono, che “non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno” nella convinzione che “lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità” (Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 34).

Nei giorni scorsi un intervento del Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta evidenziava proprio il rapporto strettissimo tra economia e pace, tra sviluppo umano e sviluppo economico, come pure la necessità per l’economia di maturare una “coscienza globale” per correggerne “i difetti” e promuovere – diceva il Governatore – “uno sviluppo sostenibile e inclusivo, capace di coniugare la crescita con il superamento della povertà, con la giustizia sociale, con la difesa dell’ambiente. La pace e la prosperità sono legate da un vincolo profondo. La pace non è solo l’assenza di conflitti, ma la creazione di condizioni che consentano a ogni individuo di vivere una vita dignitosa, libera dalla paura e dalla povertà (anche sanitaria, possiamo ben aggiungere). Allo stesso tempo, una prosperità che non genera benessere diffuso è una prosperità effimera, che rischia di generare conflitti e instabilità”.

La dottrina sociale della Chiesa, perciò, ha sempre più affiancato alle forme di economia che si sono concretizzate e imposte – e, quindi, oggi sostanzialmente all’economia di mercato – l’esigenza di giustizia distributiva e di giustizia sociale, insieme al valore pubblico della gratuità e della carità. E questo perché – sono ancora parole di Benedetto XVI – “il mercato, lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica” (Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 34).

Non è, tanto, in questione l’essere buoni o un po’ più buoni (cosa certamente importante); si tratta qui di avere a cuore il bene comune e di “costruire bene” – ossia secondo giustizia e verità – il nostro futuro. Si tratta di mettere al centro la persona, l’uomo e la sua umanità e questo, realisticamente, significa trovare in ogni situazione il modo di coniugare – nella società ma anche nella finanza, nell’economia, nella politica ed in particolare nelle politiche sociali e per noi, oggi, in quella riguardante la sanità / la salute – i principi della persona e della sua intangibile dignità, del bene comune, della solidarietà, della sussidiarietà, della partecipazione e della destinazione universale dei beni. E, sullo sfondo, ci sono sempre i valori fondanti come la verità, la libertà, la giustizia, la solidarietà-carità.

Ritorno perciò, nella conclusione, a quanto accennato all’inizio: la solidarietà, la gratuità, l’amore verso tutti non sono paragonabili ad una decorazione, ad un qualcosa “di più”. E ciò avviene in massimo grado in ambito sociale e in specie della salute.

Papa Francesco fa riferimento nell’enciclica “Fratelli tutti” ad “una caratteristica essenziale dell’essere umano, tante volte dimenticata: siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga ai margini della vita. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità” (Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 68).

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