Vespri solenni nel Carmelo di Monte Berico in occasione delle celebrazioni per i 50 anni di Radio Oreb
(Vicenza, 15 ottobre 2024)
Catechesi del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia
Dal Vangelo secondo Matteo (14, 22-33)
22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
“Nulla ti turbi / nulla ti spaventi; / tutto passa. Dio non cambia; / la pazienza ottiene tutto; / chi possiede Dio / non manca di nulla / Solo Dio basta!”: queste parole – probabilmente le più note di Santa Teresa di Gesù e che costituiscono la sua poesia o il famoso “segnalibro teresiano” – rappresentano forse il commento più appropriato al testo del Vangelo di Matteo che è stato appena proclamato (Mt 14,22-33).
L’evento narrato in questa pericope segue immediatamente la prima moltiplicazione dei pani e qui vediamo che Gesù ordina ai suoi di andare oltre, di salire sulla barca per precederlo sull’altra riva del lago mentre Lui si ritira a pregare, “…lassù, da solo”.
La barca è agitata dal vento, i discepoli sono impauriti e poi sono addirittura “sconvolti” quando vedono Gesù camminare sul mare e venire loro incontro. Il messaggio che Gesù rivolge ai discepoli è lo stesso che Teresa sentirà più volte riecheggiare nei suoi momenti di incontro e dialogo mistico con il Signore Gesù: “Non aver paura, figlia, sono io e non ti abbandonerò. Non aver paura” (Vita 25,18); “Di che temi? Non sai che io sono onnipotente? Quello che ti ho promesso compirò” (Vita 26,2). E sono sempre, più o meno, le stesse parole che la Vergine Maria si era sentita dire dall’angelo Gabriele: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio… nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,30.37).
Ma qui, tornando al nostro brano evangelico, è interessante notare il dialogo e ciò che avviene tra Pietro e Gesù. Anche Pietro, ad un certo punto, chiede e ottiene di camminare sulle acque, ci riesce per un po’ e si dirige verso Gesù ma poi rischia di affondare ed essere sopraffatto se non ci fosse poi Gesù a tendergli la mano, ad afferrarlo e a tirarlo su. Sembra quasi che Pietro sia in grado di avanzare e stare sulle acque finché parla con Gesù e lo fissa con attenzione ma quando non lo guarda più o non riesce più a vederlo, travolto dal vento e dalle acque, rischia di affondare.
Senza Dio, senza Gesù (che ce ne rivela il volto), tutto può cadere ed essere travolto. Con Dio, con Gesù, si è afferrati, tirati su, salvati e il vento e la tempesta cessano o, comunque, non sono più “onnipotenti” perché di Onnipotente ce n’è Uno solo.
Guardare sempre a Gesù, fissare lo sguardo su di Lui e, con Lui e attraverso di Lui, guardare alla realtà, alla vita, al rapporto con gli altri: è proprio questo che può cambiare e salvare la nostra vita, come è successo a Teresa d’Avila. Come è noto, nella sua vita – anche molto travagliata – ci sono stati dei momenti di crisi e dei passaggi fondamentali ed uno di questi, quello che l’ha segnata più profondamente, avviene quando ha già 39 anni e da quasi 20 è in monastero.
Questa sua “conversione” – la chiama proprio così – è generata da uno sguardo all’Ecce Homo, dal fissare il suo sguardo sull’immagine di “un Cristo molto piagato” che era stato portata in convento solo occasionalmente.
E lì accade e scaturisce la sua conversione profonda: “…quella antica tensione che lei provava tra il mondo di Dio e il mondo degli uomini, tra l’eternità e il tempo, tra l’amore dovuto al Signore e quello dovuto al prossimo, si scioglieva improvvisamente davanti alla percezione immediata (…) del fatto che Cristo è assieme il nostro Dio e il nostro prossimo, l’eterno che è entrato nel tempo, l’amico con cui si può vivere, parlare, stare come e più di quanto si fa con ogni altro amico. Non solo, ma Cristo è il centro in cui tutto può e deve essere nuovamente raccolto, e la personalissima umanità di ogni vero credente è un prolungamento della sua” (Antonio Maria Sicari, Il quattordicesimo libro dei Ritratti di santi, Milano 2016, p. 40).
Il cuore della vita del credente, il cuore della fede, della carità e della speranza cristiana è “in Cristo”, in quel Gesù che “solo” e “in disparte” (è l’inizio del Vangelo che abbiamo ascoltato, in cui i discepoli sono separati dal Signore) si immerge nella preghiera e nel dialogo con Dio che chiama Padre; è il nuovo e definitivo Mosè. E noi, allora, ci inseriamo nella sua vita e nella sua preghiera e ci possiamo rivolgere a Dio chiamandolo anche noi Padre. E nasce anche per noi una nuova vita, come è stato per Teresa d’Avila: è la vita nuova “in Cristo” (nelle lettere paoline ricorre più di 80 volte questa locuzione), la vita nuova di Gesù che, da quel momento di fronte all’Ecce Homo, vive in lei (Teresa) e che ora vive in noi nei pensieri, nelle parole, nelle azioni di ogni giorno.
Da quell’incontro speciale con il “Cristo piagato” Teresa uscì con una determinazione ancora maggiore a vivere nella preghiera e nella contemplazione secondo una modalità particolarissima: per dirla con padre Sicari “fare compagnia a Cristo nei misteri della sua vita terrena, attraverso il massimo realismo possibile: quello delle immagini, quello del prossimo, quello dell’Eucaristia soprattutto” (Antonio Maria Sicari, Il quattordicesimo libro dei Ritratti di santi, Milano 2016, p. 41).
Scriveva Teresa nel suo Libro della Vita: “Mi sembrava che Gesù mi camminasse sempre a fianco… Sentivo chiaramente che mi stava sempre al lato destro, testimone di ciò che facevo, e mai potevo dimenticare – se appena mi raccoglievo un pochino o non ero molto distratta – che lui era accanto a me” (27,2). Lo sguardo di Teresa è così sempre fisso su Gesù, che ci rivela il mistero di Dio.
Pietro che cammina sulle acque finché guarda Gesù, Pietro che viene sorretto e tirato su da Gesù che cammina al suo fianco e gli viene incontro per sostenerlo e salvarlo: “Nulla ti turbi / nulla ti spaventi; / tutto passa. Dio non cambia; / la pazienza ottiene tutto; / chi possiede Dio / non manca di nulla / Solo Dio basta!”:
Per Teresa d’Avila o, meglio, Teresa di Gesù – di cui oggi celebriamo con solennità la memoria, nel contesto delle celebrazioni e degli appuntamenti che ricordano i 50 anni di vita di Radio Oreb, presenza discreta (come sa essere la radio) ma preziosa per tante persone – Dio è tutto, solo Dio conta e basta e a Lui si giunge attraverso Cristo, unico Salvatore, Unico Necessario. E così Teresa è divenuta riformatrice del Carmelo ed è venerata come dottore della Chiesa e, in quanto tale, molto ha da dirci sulla vita spirituale e sulla preghiera.
L’orazione – orazione “mentale” o preghiera “silenziosa” – dice Teresa – è “un intimo rapporto di amicizia in cui ci tratteniamo spesso, da solo a solo, con quel Dio da cui sappiamo essere amati” (Vita, 8,5).
Restano memorabili ed attualissimi i suoi insegnamenti come quella sua frase abbastanza nota: “l’orazione non consiste nel molto pensare, ma nel molto amare” (Il castello interiore IV,1,7). E qui, quando parla di amore, pensa all’amore di Dio e per Dio che intende come qualcosa di estremamente concreto e quotidiano – che abbraccia anche l’amore verso il prossimo – e che consiste nel servirlo “con giustizia, con fortezza d’animo e umiltà” (Vita 11,13).
Per Teresa l’orazione non è mai un momento di stasi o di semplice riposo o, ancor meno, di evasione dal resto della vita: “Noi desideriamo e pratichiamo l’orazione non per godere, ma per avere la forza di servire il Signore” (Il castello interiore, 7,4,12).
Orazione e vita in lei si fondono e diventano continuo incontro con il Signore Gesù – persona “viva” – a partire dalla sua umanità e quindi, come abbiamo appena sentito, si trasforma via via in una sempre più profonda e intima “amicizia con Dio”.
Nella preghiera di Gesù – che diventa la nostra – entriamo insomma in un rapporto vivo, e di comunione profonda, con Dio al punto che Teresa arriva a dire: “Pensate che il Signore taccia, anche se noi non lo sentiamo? No, certamente. Egli parla al cuore, quando è il cuore che prega… Trattatelo come un padre, un fratello, un maestro, uno sposo. Consideratelo ora sotto un aspetto, ora sotto un altro. Vi insegnerà Lui stesso ciò che dovete fare per accontentarlo. Non siate così semplici da non domandargli nulla. Dal momento che è vostro Sposo, scongiuratelo, invece, di mantenere la parola e trattarvi come sue spose” (Cammino di perfezione c.28, nn 1-4). Teresa ci insegna anche ad osare e ad essere perseveranti nella preghiera.
“Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mt 14,27) ha detto Gesù ai suoi discepoli alle prese con il mare agitato e la tempesta. E questo ripete a noi oggi anche attraverso santa Teresa che ci rinnova l’esortazione a fare di Gesù il fulcro della vita e della preghiera, a restare sempre in sua compagnia, a non smettere di fissare lo sguardo su di Lui perché Gesù, vero Dio e vero uomo, il Figlio di Dio incarnato (l’umanità di Cristo che per Teresa era fondamentale), è l’unica via di accesso al mistero di Dio, la strada per cui Dio si comunica all’uomo, la “porta” (per usare un termine giovanneo) attraverso cui bisogna passare “per essere messi a parte dei segreti di Dio” (Vita 22,6).
“Santa Teresa di Gesù – disse nel 2011 Benedetto XVI in una delle sue catechesi settimanali – è vera maestra di vita cristiana per i fedeli di ogni tempo. Nella nostra società, spesso carente di valori spirituali, ci insegna ad essere testimoni instancabili di Dio, della sua presenza e della sua azione, ci insegna a sentire realmente questa sete di Dio che esiste nella profondità del nostro cuore, questo desiderio di vedere Dio, di cercare Dio, di essere in colloquio con Lui e di essere suoi amici. Questa è l’amicizia che è necessaria per noi tutti e che dobbiamo cercare, giorno per giorno, di nuovo (…). Per questo il tempo della preghiera non è tempo perso, è tempo nel quale si apre la strada della vita, si apre la strada per imparare da Dio un amore ardente a Lui, alla sua Chiesa, e una carità concreta per i nostri fratelli” (Benedetto XVI, Udienza generale, 2 febbraio 2011).
E Papa Francesco, qualche anno dopo, ha voluto ricordare una delle ultime consegne della Santa: “«È tempo di camminare!». Queste parole di santa Teresa d’Ávila, dette poco prima di morire, sono la sintesi della sua vita e diventano per noi (…) una preziosa eredità da conservare e da arricchire… Dico a tutti: è tempo di camminare, procedendo lungo le strade della gioia, della preghiera, della fraternità, del tempo vissuto come grazia! Percorriamo i cammini della vita tenuti per mano da santa Teresa. Le sue orme ci conducono sempre a Gesù” (Papa Francesco, Messaggio del Santo Padre al Vescovo di Avila in occasione dell’apertura dell’Anno giubilare teresiano, 15 ottobre 2014).