Le parole del Patriarca alla S. Messa in suffragio del Santo Padre Francesco celebrata a San Marco

“Papa Francesco aveva a cuore l’incontro dell’umanità con la misericordia di Dio. Il suo è stato un pontificato intenso”

S. Messa in suffragio del Santo Padre Francesco

(Venezia / Basilica Patriarcale di San Marco, 21 aprile 2025)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fratelli e sorelle, oggi ci ha raggiunto la notizia che temevamo e che, in questi giorni, sembrava poter non risuonare più perché il Papa si stava riprendendo. Certamente ognuno di noi avrà ricevuto questa notizia in un momento preciso e che ricorda bene.

Per quanto mi riguarda, stavo celebrando Messa ed era il momento in cui stavo leggendo il brano del Vangelo in cui le donne vanno al sepolcro, lo trovano vuoto e corrono a dirlo ai suoi discepoli (cfr. Mt 28,8-15): è il Vangelo dell’annuncio di Pasqua, dell’annuncio che la vita è più forte della morte.

In questa concomitanza ho visto un segno provvidenziale. Una notizia di morte convergeva e si inseriva nell’annuncio della Pasqua: la vita è l’ultima parola sull’uomo.

Siamo nell’Ottava di Pasqua e il Signore non fa le cose a caso. Allora questa notizia – che pure ci ha profondamente addolorati – noi la leggiamo e, soprattutto, la viviamo nella fede della risurrezione.

Francesco: il suo è stato un pontificato intenso e che lascia un profondo segno nella storia della Chiesa. I ricordi che vengono alla mente in questo momento sono tanti.

Abbiamo ripetutamente sentito dire che, come Papa, ha coltivato la cultura del dialogo: dialogo tra i popoli, dialogo tra le nazioni, dialogo sempre, in ogni circostanza. Francesco si è rivolto sempre e prima di tutto alle sofferenze degli uomini e ha cercato di portare il Vangelo ad un’umanità che, per molti versi, attestava la sua lontananza dal Vangelo. È stato un Papa che ha guardato gli ultimi, gli emarginati, i sofferenti, le persone non comprese o, come lui amava dire, gli “scartati”.

Questi sono i ricordi che faranno parte della storia di questo pontificato, ma ognuno di noi ha ricordi particolari. Anch’io ne conservo alcuni.

Ricordo l’incontro, insieme ai Vescovi del Triveneto nel febbraio 2024, durante la Visita ad limina; in quell’occasione a sorpresa, almeno per molti, ha reso pubblico il desiderio e la sua volontà di venire a Venezia per inaugurare il Padiglione della Santa Sede alla Biennale e per incontrare la Chiesa che è in Venezia.

E qui ricordo che alcuni appuntamenti, inizialmente, non erano in agenda ma, facendomi animo e incoraggiato dalla lunga conversazione che avevamo avuto, gli ho presentato la richiesta di incontrare anche i giovani. Poi gli ho fatto presente che siamo custodi delle spoglie dell’evangelista Marco e gli ho prospettato un momento di preghiera nella nostra basilica cattedrale. Di quel momento rimane la bella immagine di Papa Francesco, sulla sedia a rotelle, che prega assorto di fronte all’altare in una chiesa vuota e spoglia che così diceva ancora di più la sua bellezza artistica nello splendore dei suoi mosaici.

Un altro ricordo è legato alla giornata di domenica 28 aprile 2024, il suo viaggio a Venezia. Arrivati alla fine stava oramai salendo, con fatica, sulla scaletta dell’elicottero, si è voltato e mi ha detto: “Ti ringrazio perché mi avete accolto. Mi sono sentito accolto e ben voluto. Grazie a te, grazie alla Chiesa di Venezia”. Molti potranno portare certamente altri ricordi.

Poco fa ho definito intenso questo pontificato anche pensando alla costanza con cui Francesco si è schierato per i più deboli, per le persone costrette ad emigrare e per le persone in restrizione di libertà (i carcerati).

Mi piace, però, ricordare che è stato anche il Papa che ha indetto due Giubilei, entrambi voluti fortemente: il primo è stato quello straordinario della Misericordia (nel 2015/2016) e poi quello ordinario, attualmente in corso. Sono stati due atti di governo e di magistero. Essi dicono quanto Francesco avesse a cuore l’incontro dell’umanità con la misericordia di Dio. A lui stava davvero a cuore che gli uomini incontrassero Dio nella misericordia, convertendosi.

Concludo con un pensiero che mi accompagna in queste ore: la giornata di ieri – domenica di Pasqua – è stata come il suo testamento mediatico. Ha voluto, infatti, fino alla fine stare in mezzo alla gente, con quell’ultimo percorso in papamobile in piazza San Pietro. E, come era successo anche qui a Venezia (ne siamo stati tutti testimoni), quando vedeva un bambino diceva di fermarsi e lo faceva avvicinare a lui. Ieri, durante quel suo passare fra la gente, mi ha colpito il suo sguardo; lo sguardo di chi ormai non apparteneva più a questo nostro mondo. Ha salutato un piccolo bambino che gli era stato presentato, lo ha restituito ai genitori ma il suo sguardo era ormai oltre.

Sempre ieri, prima di quell’ultimo passaggio in mezzo alla gente, c’è stato un altro gesto eloquente, quasi a sigillo del pontificato: la benedizione alla sua Diocesi – la Diocesi di Roma – e la benedizione al mondo intero. È forse il discorso più solenne quello che il Papa rivolge alla Chiesa e al mondo la mattina di Pasqua. Quella faticosa benedizione mi ha ricordato un’altra benedizione, altrettanto faticosa, di un Papa che lo aveva preceduto e che, affacciato alla finestra del Palazzo Apostolico, aveva potuto solo fare un gesto con la mano non riuscendo più a pronunciare altro. Questo Papa, Giovanni Paolo II, è oggi venerato come santo.

Giovanni Paolo II è stato il Papa che ha promulgato l’enciclica sulla Divina Misericordia; dalle parole sulla Misericordia del Papa polacco siamo giunti all’indizione del Giubileo della Misericordia da parte di Francesco che ha così raccolto il testimone. E il grande messaggio che ci lascia è proprio questo: Dio è misericordia e vuole la nostra conversione.

Caro Papa Francesco, arrivederci!

condividi su